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Un no al salario minimo che stupisce il mondo

Parrucchieri, venditori al dettaglio e contadini sarebbero stati tra coloro ad aver maggiormente da guadagnare col salario minimo. Keystone

Più dei tre quarti dell’elettorato ha bocciato la proposta di introdurre un salario minimo garantito. Un secco rifiuto che sorprende la stampa internazionale. Per i quotidiani elvetici, i cittadini svizzeri non vogliono cambiare un sistema che si è dimostrato valido.

Il risultato della votazione sul salario minimo trova ampia eco lunedì sulla stampa internazionale. La maggior parte dei media riposta generalmente in maniera fattuale il voto, spesso accontentandosi di riprendere i dispacci di agenzia. Il titolo è però quasi sempre lo stesso: «Gli svizzeri rifiutano il salario minimo più alto del mondo», come scrive il Wall Street Journal. «Gli elettori svizzeri respingono a larga maggioranza un salario minimo di 24,65 dollari», rincara il New York Times, ricordando che questo importo è più del doppio dei 10,10 dollari voluti da Barack Obama.

Il sito francese Rue89 è tra i pochi a relativizzare questa cifra, sottolineando che «guardando più da vicino, i 22 franchi all’ora svizzeri non sono poi così elevati». Il media online osserva che se il salario minimo respinto in Svizzera è 2,3 volte più alto dello SMIC francese, il salario mediano elvetico, superiore a 6’000 franchi, è anche ben più elevato di quello francese. «In sé questa cifra non vuole dire nulla. In montagna siete il re del mondo, ma a Ginevra con una somma simile è impossibile trovare un alloggio corretto».

«La maggioranza della popolazione temeva che un salario simile avrebbe favorito un aumento della disoccupazione, quasi inesistente in Svizzera (3,2% in aprile)», spiega lemonde.fr.

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Gli svizzeri bocciano il salario minimo legale

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Attaccamento ai principi liberali

La bocciatura del salario minimo è ripresa anche da diversi giornali italiani. Per La Stampa di Torino, il ‘no’ a una remunerazione mensile di 4’000 franchi è «clamoroso». Per chi conosce da vicino la Svizzera, questo rifiuto non rappresenta però nulla di eccezionale. In materia di lavoro, gli svizzeri si sono sempre dimostrati estremamente liberali, annota Il Sole 24 Ore. Il salario minimo per legge «avrebbe anche cambiato il sistema sin qui vigente nella Confederazione, con lo Stato che non interviene e con imprese e sindacati che contrattano in pratica a tutto campo».

Una spiegazione ripresa anche dalla EFE, principale agenzia stampa spagnola nel mondo, secondo cui «tradizionalmente gli svizzeri sono molto reticenti a sostenere dei cambiamenti o delle misure che possono implicare una limitazione alla libertà imprenditoriale o minacciare la competitività del paese».

Il fallimento della proposta dei sindacati e della sinistra non è dovuto unicamente all’ammontare del salario minimo, ma anche alla sua rigidità, poiché non permette una distinzione tra i settori economici e le regioni, scrive dal canto suo la Frankfurter Allgemeinen Zeitung. Restando in Germania, paese che l’anno prossimo introdurrà un salario minimo di 8,50 euro all’ora (circa 11 franchi), Die Welt parla di proposta «populista» e ritiene che «la Svizzera abbia preso la buona decisione».

In Russia, il quotidiano filogovernativo KP dedica un commento al risultato di domenica. «Tutto sembrava chiaro: chi non avrebbe voluto il salario mimino più alto del mondo? Gli svizzeri non lo hanno voluto poiché sono imprevedibili. Ricordiamoci della votazione del 9 febbraio contro l’immigrazione di massa. Tutti i sondaggi avevano mostrato che i cittadini avrebbero votato contro. Il risultato è però stato diverso, come ieri, durante la votazione sul salario minimo».

Modello che funziona non si cambia

Per la maggior parte dei commentatori della stampa svizzera, il secco ‘no’ di domenica va interpretato come un rifiuto di uniformare il salario in tutti i settori e in tutto il paese, mettendo così a repentaglio il modello economico di successo elvetico, basato sulla negoziazione tra i partner sociali.

I giornalisti rilevano però anche gli effetti positivi che ha avuto questa iniziativa prima ancora di essere sottoposta al voto popolare.

«Uno dei punti di forza del sistema svizzero, il partenariato sociale che regola dal 1937 il mercato del lavoro, è stato plebiscitato», esordisce l’editorialista del Corriere del Ticino. «Per due terzi degli svizzeri l’equità dei salari è una responsabilità che deve rimanere affidata alla trattativa tra lavoratori e imprenditori, con l’opportuna mediazione dei sindacati», gli fa eco il Giornale del Popolo.

«In sostanza la gente non vuole che lo Stato fissi i salari. E certamente non coprendo uniformemente tutto il paese», afferma la Neue Zürcher Zeitung (NZZ).

I cittadini sono consapevoli che nel tessuto delle piccole e medie aziende in Svizzera «colui che versa lo stipendio è spesso un piccolo imprenditore», non «un multimilionario», il quale, inoltre, «si assume dei rischi e crea posti di lavoro», scrive Le Nouvelliste.

Il quotidiano vallesano, così come gran parte dei giornali svizzeri, osservano che l’iniziativa «Per la protezione di salari equi (Iniziativa sui salari minimi)» non ha nemmeno fatto breccia tra i diretti interessati, ossia coloro che guadagnano meno di 4’000 franchi al mese.

Effetti positivi

L’ondata di ‘no’, tuttavia, dev’essere relativizzata, puntualizza la Tribune de Genève, evidenziando gli effetti positivi che ha avuto l’iniziativa. Diverse società, ad esempio i grandi distributori Lidl e Aldi, hanno rivisto al rialzo i loro salari, rammenta la Tribune. I 4’000 franchi al mese durante la campagna per il voto sono diventati una sorta di soglia ufficiosa e in molti nuovi contratti collettivi sono stati inseriti i minimi salariali, sottolinea anche la NZZ, che parla di una tattica sindacale sullo sfondo del lancio dell’iniziativa.

Un impatto positivo ricordato anche da molti altri quotidiani, tra cui L’Express e L’Impartial, secondo i quali, semplicemente «gli svizzeri sanno di essere privilegiati e non hanno voglia di giocare con il fuoco». Perciò la soglia proposta, il salario minimo più alto del mondo, «è apparso come una provocazione in un contesto di crisi economica globale», commentano i due quotidiani del canton Neuchâtel.

La NZZ ritiene però che lo scotto pagato dai sindacati alle urne sia attenuato dai risultati concreti raggiunti nel frattempo con la pressione dell’iniziativa. Per il quotidiano zurighese, vicino agli ambienti economici liberali, il saldo finale dell’operazione per l’Unione sindacale svizzera (USS) non è dunque così negativo come potrebbe far pensare il risultato della votazione di domenica.

Il quotidiano economico L’Agefi dubita persino che l’Unione sindacale svizzera volesse veramente che il testo fosse approvato dall’elettorato. Se ciò fosse stato il caso, «i promotori si sarebbero almeno ben guardati dal formulare una soglia di 22 franchi all’ora, ossia 4’000 franchi al mese», si sarebbero invece limitati al «principio di un minimo legale».

Al contrario, lapidario per i sindacati è il commento della Basler Zeitung, secondo cui, «dopo il voto di domenica, i salari minimi dovrebbero scomparire anche dai contratti collettivi di lavoro».

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