
Azienda elettrica ticinese: è vera crisi?

Entro la fine di questo mese, la società di consulenza Kpmg dovrebbe presentare il rapporto definitivo sui presunti errori gestionali e amministrativi degli ex dirigenti dell'Azienda elettrica ticinese (Aet). I chiarimenti sono molto attesi dopo le speculazioni e le polemiche divampate le scorse settimane.
“All’Aet mancano più di 100 milioni”. Così titolava il 29 giugno scorso il Mattino della Domenica. Il foglio leghista, forte di una fuga di notizie favorita da Rodolfo Pantani, un suo esponente e membro della commissione energia del parlamento, ha pubblicato i primi riscontri confidenziali del rapporto che la società di consulenza Kpmg sta allestendo, su mandato della stessa Aet, per verificare l’operato dei precedenti vertici dell’azienda.
“Quella del mattino è pura disinformazione”, ha replica il neopresidente dell’Aet Fausto Leidi, ribadendo che la cifra di 100 milioni, sparata dal Mattino, è campata per aria e che il rapporto proprio non ne parla. Contemporaneamente, l’azienda di Viale Officina sporge denuncia contro Pantani, che rischia anche sanzioni da parte del Gran Consiglio.
Malgrado le smentite, il sasso è lanciato. Stralci del rapporto finiscono anche sugli altri media e il Ticino si ritrova ancora una volta in mezzo alla bufera. Dopo “Bancastato” e “Asfaltopoli” il cantone rischia dunque di doversi confrontare con un altro scandalo. Sotto accusa, questa volta, l’ex direttore dell’Aet Paolo Rossi, e l’ex presidente Mauro Dell’Ambrogio. Entrambi hanno lasciato l’azienda lo scorso anno.
Affari nebulosi e poca trasparenza
A prescindere dalla perdita di 100 milioni di franchi, ancora tutta da verificare, quanto emerge dagli stralci del rapporto della Kpmg è comunque preoccupante. Il testo, apparso sui giornali, evidenzia serie lacune gestionali. A Rossi e Dell’Ambrogio viene imputata poca trasparenza nei confronti del consiglio di amministrazione.
Viene inoltre ravvisata una mancanza di regole nell’organizzazione dell’azienda e nella gestione dei conflitti di interesse. Tutto questo, secondo la stampa, ha portato ad una serie di storture e di operazioni finanziarie e industriali discutibili e rischiose, prima fra tutte l’avventura albanese.
All’inizio degli anni duemila, infatti, l’Aet, alleata ad una società privata di Lugano, l’Asg Power, aveva puntato sulla costruzione di un rigassificatore a Fier, sulla costa albanese dell’Adriatico. Un progetto che però non è mai decollato e avrebbe fatto perdere all’azienda 9 milioni di franchi.
Controlli deficitari
Anche la Commissione dell’energia del Gran Consiglio, organo deputato alla verifica dell’operato dell’azienda, è stata costretta a uscire allo scoperto dopo le anticipazioni della stampa. In un lungo commento sulla Regione Ticino del 9 luglio scorso, il suo presidente Graziano Pestoni ha confermato che la Commissione da lui presieduta aveva più volte espresso le proprie perplessità e i propri dubbi sulla conduzione dell’azienda durante gli otto anni della gestione Rossi/Dell’Ambrogio.
La Commissione – come confermato dallo stesso governo – dispone però di limitati margini d’intervento. Il controllo del Legislativo è, infatti, di natura eminentemente politica, esercitato a posteriori, quando in pratica l’azienda ha già compiuto le proprie scelte operative e strategiche. Le cose, ora, dovrebbero migliorare dopo che all’inizio di quest’anno è entrata in funzione la neo-costituita Commissione per il controllo del mandato pubblico dell’Aet.
Pestoni esclude in ogni caso che la precedente gestione dell’azienda (quella nuova si è insediata un anno fa) si sia macchiata di comportamenti penalmente rilevanti. Tanto è vero che i conti dell’azienda, in tutti questi anni, sono stati regolarmente approvati. Peraltro, i risultati d’esercizio sono sempre stati soddisfacenti.
I sassolini nelle scarpe
Insomma, il quadro appare complesso e pieno di contraddizioni. Contraddizioni esasperate anche da un clima politico particolarmente infuocato. La Lega, che ha fatto scoppiare il caso, ha da parecchi anni nel mirino l’Aet, alla quale ha continuato a rimproverare operazioni nebulose svolte alle spalle delle istituzioni e dei contribuenti.
Tuttavia, secondo molti commentatori, la questione potrebbe avere anche valenze politiche. Sulle rive del Ceresio, brucerebbe ancora l’appalto per l’impianto ad alta tensione, Mendrisio-Cagno, nel Comasco, che l’Aet, all’inizio degli anni duemila, è riuscita a strappare alla cordata Ail (Aziende industriali di Lugano), alleata con le potenti Atel e Enel. Si tratta di una linea strategica, di grande interesse commerciale, che unisce direttamente il Ticino all’Italia.
La prima tappa della liberalizzazione elettrica continentale è alle porte (2009). Chi dispone di linee di interconnessione con l’estero, si trova fortemente avvantaggiato e questo, a Lugano, forse non è ancora stato digerito. Ben venga allora il rapporto della Kpmg che finalmente farà chiarezza, richiamando ognuno (se ce ne fosse bisogno) alle proprie responsabilità.
swissinfo, Paolo Bertossa
L’Azienda elettrica ticinese, la cui sede è a Bellinzona, è un ente autonomo commerciale al 100% di proprietà del Cantone Ticino.
Fondata nel 1958, l’Aet ha come scopo quello di valorizzare lo sfruttamento delle risorse idroelettriche locali e di assicurare l’approvvigionamento d’energia del Cantone, garantendo prezzi competitivi.
L’Aet impiega attualmente 175 persone.
Le attività dell’Aet sono disciplinate dalla legge costitutiva del 1958 e prevedono la produzione, il trasporto e il commercio di energia elettrica. L’azienda possiede cinque centrali idroelettriche con una potenza complessiva di 221 MW.
L’Aet ha perfezionato, negli ultimi anni, anche compartecipazioni in una decina di società energetiche nazionali ed estere, volte ad aumentare la quota di energia disponibile in proprio.
L’ultima, in ordine di tempo, è il progetto di investimento nella costruzione di due centrali a carbone in Germania, sottoposta al governo cantonale lo scorso luglio. Sono proprio queste partecipazioni (definite a rischio) che sono finite nell’occhio del ciclone durante gli ultimi mesi.

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