Brienz, con la montagna crolla anche la fede?

Una frana si distaccherà presto o tardi dalla montagna che sovrasta il villaggio svizzero di Brienz. Con quali ripercussioni per la popolazione costretta all'evacuazione e per la loro fede? Lo abbiamo chiesto a Don Federico Pelicon, parroco di Brienz.
SWI swissinfo.ch: La montagna sopra Brienz potrebbe crollare sul paese da un momento all’altro. Quali sensazioni ed emozioni le suscita questa situazione?
Federico Pelicon: A dire il vero provo empatia nei confronti di ciascun abitante. Mi è rimasto il ricordo del forte terremoto in Friuli nel 1976. Gorizia non fu così danneggiata, ma con la famiglia abbiamo dovuto stare lontano da casa per mesi e vivere in tenda. Rivivo queste emozioni nella situazione degli abitanti di Brienz.
La gente non è in pericolo e la popolazione è stata evacuata. Ma nulla protegge le case e l’esistenza dei suoi abitanti. Come stanno le persone che fino a qualche giorno fa risiedevano a Brienz?
Su Brienz incombe una frana di due milioni di metri cubi. È chiaro che l’insicurezza tra la gente e la preoccupazione di perdere gli affetti che legano gli abitanti alle loro case e alla loro terra non sono cose da poco. La speranza è che la frana si stacchi gradualmente senza danneggiare eccessivamente il villaggio o che addirittura lo eviti. Si può sperare. Si deve sperare. La popolazione vive tra l’incudine della speranza e il martello della sofferenza di non sapere cosa accadrà e quando potranno tornare a casa.

In Svizzera la natura è stata domata, ma la situazione a Brienz è arcaica. La società ha dimenticato come comportarsi di fronte a una minaccia?
Personalmente non credo che abbia dimenticato. Forse con il tempo ci si adagia e ci si comporta seguendo la routine. È sempre necessario rimanere vigili e vivere rispettando gli umori della natura.
Come mantiene il legame con la comunità?
Attraverso il contatto personale, le visite e i colloqui. Anche una telefonata può far bene.

Che cosa le dice la gente? Quali sono le domande più frequenti?
Parla di problematiche molto pratiche come la casa, di come si pagheranno i danni, ma soprattutto della dispersione degli abitanti di un borgo grigionese orgoglioso della propria storia e del proprio territorio. Ci sono due fattorie che per le famiglie che le possiedono rappresentano una fonte di lavoro e di guadagno.
Nell’ipotesi dello scenario peggiore, che nessuno si augura, come verranno sostituiti gli ettari di terreno che danno lavoro ai contadini? In alcune persone può insinuarsi qualche dubbio: è stato fatto tutto nel modo giusto? Umanamente ogni stato d’animo è comprensibile, ma la speranza di un ritorno è sempre molto forte.
Anche la solidarietà è forte: gli abitanti della valle hanno organizzato circa 130 alloggi per i residenti di Brienz.

I disastri sollevano anche il problema della teodicea, cioè del rapporto tra il Dio benevolo e onnipotente e il male nel mondo. Che cosa risponde in merito?
La teodicea è un termine introdotto dal filosofo Leibniz per riassumere il problema dell’esistenza del male, presente in molte religioni. Il male nel mondo viene messo in rapporto alla giustificazione del divino e di come il divino opera. La domanda che si pone è: la frana, o qualsiasi altra catastrofe naturale, è da considerarsi un male? La Terra è come un grande organismo, un sistema in equilibrio dinamico in cui la biosfera non è un ospite passivo, ma un elemento che contribuisce all’evoluzione del pianeta.
La catastrofe ha intaccato la fede della comunità?
In alcune persone sì. Ma ogni crisi della fede è un’opportunità per lasciarsi purificare dalle false rappresentazioni di Dio.
La chiesa si trova su una collina a ovest del villaggio, vicino alla zona che nello scenario più probabile rischia di essere sepolta dalla frana. E se la chiesa non dovesse reggere?
Interpreteremo i fatti alla luce del Vangelo. Anche il tempio a Gerusalemme fu distrutto nel 70 dopo Cristo. La chiesa potrebbe non reggere, ma le pietre vive, cioè i e le credenti, rimangono. Si deve andare avanti anche se questa prospettiva fa male.

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