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Stereotipi e mestieri continuano a camminare a braccetto

Keystone

In Svizzera è raro vedere un uomo che insegna alle elementari o una donna che lavora come informatica. I giovani continuano a scegliere le professioni tipicamente maschili o femminili. Nel raffronto internazionale sulla segregazione dei generi, la Svizzera è agli ultimi posti. Ma non mancano le eccezioni.

A essere in controtendenza è Niroja Velauthan. La ragazza di 22 anni sta seguendo una formazione di due anni in tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) presso l’azienda di telecomunicazioni Swisscom.

«Quando dico che lavoro nell’informatica molte persone rimangono stupite. Non so per quale motivo. Forse pensano che non ho l’aria di una programmatrice», dice con un sorriso Niroja Velauthan.

Il suo entusiasmo è palpabile. «Questo lavoro m’interessava sin da bambina. Ho iniziato molto presto e ho imparato da sola i linguaggi del web. Ho anche uno zio che mi ha aiutata parecchio e che si è sempre interessato a ciò che faccio. Sarò anche una donna, ma questo lavoro mi piace molto», racconta a swissinfo.ch.

Nella sua classe, su 13 allievi soltanto tre sono femmine. La percentuale di donne nel TIC di Swisscom è del 7%, rileva Betina Balitzki, responsabile della gestione della diversità all’interno dell’azienda. Attraverso vari programmi, aggiunge, Swisscom incoraggia le donne ad avvicinarsi a questo settore.

«Vorremmo anche più ingegneri di sesso femminile. È però molto difficile siccome anche tutti gli altri, da Google a Microsoft, auspicano la stessa cosa», osserva Betina Balitzki.

Svizzera in fondo alla lista

Il fatto che Niroja Velauthan costituisce un’eccezione emerge da una ricerca sulla segregazione dei generi pubblicata in agosto dal Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica (FNS).

La ricerca si è a sua volta ispirata a uno studio internazionale su 44 paesi. Dal raffronto risulta che la Svizzera è non solo ultima in classifica per ciò che riguarda la quota di donne che scelgono la matematica o l’ingegneria, ma è pure al 41° rango in termini di segregazione dei generi. In altre parole, i maschi occupano perlopiù impieghi tipicamente maschili e le donne mestieri tipicamente femminili. Colombia, Tunisia e Bulgaria si trovano invece in cima alla lista.

L’indagine del FNS ha analizzato la formazione e il percorso professionale di 6’000 giovani che hanno terminato la scuola nel 2000.Circa l’1% ha affermato che a 16 anni voleva esercitare un mestiere atipico in materia di genere e che sette anni più tardi si è in effetti ritrovato a fare quella professione, indica la coautrice della ricerca Karin Schwiter, del Centro di studi sui generi dell’Università di Basilea.

Altri sviluppi

Troppo presto?

Secondo i ricercatori, ci sono diverse spiegazioni a questa segregazione. La principale risiede nel sistema scolastico svizzero, che costringe i giovani a scegliere la professione all’età di 14 o 15 anni, più presto rispetto ad altri paesi. A quell’età, hanno però una visione limitata di quello che potrebbe essere un lavoro adeguato, osserva Karin Schwiter.

«Un ragazzo pensa che dovrebbe fare il falegname, l’elettricista o il costruttore di tetti, mentre una ragazza immagina un lavoro come segretaria, fiorista o infermiera». Le attività atipiche in materia di genere non figurano tra le aspirazioni dei giovani, nemmeno quando questi sono portati per quelle professioni.

Famiglia e carriera

Un’altra ragione è legata al desiderio di poter conciliare, più in là con gli anni, famiglia e carriera. «Una ragazza elettricista interrogata nello studio ha detto che era il mestiere che aveva sempre sognato. Avere dei figli sarebbe però stato problematico: non avrebbe potuto recarsi sul cantiere con i bambini e non avrebbe nemmeno avuto la possibilità di lavorare a tempo parziale, visto che bisogna intervenire in caso di urgenza», afferma Karin Schwiter.

Da parte loro, i ragazzi preferiscono spesso un mestiere che consente di avere un buon salario e di sostenere la famiglia.

Carla Mom, a capo del Centro d’informazione professionale di Oerlikon, conosce bene l’influenza sociale che si subisce all’età di 14 o 15 anni. Spesso, rileva, è più accettabile fare qualcosa fuori dal comune a 18 o 20 anni.

Sebbene ci siano sempre più donne che lavorano come pittrici o decoratrici, le ragazze che desiderano fare il carpentiere o i ragazzi che vogliono lavorare in un asilo nido sono rari, indica Carla Mom.

Dalle tecnologie dell’informazione all’insegnamento

Gli uomini che optano per un mestiere tipicamente femminile lo fanno nel quadro di una seconda carriera, rileva Carla Mom. È l’esperienza vissuta da Lars Herren, che in passato ha lavorato nel settore delle tecnologie dell’informazione e in seguito come croupier in un casinò. Poi, a 35 anni, ha deciso di diventare maestro di scuola elementare.

Quando aveva 15 anni, non aveva mai immaginato di fare il maestro. Ora, invece, è al terzo anno di studio alla Scuola magistrale di Berna. La sua classe è composta da una trentina di donne e da due uomini. Nella scuola in cui insegna, la percentuale di uomini è del 5-10%.

Secondo Lars Herren, a scoraggiare molti uomini sono probabilmente il basso salario e gli impieghi a tempo parziale. «Molti pensano probabilmente che la presenza di parecchie donne sia un problema. Ma non è affatto così. Come uomo sei accettato molto bene».

Incoraggiamento della famiglia

Lo studio del FNS sottolinea che i giovani che optano per professioni atipiche per il loro sesso possiedono spesso competenze scolastiche superiori alla media e mostrano una spiccata fiducia in sé stessi. Sovente, i loro genitori hanno un livello di formazione elevato.

Inoltre, la ricerca evidenzia l’importanza dell’incoraggiamento esercitato dai famigliari – come nel caso dello zio di Niroja Velauthan – dagli insegnanti e dai formatori professionali.

Lo studio raccomanda maggiore flessibilità nel sistema scolastico, affinché sia in seguito più facile cambiare carriera. Anche le condizioni del mercato del lavoro dovrebbero evolvere così da rendere le professioni maschili più flessibili e più conciliabili con la famiglia e quelle femminili meglio retribuite.

E quali sono i suggerimenti di coloro che svolgono un lavoro “atipico”? «Credo che gli uomini debbano semplicemente lanciarsi», dice il futuro maestro di scuola elementare Lars Herren. «È un grande arricchimento poter vedere i bambini ogni giorno».

Anche Niroja Velauthan è entusiasta del suo lavoro nelle tecnologie dell’informazione, che definisce incredibilmente variato. «Non si deve avere la sensazione che si tratta di un mestiere per uomini. È una professione perfetta anche per le donne».

Lo studio intitolato “Disuguaglianze tra generi nei percorsi professionali e nelle carriere” è stato condotto nel quadro del Programma di ricerca nazionale PNR 60 (Parità tra uomini e donne) ed è stato pubblicato il 20 agosto 2013.

Il Centro di studi sui generi dell’Università di Basilea ha analizzato il percorso professionale di 6’000 persone su un periodo di sette anni e ha condotto 33 interviste approfondite.

Le professioni che comportano almeno il 70% di persone dello stesso sesso sono definite come professioni tipiche in materie di genere.

Tra i partecipanti allo studio, soltanto 22 donne e 20 uomini hanno affermato che a 16 anni volevano esercitare un mestiere atipico in materia di genere e che sette anni più tardi si sono in effetti ritrovati a esercitare quella professione.

Traduzione dall’inglese di Luigi Jorio

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