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Un cammino per incontrare i walser

La cappella di Sant Anna a Frunt, un maggengo a 1990 metri nella valle di Vals. swiss-image

L’Unione grigionese dei walser festeggia cinquant’anni e lo fa ritornando sui sentieri percorsi otto secoli fa da questo popolo di stirpe alemanna. È anche un tentativo di frenare l’esodo dai loro insediamenti.

Si sono messi in marcia, con i bambini nelle gerle e gli animali condotti per la cavezza. Hanno risalito le valli e superato passi alpini per fermarsi infine in zone alpine ad alta quota poco popolate e inospitali. Hanno colonizzato così a macchia di leopardo l’arco alpino in territorio svizzero, italiano, francese e austriaco.

I walser, popolo nomade di stirpe alemanna, si sono insediati nell’Alto Vallese a cavallo del primo millennio. Poi, attorno al XII secolo, per motivi non del tutto chiari, si sono messi di nuovo in cammino, iniziando la loro migrazione nelle Alpi alla ricerca di territori liberi da colonizzare.

Con i loro spostamenti, i walser hanno tracciato una fitta rete di sentieri che si dipana su tutto l’arco alpino. Oggi è possibile ripercorrerli grazie ai numerosi progetti di salvaguardia, conservazione e diffusione della loro storia e cultura,. L’ultima iniziativa in tal senso è il sentiero dei walser nel cantone dei Grigioni.

Vivere e sopravvivere

Con la guida sulla via dei walser in tasca, gli escursionisti possono intraprendere una sorta di viaggio a ritroso nel tempo alla riscoperta di questo popolo. L’itinerario parte da San Bernardino, in Mesolcina, e termina a Brand, in Austria. È suddiviso in 19 tappe su una lunghezza di 300 chilometri.

Attraverso valli e passi incastonati in paesaggi maestosi, si incontrano gli insediamenti e il territorio dei walser: i tetti in tegole di pietra di Vals, i vecchi rustici di Strassberg, Juf, il villaggio più alto d’Europa abitato tutto l’anno, le paludi dell’Alp Felix, i prati secchi d’alta montagna, i suoni della natura.

«Percorre i sentieri dei walser non significa soltanto scoprirne la storia, la lingua, l’architettura, ma anche l’arte di vivere e sopravvivere ai giorni nostri in un paesaggio selvatico e discosto», sottolinea Irene Schuler, autrice della guida “Walserweg Graubünden” (Sentiero dei walser nei Grigioni).

Un esempio di questa capacità di adattamento è Hans Mettier-Heinrich. Lo si incontra nella valle di Fondei, posta fra le valli Prettigovia e Schanfigg. Il 71enne conosce l’alta valle grigionese come le sue tasche: vi ha vissuto tutta la vita. Da alcuni anni veste i panni della guida turistica e racconta agli escursionisti la quotidianità della sua gente.

«Questo progetto vuole incoraggiare piccole attività economiche nei territori walser, specialmente nel settore turistico – spiega Irene Schuler. A Hinterrhein, nella valle del Reno Posteriore, una famiglia ha aperto nel 2010 una locanda dove è possibile assaporare i prodotti locali. È diventata inoltre un ritrovo per la gente locale»,.

L’obiettivo è di frenare l’esodo da questi territori, indicati come economicamente “critici” da uno studio commissionato dai cantoni Grigioni e Uri. La ricerca ha analizzato la situazione di queste zone discoste e ha proposto delle strategie per valorizzare il loro potenziale economico latente oppure il loro abbandono.

Stesso ceppo, lingua diversa

La via grigionese dei walser è un troncone del “grande sentiero dei walser”, cammino che unisce Zermatt, nel Vallese, con Miettelberg, in Austria. Tuttavia, chi lo percorre difficilmente individua le caratteristiche unitarie di questa cultura. Magari le ritrova nelle forme degli insediamenti, nella costruzione delle case, nella coltivazione agricola, ma di sicuro non nella lingua.

«I walser non parlano più la stessa lingua», si rammarica infatti Peter Loretz, presidente dell’Unione grigionese dei walser. «Nei nostri consueti incontri internazionali non ci capiamo più. Dobbiamo perciò ricorrere alla traduzione simultanea oppure scegliere come lingua comune l’inglese».

È una sorte contro la quale si batte nei Grigioni l’organizzazione a cui Loretz è a capo. Nata nel 1960, l’Unione grigionese dei walser conta circa 2000 soci provenienti da quasi 40 comuni. Oltre alla salvaguardia della lingua e della cultura, l’organizzazione vuole favorire lo sviluppo sostenibile nei territori walser.

E il sentiero dei walser nei Grigioni – che persegue proprio questo fine – nel suo primo anno ha avuto un certo successo. Peter Loretz se ne rallegra: «Il riscontro ha superato le nostre aspettative. Sono stati in molti a seguire le loro orme e coloro che hanno offerto lungo il cammino alloggio e ristoro agli escursionisti si sentono spronati a continuare».

La funzione compensatoria delle tradizioni

A rendere ancora più felice Loretz, è tuttavia la riscoperta da parte della gente delle tradizioni. Di questo nuovo fenomeno si è avuto un assaggio nella recente festa federale della lotta svizzera e delle tradizioni alpigiane a Frauenfeld che ha attirato centinaia di migliaia di spettatori. Anche la cultura walser sta vivendo un rinascimento, grazie forse anche ai numerosi festeggiamenti per il cinquantesimo anniversario della fondazione dell’Unione dei walser nei Grigioni.

«Sembra quasi che la gente stia ritornando alle origini», sostiene Loretz. «La crisi economica ha disorientato la gente e pare quindi di assistere ad una specie di ritorno a modelli consolidati, capaci di infondere sicurezza. Inoltre, ho l’impressione che le tradizioni e il folclore stiano assumendo una funzione compensatoria per la nostra società pervasa dalla tecnologia».

Rallentare, abbandonare la frenesia della quotidianità e allacciare gli scarponi ai piedi per viaggiare a passo d’uomo – non a mega o terabyte – lungo i sentieri dei walser sembra dunque un buon modo per ritrovare la misura delle cose.

Sono discendenti di un popolo nomade di ceppo tedesco emigrati nella valle superiore del Goms, nell’Alto Vallese, attorno all’anno 1000 dopo Cristo.

È in questo periodo che diventano dei walliser, dei walser, ossia degli abitanti del Vallese.

Attorno al 1200, questi contadini e pastori cominciano a spostarsi a piccoli gruppi e iniziano così la loro opera di colonizzazione a macchia di leopardo delle zone alpine in altitudine, poco popolate e inospitali dell’arco alpino.

Dal 1200 al 1400 fondano circa un centinaio di colonie nei territori alpini che oggi appartengono politicamente a Svizzera, Francia, Italia, Austria e Liechtenstein.

A questo periodo risale anche la colonizzazione dei Grigioni. I walser raggiungono la valle del Reno Anteriore attraverso l’Oberalp, la valle di Avers e del Reno Posteriore partendo dalla Val di Formazza, in Italia e Davos dal Vallese.

I motivi che li spinsero a spostarsi dall’Alto Vallese sono molteplici e non del tutto chiari.

Si presume che la loro opera di disboscamento e bonifica dei terreni della valle superiore di Goms abbia attirato molti altri contadini, costringendo buona parte della popolazione a spostarsi ulteriormente per trovare altrove di che vivere.

Giocarono un ruolo fondamentale anche i signori feudali che con i loro rapporti di parentela e amicizie permisero l’insediamento dei walser in tutto l’arco alpino. Con la colonizzazione di questi ultimi, i signori si assicuravano infatti la salvaguardia e il potere sui nuovi territori. Ai walser fu concesso in molti luoghi il diritto di formare comuni giurisdizionali propri e di passare la terra agli eredi dopo la morte.

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