Prospettive svizzere in 10 lingue

Norman Finkelstein accusa, Rolf Bloch risponde

Rolf Bloch, attuale vice presidente del Congresso ebraico europeo Keystone Archive

Rolf Bloch, fino allo scorso anno presidente della Federazione svizzera delle comunità israelitiche, contesta le accuse lanciate da Norman Finkelstein contro le organizzazioni ebraiche americane. Il professore statunitense d'origine ebrea le accusa di aver sfruttato l'olocausto per i propri fini finanziari e politici, citando ad esempio l'accordo globale imposto alle banche svizzere per i risarcimenti ai sopravvissuti della Shoah

Dopo aver scaldato gli animi a Berlino, Norman Finkelstein, giovedì sera ha suscitato vive reazioni anche a Zurigo. Il professore ebreo è autore del libro intitolato “L’industria dell’Olocausto” e accusa le organizzazioni ebraiche americane di aver sfruttato la Shoah per arricchirsi ai danni della Svizzera e di altri paesi europei.

Quale esempio dello “scandaloso ricatto”, Finkelstein, intervenuto al Conservatorio davanti a 500 persone, ha citato le denunce collettive contro la Svizzera, accantonate dopo l’accordo globale da 1,25 miliardi di dollari con le due grandi banche elvetiche.

“La comunità ebraica in Svizzera è una vittima dell’industria dell’Olocausto”, ha detto Finkelstein. A suo avviso, gli ebrei elvetici avrebbero dovuto battersi per l’annullamento dell’accordo globale, perché si tratta di un’estorsione. La Francia, dove i conti con fondi in giacenza erano di più, se l’è cavata con il pagamento di 75 milioni di dollari. E le banche americane, che durante la guerra si sono comportate come quelle svizzere, sono state del tutto risparmiate. Applausi ripetuti, fra il pubblico, a simili affermazioni.

Uno che non ha applaudito è stato Rolf Bloch, vicepresidente dell’European Jewish Congress e presidente fino all’anno scorso della Federazione svizzera delle comunità israelitiche. Con l’accordo globale, ha detto Bloch, si è trattato soltanto di restituire agli ebrei quanto apparteneva loro e “con questo obiettivo siamo sempre stati d’accordo”.

Bloch ha ammesso che i mezzi utilizzati per far pressione sulla Svizzera non sono sempre stati delicati. Tuttavia una certa pressione era necessaria per far valere richieste giustificate. “Gli ebrei svizzeri volevano giustizia verso le vittime ed equità verso la Svizzera”, ha detto Bloch.

A suo avviso l’accordo globale è buono: “Senza questo accordo i sopravvissuti dell’Olocausto non riceverebbero un soldo; il denaro rimarrebbe alle banche elvetiche”. Né la Svizzera né gli ebrei svizzeri sono vittime di questa presunta industria dell’Olocausto, ha ribattuto l’industriale bernese. Secondo Bloch non ci sono indicazioni neppure a suffragio della tesi secondo la quale le organizzazioni ebraiche americane incassino del denaro destinato ai sopravvissuti o agli eredi delle vittime della Shoa.

In ogni caso Bloch ha detto di poter garantire che dei quasi 300 milioni di franchi del Fondo speciale per le vittime dell’Olocausto da lui presieduto, non un centesimo è finito alle organizzazioni ebraiche.

Al termine del dibattito Finkelstein ha spiegato perché ha scritto il libro: “È necessario, per onorare la memoria delle vittime dell’Olocausto”. La famiglia di Finkelstein, professore a New York, ha subito in pieno la persecuzione nazista: sua madre Maryla è sopravvissuta al lager di Maidaneck, suo padre Zacharias è uscito vivo da Auschwitz.

Norman Finkelstein è nato a New York nel 1953 e si è fatto conoscere con i suoi studi sul sionismo e sul conflitto in Palestina. “The Holocaust Industrie”, uscito l’anno scorso, è stato tradotto in 11 lingue. Negli Stati Uniti, il libro è stato per lo più ignorato. Il “New York Times” ha paragonato il saggio ai “Protocolli dei saggi di Sion”, un libello che alimentò decenni di antisemitismo.

In Germania, dove è stato presentato mercoledì sera dall’autore a Berlino, ci sono state veementi proteste verbali e anche qualche cazzotto fra sostenitori e avversatori.

swissinfo e agenzie

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