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L’Euro di Michel Pont

Michel Pont e Köbi Kuhn, sulla stessa lunghezza d'onda Keystone

Dopo le esperienze vissute durante gli Europei in Portogallo e i Mondiali in Germania, il viceallenatore della Svizzera attende con impazienza il mese di giugno.

A qualche settimana dal fischio d’inizio, il ginevrino si è prestato al gioco delle domande/risposte con swissinfo.

swissinfo: Michel Pont, lei è un uomo stressato?

Michel Pont: Certo, ma lo stress fa parte del mio mestiere e se non lo sopportassi dovrei cambiar professione. Fino a quando riesco a mantener la testa fredda, ad analizzare le cose con una certa distanza e a non lasciarmi andare all’emotività, vuol dire che tutto è sotto controllo.

swissinfo: Come abborda questo Europeo?

M.P.: Sono cosciente di essere un privilegiato. Grazie alle mie precedenti esperienze in Portogallo ed in Germania riuscirò ad apprezzare tutti i momenti di questo grande appuntamento al loro giusto valore. Non vivrò una cosa simile due volte nella mia vita.

Per lo staff della squadra svizzera, la pressione è già al massimo ma manca ancora quella piccola scintilla che permette di iniziare veramente. Ci vuole questa piccola cosa per far sì che tutto sia magico. Cerchiamo di trasmettere questa sensazione ai giocatori. Sono però sicuro che tutti coloro che entreranno in campo il sette giugno daranno il meglio. Dopo si perde, si vince o si pareggia! È lo sport. L’importante è non aver nulla da rimproverarsi.

Bisogna rendersi conto che la squadra ha subito enormi cambiamenti dai Mondiali. Dobbiamo sempre avere il coltello puntato alla gola e giocare a più del 100% se vogliamo avere una possibilità di vincere contro le grandi squadre. In questo senso, la pesante sconfitta contro la Germania può essere utile, poiché ha obbligato tutti a rimettersi in questione. Non dobbiamo dimenticare che noi non siamo né la Germania, né la Francia.

swissinfo: Köbi Kuhn è cambiato col passare degli anni o è rimasto lo stesso?

M.P.: Non è assolutamente cambiato ed è ciò che fa la sua forza. Non è perché si perdono delle amichevoli che bisogna scombussolare tutto. Il fatto di terminare il suo incarico dopo questi Europei gli permetterà di effettuare le sue scelte in completa libertà. Del resto gli dico di riposarsi, di prendere un po’ di distanza, per essere fresco e poter prendere le buone decisioni. Ed è quello che farà.

swissinfo: Cosa può dirci dei tre avversari della Svizzera nel gruppo A?

M.P.: La Cechia è un po’ l’equivalente della Germania in termini di esperienza e potenziale. È una squadra abituata ai grandi appuntamenti. Vi sono dei giovani affiancati da alcuni giocatori di grande esperienza. Non siamo però molto distanti da loro e, se siamo in giornata, possiamo senz’altro batterli.

Per quanto concerne la Turchia, personalmente trovo sia molto difficile dimenticare quanto successo due anni fa. A Istanbul (durante l’incontro di ritorno per lo spareggio per un posto ai Mondiali, ndr) quanto accaduto è andato ben al di là del tollerabile. Ma ciò non deve influenzare il nostro approccio. Sarebbe un errore basare la nostra preparazione sul rancore e sul sentimento di vendetta. Ciò non corrisponde alla nostra filosofia e la Svizzera non brilla per il gioco fisico. L’incontro sarà certamente carico di emozioni, poiché dovremo sicuramente vincere. I turchi sono dei giocatori esplosivi ed imprevedibili.

Il Portogallo, infine, possiede il miglior giocatore attualmente in circolazione, Cristiano Ronaldo. Per noi non è però una situazione nuova, poiché abbiamo già giocato contro la Francia di Zidane e di Henry. Non abbiamo mai messo un cerbero contro un singolo giocatore. Giochiamo a zona e dovremo creare il sovrannumero al momento opportuno per recuperare palla. È con il nostro sistema di gioco che dovremo fare la differenza.

swissinfo: Perché ha accettato di proseguire l’avventura in nazionale con Ottmar Hitzfeld piuttosto che smettere dopo l’Euro, assieme a Köbi Kuhn?

M.P.: Ho esitato. Il nostro incontro a Monaco di Baviera ha fatto scattare qualcosa. Faccio le cose per passione e Ottmar mi ha convinto, poiché mi ha mostrato che voleva veramente costruire qualcosa assieme a me. Penso che potrò essergli di grande aiuto, soprattutto all’inizio. Mi piace lavorare nel contesto della nazionale, mi piace questo ritmo di lavoro. E il suo approccio al calcio è quello buono.

Inoltre, la squadra è piena di talento, di foga e di volontà. Come allenatore di una squadra nazionale è possibile essere molto vicino ai giocatori e ciò è molto importante per me. Nei club, avere una simile qualità nelle relazioni è impossibile.

swissinfo, intervista di Mathias Froidevaux
(traduzione di Daniele Mariani)

Michel Pont è nato il 19 giugno 1954. È sposato e padre di due figli.

Ha dovuto interrompere la sua carriera di calciatore a 25 anni a causa di un grave ferimento. Nel 1977 ha festeggiato una promozione in Serie A con l’Etoile Carouge.

Nel 1981 ha iniziato la sua carriera d’allenatore, dirigendo dapprima il Perly, poi il Grand-Lancy, lo Chênois, l’Etoile Carouge, il Servette (come vice) e il Lugano.

Nel 2001 Köbi Kuhn, appena scelto per dirigere la nazionale, lo ha nominato suo vice.

Ottmar Hitzelfd, che assumerà le redini della nazionale dopo l’Euro, lo ha pure voluto al suo fianco.

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