Nel solco della penna

In un'epoca dove lo strumento di scrittura più diffuso è probabilmente la tastiera, c'è chi ha scelto di dedicare un museo all'evoluzione della penna, partendo dalla piuma da intingere nel calamaio fino alla stilografica.
Nel racconto Maktub (pubblicato nel 1994) di Paulo Coelho, si legge questo passaggio: «Scrivi! Che sia una lettera, un diario o solo qualche nota mentre parli al telefono – ma scrivi! […] Il semplice fatto di scrivere ci aiuta a organizzare i nostri pensieri e a vedere più chiaramente cosa abbiamo intorno. Una carta e una penna fanno miracoli – alleviano il dolore, rendono i sogni realtà e ricordano una speranza perduta».
Proprio carta e penne sono un elemento centrale nella vita di Regi Weigelt, proprietaria di une delle più antiche cartolerie della Confederazione – la Papeterie ZumSchiff di San Gallo, che ha festeggiato nel 2005 i 160 anni di esistenza – e collezionista di strumenti e accessori da scrittura.
Una passione, la sua, che si è sviluppata a partire dagli anni Novanta e le ha permesso di raccogliere in tutto il mondo, grazie a Internet, abbastanza materiale per allestire un museo privato – visitabile su richiesta – al pianterreno della villa di famiglia.
Slow-write
Ma cosa affascina Regi Weigelt e chi, ancora oggigiorno, preferisce utilizzare una stilografica invece di una biro usa e getta? «Credo si possa fare un paragone con il fenomeno dello slow food in gastronomia. Il gesto di svitare il cappuccio di una bella stilografica, di lasciar fluire l’inchiostro su una carta adeguata e di riflettere sulle parole giuste da usare è impagabile: non dipende dall’età, ma dal piacere di scrivere. È una sorta di scelta filosofica».
Regi Weigelt tiene comunque a precisare che la sua «non è una visione prigioniera del passato. Nel mio lavoro utilizzo quotidianamente tutti gli strumenti di comunicazione moderni, e questo vale per molte altre persone che apprezzano l’uso della stilografica. L’impiego dello strumento tradizionale è complementare, non alternativo».
È però innegabile – soprattutto alla luce del prezzo a tre o quattro cifre di alcuni modelli molto costosi – che possedere una stilografica sembra essere diventato un marchio di prestigio per chi è chiamato a firmare accordi internazionali e contratti milionari.
«Una bella penna può effettivamente essere un accessorio elegante, una sorta di status symbol. Però va sottolineato che – a parte qualche rara eccezione – comprarne una non è certo un investimento paragonabile all’acquisto di un’opera d’arte di Picasso. Non si diventa ricchi collezionando penne, che restano oggetti fatti per essere usati!».
Senza dimenticare – aggiunge Regi Weigelt, appassionata pure di calligrafia – che una scrittura ordinata e chiara risulta preziosa quando è necessario rileggere i propri testi oppure ripassare gli appunti. Fatto non scontato in un’epoca dove, stando ad alcune recenti ricerche, sovente i ragazzi faticano a prendere appunti poiché sono in grado di scrivere unicamente in stampatello.
Piuma e calamaio
Dopo le spiegazioni iniziali, inizia la visita alla collezione. «Limitarsi a esporre un centinaio di penne sarebbe noioso per il visitatore: ho quindi deciso di procurarmi diversi accessori, al fine di documentare meglio l’evoluzione della scrittura a mano», spiega Regi Weigelt.
Il più antico cimelio è una lista di viveri risalente al 1645, durante la Guerra dei Trent’anni: si tratta di testo scritto con la piuma e l’inchiostro ferrogallico (ottenuto mescolando un infuso di “galle”, escrescenze ricche di tannini che si sviluppano su alcuni alberi, solfato ferroso e gomma arabica), decorato con un sigillo di ceralacca. L’autore? Un nobile fiammingo.
Già, perché «per lungo tempo la scrittura era riservata a pochi eletti: i monaci, gli scribi – incaricati di vergare testamenti e altri documenti ufficiali – così come alcuni nobili istruiti».
Lo strumento di scrittura tradizionale, la piuma, presentava alcuni svantaggi: doveva essere continuamente intinta nell’inchiostro e la punta si usurava rapidamente. Per porvi rimedio, furono inizialmente escogitati diversi piccoli arnesi – esposti a San Gallo – quali un “tagliapennini meccanico”, i calamai da viaggio e uno speciale temperino per affilare la punta.
Tante invenzioni
Indentificare un vero e proprio padre della stilografica moderna è impossibile. Regi Weigelt evidenzia a tal proposito che «l’evoluzione è il risultato di una serie di invenzioni a partire dalla seconda metà del XIX secolo, volute per correggere determinati aspetti giudicati insoddisfacenti dagli utilizzatori».
Tra i principali accorgimenti documentati nella mostra: la costruzione di pennini in oro e iridio capaci di resistere all’inchiostro e di non rovinarsi con l’uso; la scoperta – grazie a Charles Goodyear, più notoriamente associato agli pneumatici – dell’ebanite, un materiale plastico in grado di contenere l’inchiostro all’interno della penna; il canale di congiunzione tra serbatoio e pennino; l’introduzione di diversi metodi di caricamento (per es. a leva, a stantuffo).
A ciò si aggiungono altre scoperte non meno rilevanti come le cartucce – prima in vetro, poi in plastica – e la celluloide, che può essere colorata e dà origine ai “ruggenti Anni Venti” persino nel settore delle penne, con modelli rossi, gialli e verdi.
Nel museo non manca una sezione dedicata a uno strumento considerato meno nobile, ma certamente rivoluzionario: la penna a sfera o penna biro (chiamata così in onore del suo inventore Laszlo Biro), che a differenza della stilografica utilizza un inchiostro denso.
Al suo arrivo sul mercato, negli anni Quaranta, la biro piace molto ai piloti d’aereo – perché più pratica da usare in quota rispetto alla stilografica – ma anche al grande pubblico. «Un visitatore mi ha raccontato che suo padre si recò appositamente a Costanza, in Germania, per pagarla un po’ meno cara. Il prezzo di vendita ufficiale era infatti 12,50 dollari, equivalente all’epoca a quello di una buona stilografica!», racconta Regi Weigelt.
Dopo questo viaggio nel tempo, prima di uscire dal museo, osservo le decorazioni calligrafiche alle pareti, opera di Regi Weigelt. Una di queste recita: «Dimmi con cosa scrivi, e ti dirò chi sei».
[…] Ma perché si deve ancora rimpiangere la bella calligrafia? Sapere scrivere bene e in fretta alla tastiera educa alla rapidità del pensiero, spesso (anche non sempre) il correttore automatico ci sottolinea in rosso ‘dotore’, e se l’uso del telefonino induce le giovani generazioni a scrivere ‘T 6 xduto?’ in luogo di ‘ti sei perduto?’, non dimentichiamo che i nostri antenati sarebbero inorriditi vedendo che noi scriviamo ‘gioia’ in luogo di ‘gioja’, ‘io avevo’ in luogo di ‘io aveva’, e i teologi medievali scrivevano ‘respondeo dicendum quod’, cosa che avrebbe fatto impallidire Cicerone.
Il fatto è che, lo si è detto, l’arte della calligrafia educa al controllo della mano e al coordinamento tra polso e cervello. Bartezzaghi ricorda che la scrittura a mano vuole che si componga la frase mentalmente prima di scriverla, ma in ogni caso la scrittura a mano, con la resistenza della penna e della carta, impone un rallentamento riflessivo. Molti scrittori, anche se abituati a scrivere al computer, sanno che talora vorrebbero poter incidere come i sumeri su una tavoletta di argilla, per poter pensare con calma.
I ragazzi scriveranno sempre più al computer e al telefonino. Tuttavia l’umanità ha imparato a ritrovare come esercizio sportivo e piacere estetico quello che la civiltà ha eliminato come necessità. Non ci si deve più spostare a cavallo ma si va al maneggio; esistono gli aerei ma moltissime persone si dedicano alla vela come un fenicio di tremila anni fa; ci sono i trafori e le ferrovie ma la gente prova piacere a scarpinare per passi alpini; anche nell’era delle e-mail c’è chi fa raccolta di francobolli; si va in guerra col Kalashnikov ma si fanno pacifici tornei di scherma.
Sarebbe auspicabile che le mamme inviassero i bambini a scuole di bella calligrafia, impegnandoli in gare e tornei, e non solo per la loro educazione al bello ma anche per il loro benessere psicomotorio […].
Fonte: “Pensieri in bella copia”, Repubblica del 7 agosto 2009

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