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Nessun tappeto rosso crociato agli scienziati USA

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Manifestazione a sostegno della libertà di ricerca a Sacramento, in California. Penny Collins / Nurphoto

Mentre gli Stati Uniti tagliano i fondi alla scienza e minacciano le università, molti ricercatori e ricercatrici cercano di trasferirsi altrove. L’Europa sta stendendo loro un tappeto rosso, mentre la Svizzera non ha intenzione di spendersi per attirarli.

Questa primavera, nello scenario storico dell’Università della Sorbona, il presidente francese Emmanuel Macron e la presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen, hanno presentato un piano da 500 milioni di euro (466 milioni di franchi svizzeri) per accogliere gli scienziati e le scienziate americani.

L’iniziativa è la risposta europea al Governo statunitense, attualmente impegnato a tagliare finanziamenti alla scienza per miliardi di dollari, rigettare ricerche consolidate in materia di politica sanitaria e costringere le università a modificare i programmi di studio.

Il piano UE “Choose Europe for science” (“Scegli l’Europa per la scienza”) è la prima iniziativa centralizzata volta ad attrarre ricercatori internazionali nel Vecchio continente e amplifica gli sforzi dei singoli stati per attirare i ricercatori americani verso istituzioni estere più bendisposte.

macron e von der leyen
Il presidente francese Emmanuel Macron e la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen annunciano il lancio dell’iniziativa “Choose Europe for Science”. Gonzalo Fuentes / AFP

Ma la Svizzera, che non è membro UE, non partecipa al nuovo programma e non intende farsi promotrice di iniziative simili.

Molti ricercatori e istituzioni svizzeri considerano tali azioni opportunistiche e superflue per un sistema di ricerca che ritengono già sufficientemente attraente per gli studiosi esteri. La Segreteria di Stato per la formazione, la ricerca e l’innovazione (SEFRI), commentando alla televisione pubblica svizzera SRF, ha definito il programma UE “una contraddizione rispetto al principio di competizione ed eccellenza nell’istruzione superiore”.

Ma altri in Svizzera ritengono che la crisi americana possa offrire un’opportunità unica per attrarre menti brillanti e rafforzare la competitività dell’ecosistema di ricerca svizzero.

Se gli USA allontanano i ricercatori

Gli Stati Uniti sono da tempo la superpotenza mondiale nel campo della scienza. Gli investimenti governativi ammontano a quasi 200 miliardi dollari su un totale di 900 miliardi di dollari spesi ogni anno in ricerca e sviluppo, equivalenti a circa il 3,6% del PIL.

L’Europa nella sua interezza spende 500 miliardi di dollari, mentre la Svizzera investe circa 31,3 miliardi di dollari l’anno, pari al 3,4% del suo PIL.

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Da quando il presidente Donald Trump si è insediato nel gennaio 2025, il Governo federale statunitense ha cancellato migliaia di progetti di ricerca e pianifica ulteriori tagli per 43 miliardi di dollari entro il 2026, in particolare ai danni del National Institutes of Health (la più grande agenzia per la ricerca medica al mondo) e della National Science Foundation.

L’amministrazione Trump minaccia inoltre di tagliare i fondi alle istituzioni scientifiche e alle università che continuano a fare ricerca o condurre programmi sulla diversità, l’equità e l’inclusione (DEI), oltre che sui vaccini e sul cambiamento climatico. Altri temi, come l’intelligenza artificiale e le tecnologie quantistiche, restano invece massime priorità nell’agenda governativa.

Per Claudia Brühwiler, politologa specializzata in studi americani all’Università di San Gallo, si tratta di un attacco senza precedenti alla libertà accademica. “In nome della libertà di espressione [il governo statunitense, ndr] sta limitando proprio la libertà di espressione, la libertà di idee e la libertà di ricerca,” ha commentato in una recente intervista alla rivista Horizons.

L’Associazione delle Università Americane (AAU) ha dichiarato a marzo che “il ritiro di finanziamenti alla ricerca per ragioni non collegate alla ricerca stessa costituisce un precedente pericoloso e controproduttivo”.

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“È una situazione molto difficile per chi lavora in immunologia e virologia,” afferma Volker Thiel, virologo presso l’Istituto di virologia e immunologia (IVI) dell’Università di Berna. “I colleghi americani temono di perdere i loro finanziamenti, ad alcuni di loro è stato vietato l’accesso ai laboratori, altri hanno lasciato del tutto il mondo accademico”.

A marzo, tre noti ricercatori di Yale hanno deciso di lasciare gli Stati Uniti per il Canada, citando timori per le politiche dell’amministrazione Trump. Sempre a marzo, 1’200 su 1’600 ricercatori e ricercatrici che lavorano negli USA, rispondendo a un sondaggio del giornale scientifico Nature, hanno affermato di prendere in considerazione la possibilità di trasferirsi all’estero.

L’Europa risponde ai tagli USA

I Paesi europei hanno risposto al possibile esodo con iniziative a livello locale, nazionale e comunitario.

L’Università di Aix-Marsiglia si è mossa per prima, stanziando 15 milioni di euro per ricercatori stranieri che lavorino nei campi di clima, salute, ambiente e scienze sociali. La Francia è stata anche in prima linea nel promuovere il programma “Choose Europe”, che durerà fino al 2027.

La Spagna ha aperto i cordoni della borsa con un programma di 50 milioni di euro all’anno. E la Germania ha annunciato il programma “1000 Köpfe” (1000 cervelli), che mira ad attrarre non solo chi emigra dal sistema USA ma anche ricercatori che erano destinati agli Stati Uniti e ora guardano altrove.

In maggio 2025, lo European Research Council (ERC) ha raddoppiato da uno a due milioni di euro il finanziamento aggiuntivo delle borse per i beneficiari che si trasferiscono in Europa.

“Ho i miei dubbi sul fatto che l’Europa sia in grado di attrarre molti scienziati USA, poiché in gran parte dei Paesi europei i salari accademici sono troppo bassi.”

Marcel Salathé, Centro di intelligenza artificiale al Politecnico federale di Losanna (EPFL)

“Il Consiglio scientifico dell’ERC ha aumentato questo finanziamento iniziale per cercare di aiutare i ricercatori che lavorano negli USA e che sono attualmente in difficoltà, ma esso è ovviamente aperto a chiunque si trasferisca in Europa,” ha dichiarato la presidente dell’ERC Maria Leptin.

Tuttavia, nessuno di questi investimenti si avvicina al livello dei tagli del governo americano e i critici sono preoccupati che queste iniziative non saranno sufficienti a colmare il significativo divario tra Europa e Stati Uniti in termini di spesa in ricerca e sviluppo.

“Ho i miei dubbi sul fatto che l’Europa sia in grado di attrarre molti scienziati USA, poiché in gran parte dei Paesi europei i salari accademici sono troppo bassi,” afferma Marcel Salathé, co-direttore del Centro di intelligenza artificiale al Politecnico federale di Losanna (EPFL).

La Svizzera è ancora invitante dal punto di vista salariale, aggiunge Salathé. Il salario medio per un professore ordinario negli Stati Uniti è superiore a 150’000 dollari, mentre nella maggior parte dei Paesi Europei è ben al di sotto dei 100’000 euro. In Svizzera può superare i 200’000 franchi (circa 210’000 euro o 245’000 dollari).

L’approccio svizzero: siamo bravi abbastanza

Di fronte a tutte le iniziative UE, le istituzioni svizzere hanno fatto spallucce. “Sappiamo che le menti brillanti di tutto il mondo sono attratte da ambienti di ricerca favorevoli, standard accademici elevati e cooperazione internazionale. Le nostre università offrono queste condizioni e sono quindi in buona posizione per competere per i talenti,” ha dichiarato un portavoce del SEFRI a SRF.

Secondo l’Ufficio federale di statisticaCollegamento esterno, dei 4793 professori nelle dodici università e nei due politecnici della Nazione alpina, più della metà viene dall’estero e 121 tra questi sono di nazionalità statunitense. Molti professori stranieri insegnano e fanno ricerca nei politecnici di Zurigo (all’ETH il 66% dei docenti è non-svizzero) e Losanna (70% all’EPFL). Questi ultimi, assieme all’Università di Zurigo, ospitano i due terzi di tutti i professori con passaporto americano in Svizzera.

La Svizzera era anche tra le destinazioni preferite di alcuni degli scienziati che hanno risposto al sondaggio di Nature, una tendenza confermata dalle istituzioni elvetiche. “L’ETH di Zurigo, come altre università svizzere, ha ricevuto un crescente numero di candidature da ricercatori degli Stati Uniti negli ultimi mesi e settimane,” ha dichiarato il portavoce Markus Gross a Swissinfo.

Non fregare se non vuoi essere fregato

Ma non è solo la fiducia nel sistema esistente che trattiene la Svizzera dal corteggiare studiosi e studiose americani. Durante una conferenza stampa dello scorso aprile, Joël Mesot, presidente del ETH di Zurigo, ha raccontato che quando la Svizzera è stata esclusa da Horizon Europe, il programma UE da 95.5 miliardi di euro per la ricerca e l’innovazione (periodo 2021-2027), altri Paesi hanno offerto incentivi finanziari per attirare ricercatori e ricercatrici svizzeri.

“Non sono sicuro che la Svizzera possa fare qualcosa per attrarre gli scienziati dagli Stati Uniti.”

Volker Thiel, Istituto di virologia e immunologia dell’Università di Berna

“Non vogliamo fare lo stesso gioco con gli Stati Uniti. Non sarebbe etico e non intendiamo agire attraverso pratiche non etiche.”

Ma non tutti concordano con la politica svizzera di non intervento. “Stiamo perdendo delle opportunità veramente interessanti, rese possibili da eventi esterni. Probabilmente i migliori talenti verrebbero relativamente presto se aprissimo loro le porte con finanziamenti adeguati,” afferma Salathé.

Tagli all’orizzonte per la scienza svizzera

Intanto la Svizzera sta affrontando le proprie difficoltà nel finanziare gli scienziati che già ha. Il Governo federale, nell’intento di riportare in equilibrio il bilancio federale, valuta tagli all’educazione, alla ricerca e all’innovazione per più di 460 milioni di franchi l’anno (per l’ETHZ e l’EPFL è previsto un risparmio annuo di 100 milioni di franchi svizzeri a partire dal 2025).

Il piano è stato aspramente criticato lo scorso febbraio in un documento programmatico siglato dalle principali istituzioni accademiche elvetiche, inclusi il Board dell’ETH e il Fondo nazionale svizzero (FNS). Secondo i firmatari, i tagli proposti potrebbero avere serie ripercussioni sulla capacità della nazione alpina di mantenere l’attuale vantaggio competitivo in ricerca e innovazione, incluso l’appeal verso i talenti migliori.

“Non sono sicuro che la Svizzera possa fare qualcosa per attrarre gli scienziati dagli Stati Uniti, perché non abbiamo nemmeno le posizioni lavorative per la persone che sono già qui,” afferma Thiel.

Anche se ci fossero i fondi, convincere affermati scienziati americani vorrebbe dire offrire loro un pacchetto competitivo che potrebbe includere la leadership di un intero istituto, spiega Thiel. Secondo cui, invece, potrebbe essere piu facile attirare ricercatori a inizio carriera.

Thiel vede qualche speranza nel fatto che il governo svizzero e la Commissione Europea stanno raggiungendo un accordo the darebbe alla Svizzera pieno accesso a Horizon Europe e ai fondi ERC. Da quest’anno i ricercatori affiliati o in cerca di affiliazione presso istituti svizzeri possono competere per i prestigiosi bandi ERC e i programmi ERC aperti a coloro che vogliono spostarsi in Europa potrebbero offrire agli scienziati statunitensi il pacchetto che stanno cercando.

C’è inoltre la promessa di collaborazioni allargate e libertà di ricerca che la presidente dell’UE von der Leyen considera come ragioni principali per scegliere l’Europa. Se in USA i tagli alla scienza e le pressioni sulle università continueranno, gli altri paesi diventeranno sempre più invitanti.

“In questo momento, la leadership americana nella ricerca è messa in discussione. Ma se la Svizzera e l’Europa riusciranno almeno a mantenere il finanziamento e il livello scientifico attuali, potremmo acquisire maggiore peso,” afferma Thiel.

Articolo a cura di Gabe Bullard/vdv

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