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“Orientamento di Keller-Sutter è stato un errore”, dice politologo

Keystone-SDA

Il presidente americano Donald Trump si comporta come un bullo a scuola e a sbagliare sono stati coloro che, come la presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter, hanno mostrato vicinanza con la nuova amministrazione americana.

(Keystone-ATS) È la lettura del politologo Michael Hermann all’indomani della notizia dell’imposizione di dazi del 39% sulle merci elvetiche importate dagli Stati Uniti.

“Dal punto di vista di Trump la Svizzera è del tutto irrilevante”, afferma il 53enne in un’intervista pubblicata oggi dall’Aargauer Zeitung. “È un grave errore da parte della Svizzera credere di essere vista dall’esterno grande e importante quanto si considera all’interno. Per Trump conta solo la grandezza, non ha alcun rispetto per i piccoli stati”.

“Per lui non è abbastanza importante stipulare un accordo speciale con la Confederazione”, prosegue l’esperto. “Per questo motivo può cancellare con un tratto di penna ciò che noi, con meticolosità e tenacia tipicamente elvetiche, credevamo di poter elaborare”.

Secondo il direttore dell’istituto di ricerca Sotomo il presidente americano ignora tutte le regole. “È prepotente e altamente pericoloso: questo dovrebbe ormai essere chiaro a tutti. Grazie al predominio degli Stati Uniti, egli può ottenere il massimo vantaggio, proprio come il bullo nel cortile della scuola. Per i paesi più piccoli come la Svizzera questo eccessivo sfruttamento della legge del più forte è devastante. Ciò di cui abbiamo bisogno sono equità, stato di diritto e affidabilità”.

Dire che la diplomazia svizzera ha fallito è però troppo semplicistico. “Non si può combattere contro questa arbitrarietà. Nessuno sarebbe stato immune da questo disastro e penso che il tentativo di trattare fosse giusto. Gli Stati Uniti sono troppo importanti per voltar loro le spalle con orgoglio e testardaggine. Errore è stato invece il sopravvalutarsi e l’orientamento completamente sbagliato di Karin Keller-Sutter. Lei vedeva una vicinanza tra la Svizzera e l’attuale governo statunitense. Nutriva simpatia per le critiche mosse all’Europa dal vicepresidente americano J. D. Vance. Considerando questo martello doganale puramente arbitrario e antiliberale, è una beffa”.

Detto in altro modo – osserva il giornalista della testata argoviese – l’Ue è un partner affidabile, gli Usa non lo sono? “Assolutamente sì ed è quanto già accaduto, pensiamo al segreto bancario o alla controversia sui fondi ebraici. Sono sempre stati gli Stati Uniti ad esercitare una forte pressione. In confronto, l’Ue è incredibilmente affidabile. Anche nel caso del nuovo accordo Bruxelles si è dimostrata paziente e disponibile al negoziato. Trump sta semplicemente portando all’estremo questa contrapposizione, ma in realtà è sempre esistita”.

“Proprio nell’ambiente liberale di Karin Keller-Sutter, molti vedono una vicinanza della Svizzera al liberalismo americano. Il nostro liberalismo svizzero si basa però sull’equilibrio delle forze, mentre quello americano rappresenta un capitalismo predatorio in cui il più grande divora il più piccolo. Spero che ora la nebbia si sia diradata. Anche se Trump la prossima settimana ribalterà nuovamente tutto, la sua arbitrarietà è velenosa. Se durante i negoziati preliminari non ci si può fidare di una parola, ciò dimostra quanto siano danneggiate le relazioni”.

“Trump dimostra quanto sia solida ed equilibrata la nostra relazione con l’Ue”, insiste lo specialista. “Chi, dopo questa decisione sulle tariffe, definisce il nuovo accordo Ue un trattato coloniale ha perso ogni senso della misura. Il comportamento coloniale è quello che stiamo vivendo ora con i dazi”.

Il presidente americano opera con un tratto di penna, argomenta l’accademico con studi in geografia, economia e politologia. “È così che i colonizzatori trattavano l’Africa in passato, ridisegnando i confini quando ne avevano voglia, seduti alla loro scrivania. Al contrario, l’Ue ha negoziato con noi per anni. È stato un dare e avere alla pari. Ma quando si tratta dell’Unione europea, certi ambienti perdono ogni misura di critica ragionevole.

Ciò significa – chiede il cronista – che l’UDC e parte del PLR e del Centro dovrebbero cambiare idea? “Credo che l’UDC non possa più cambiare opinione, essere contrari all’Ue è troppo radicato nel suo DNA. Ma parte del PLR e dell’economia si sono fissati su questa posizione: la critica all’Ue è diventata una sorta di ideologia”.

“Eppure l’Unione europea continua a sostenere il libero scambio, mentre la mania dei dazi e il protezionismo del movimento Maga di Trump sono l’opposto del liberalismo. A mio avviso, questi circoli di destra liberale si sono orientati a una sorta di politica identitaria: poiché Trump è contro la sinistra, per loro era dalla parte giusta e l’Ue in qualche modo da quella sbagliata. Qualcosa è andato storto. La mia impressione, tuttavia, è che il PLR e gran parte dell’economia si stiano riprendendo da quando i trattati Ue sono sul tavolo e Thierry Burkart ha rinunciato alla presidenza del partito liberale-radicale”, conclude l’autore di diversi studi.

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