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I Leponti, popolazione celtica in mostra a Locarno

Particolare di una bacinella in bronzo del I secolo a.C. Da Giubiasco, I secolo a.C.

Sono i misteriosi Leponti i protagonisti di un’importante iniziativa archeologica del Canton Ticino. Su questo popolo è stata allestita a Locarno, fino a dicembre, un’esposizione con numerosi oggetti mai presentati prima al pubblico.

L’origine dei Leponti (o Leponzi), antiche popolazioni celtiche, si intreccia col mito: essi discenderebbero da alcuni compagni di Ercole abbandonati allo stremo delle forze dall’eroe durante la sua traversata delle Alpi. La storia reale segue invece le loro vicende lungo tutto il primo millennio avanti Cristo, dall’età del Bronzo alla conquista romana.

I loro insediamenti erano disseminati nei territori che corrispondono all’odierno Ticino, all’alto Vallese, alla Val d’Ossola e a una parte della Lombardia occidentale. Si esprimevano in un dialetto di radice celtica, utilizzando però una scrittura alfabetica dalle origini mediterranee.

Il carattere di ponte nord-sud, tipico ancor oggi della fascia a sud delle Alpi, si riconfermava nel settore commerciale: l’area abitata dai Leponti era infatti un importante snodo per i traffici tra gli etruschi padani e i celti transalpini. Le tombe leponzie hanno quindi rivelato notevoli ricchezze, testimoniate anche alla mostra locarnese.

Al Castello Visconteo e all’attigua Casorella è così possibile ammirare ampie collezioni di gioielli in ambra e argento, armi, vasi di bronzo, artistici recipienti in vetro policromo e, riunite per la prima volta tutte insieme, le monete con iscrizioni in alfabeto leponzio.
Tra i 500 reperti in vetrina si trovano, in grandi quantità, oggetti mai esposti prima al pubblico; inoltre qualche pezzo unico, come una preziosa brocca a becco dal comune di Giubiasco.

L’itinerario della mostra sviluppa, in successione cronologica, vari aspetti della vita dell’antico popolo: le produzioni artigianali, i commerci, l’abbigliamento, la numismatica, le sepolture, l’epigrafia. Il tutto è documentato in una videocassetta VHS e in un dettagliato catalogo, che può valere come monografia sulla protostoria ticinese.
I reperti giungono dai Cantoni Vallese e Grigioni, dall’Italia, da vari musei europei, ma soprattutto dal Museo Nazionale di Zurigo (circa 300 pezzi).

Proprio a questo proposito ci potrebbero essere interessanti sviluppi per il Ticino. Come ha spiegato Riccardo Carezzetti, curatore della mostra assieme a Simonetta Biaggio Simona e al professor Raffaele de Marinis, «se il Cantone dimostrerà di essere interessato al proprio patrimonio, il Museo Nazionale si è detto disposto a lasciare in Ticino buona parte del materiale». E questo riporterebbe in primo piano il progetto di creare a Locarno un Museo archeologico cantonale stabile.

Alessandra Zumthor

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