Prospettive svizzere in 10 lingue

Sciopero alle Officine, l’altro sguardo

Il Comitato di sciopero delle Officine (in primo piano) al centro di un documentario presentato al Festival di Locarno

Ha creato un fronte di lotta, ha avuto un'eco nazionale, ha lasciato impronte visibili: lo sciopero alle Officine Cargo di Bellinzona è al centro di un documentario che sarà presentato al Festival di Locarno: "Giù le mani".

La locandina del film è rosso fuoco. Il titolo “Giù le mani” è scritto a caratteri cubitali. “Giù” è capovolto, quasi ad indicare l’effetto provocato dalla resistenza dei lavoratori e delle lavoratrici che, uniti nella lotta, sono riusciti a capovolgere un destino che sembrava irrimediabilmente segnato.

In caratteri molto più piccoli, che in qualche modo costringono ad una lettura più attenta, una citazione che sembra delineare un orizzonte: “se sei solo a sognare rimane solo un sogno, se a sognare sono tanti il sogno diventa realtà”.

L’occhio interno della protesta

L’autore del documentario è il ticinese Danilo Catti, che ha seguito giorno per giorno lo sciopero, alla ricerca di una prospettiva molto più profonda, che non fosse quella della cronaca quotidiana, delle notizie che si rincorrono, dei frammenti di realtà, a volte ricomposti in tutta fretta nel mosaico dell’attualità.

“È stato abbastanza evidente da subito – spiega a swissinfo Danilo Catti – che non si poteva raccontare questo percorso senza capire che cosa fosse avvenuto durante lo sciopero e che tipo di coscienza fosse maturata. Per dare un impianto al mio film è stato pertanto necessario individuare e scegliere delle piste”.

Un compito non facile. “Quando arrivi dall’esterno – racconta il cineasta – ti trovi confrontato con 430 persone in assemblea che gridano degli slogan, che manifestano preoccupazione e rabbia. Bisogna molto in fretta arrivare al cuore della questione. E così ho pensato di seguire i lavori del comitato di sciopero, dove si ponevano le questioni fondamentali”.

Nei momenti di tensione la presenza di una telecamera rappresentava però un pericolo. “Fino alla fine, l’accesso alle trattative è rimasto precluso, mentre il comitato di sciopero – precisa Catti – ha aperto le porte qualche giorno dopo Pasqua”.

E agggiune: “Nonostante questi limiti oggettivi, ho cercato di mostrare quanto l’unità dei lavoratori, il sostegno popolare, la mobilitazione della classe politica e soprattutto l’intelligenza strategica, la saggezza, la forza degli argomenti difesi da Gianni Frizzo e dai suoi compagni, abbiano permesso di salvare le Officine di Bellinzona”.

Il valore della relazione e della fiducia

Seguendo dall’interno il comitato di sciopero, Danilo Catti ha potuto cogliere la chiara consapevolezza delle maestranze e documentarne il progressivo sviluppo a carte scoperte e in modo totalmente trasparente: insomma pensieri, osservazioni., commenti e ragionamenti in totale libertà, senza remore e timori.

“Non è stato evidente chiedere di entrare in un luogo segreto, in un momento estremamente delicato e filmare. Ci è voluto un paziente lavoro di relazione basato sulla fiducia e sul rispetto. Il cineasta – sottolinea Catti – stabilisce una sorta d contratto. E quel contratto deve essere rispettato”.

All’interno del comitato di sciopero, come pure nel Gruppo Donne delle Officine, Catti ha dunque potuto muoversi liberamente. “È vero che queste persone sanno quello che vogliono, assumono le loro opinioni e azioni, ma le persone filmate devono poter gestire l’immagine. Ecco perché nel nostro patto di fiducia ho proposto loro di vedere il film prima lo vedessero altri”.

Un film di parte per guardare dentro e oltre

Offrire un altro sguardo su un evento che è stato mediatizzato in modo capillare, non è stato un compito facile, ma la missione del cineasta è proprio quella di prendere direzioni diverse e presentare altri punti di vista. “Non so mai che film farò, ma cerco sempre di sapere quello che non voglio fare. E nel caso delle Officine – sottolinea Danilo Catti – non volevo fare del giornalismo, limitarmi ad uno sguardo esterno e raccogliere dichiarazioni”.

Il cineasta ha inoltre una preoccupazione narrativa, deve costruire una struttura drammaturgica che permetta ad un pubblico anche non informato, di entrare nella storia che scorre sullo schermo, di farsi un’ idea, magari di condividerla ed infine schierarsi. “Il regista – aggiunge Catti – assume un punto di vista e deve anche darsi i mezzi per assumerlo”.

Il documentarista ticinese ha girato a tutt’oggi 200 ore all’interno delle Officine. “Giù le mani” è però una pellicola di un’ora e mezza. “Un tempo necessario – osserva Catti – per narrare i trenta giorni di sciopero. Il percorso è abbastanza spurio, sono state compiute scelte stilistiche per rendere il più sobrio possibile il dispositivo, rispettando comunque la dimensione temporale e la coerenza cinematografica”.

“Il mio è un film di parte” dichiara molto apertamente il cineasta ticinese che crede nel cinema impegnato e nel cinema sociale. E aggiunge: “Il film è un atto di cittadinanza, ha una valenza politica.

Non solo una lezione di umanità

Danilo Catti ha voluto trasmettere con “Giù le mani” anche la dimensione di grande umanità che si respirava alle Officine. “È stato uno sciopero profondamente umano, fatto di sentimenti, di emozioni, di uomini che hanno mostrato senza remore le proprie fragilità. Molti di loro – sottolinea il regista – hanno assunto la loro parte femminile: un punto di forza e un messaggio straordinario”.

Secondo il documentarista ticinese, lo sciopero e il grande movimento popolare che si è creato attorno alle Officine, conferma che le persone sono coscienti che questo mondo non va bene e che crea molto isolamento. “Ci siamo d’un tratto ricordati che questo mondo ci sta stretto e che quello che viviamo oggi è sempre meno ciò che scegliamo”.

“Alcuni scioperanti avevano detto da subito che in gioco c’era la loro vita e che la volevano prendere in mano. Per questo – evidenzia Danio Catti – ci vuole coraggio, forza, determinazione. Bisogna crederci. Gli operai ci hanno creduto e mostrando a tutto il Paese che è dire no è un dovere, hanno dato una grande lezione”.

swissinfo, Françoise Gehring, Lugano

Il 7 marzo 2008, la direzione delle Ferrovie Federali Svizzere (FFS) annuncia di voler privatizzare la manutenzione dei vagoni e dislocare quella delle locomotive.

430 operai delle Officine Cargo di Bellinzona entrano immediatamente in sciopero. In pochi giorni nasce un vasto movimento di protesta che coinvolge tutta la regione.

«La pittureria», capannone adibito alla verniciatura dei treni, diventa da subito cuore e simbolo della lotta. Il braccio di ferro tra scioperanti e direzione delle FFS dura trenta giorni. Un mese intenso, che mobilita l’intera classe politica.

L’irrigidimento dei fronti costringe il ministro dei trasporti a intervenire. Il 5 aprile la direzione delle ferrovie è costretta a ritirare il piano di ristrutturazione e a garantire il mantenimento dell’Officina fino al 2012.

Il 7 aprile l’assemblea dei lavoratori interrompe l’agitazione e dà mandato al Comitato di sciopero di partecipare alla tavola rotonda concordata tra le parti, in vista del mantenimento e dello sviluppo dell’attività dell’Officina anche dopo il 2012.

Il Festival internazionale del film di Locarno rappresenta per “Giù le mani” una vetrina nazionale ed internazionale importante.

“Essere presente a Locarno – commenta Danilo Catti – significa che nonostante le ingessature del nostro cinema nazionale, rimane ancora un piccolo spazio per proporre cose diverse”.

Il film, presentato nella sezione Cineasti del presente (fuori concorso), è prodotto dall’Associazione Treno dei sogni e dalla SSR SRG idée suisse con l’aiuto del Cantone Ticino e di FilmPlus.

Sono previste tre proiezioni: venerdì 15 agosto, ore 11 al FEVI e sabato 16 agosto alle 9 e alle 16.15 all’Altra Sala.

In conformità con gli standard di JTI

Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative

Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.

Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR