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Il basso profilo della Svizzera alle riunioni della NATO

Sala pronta per la 71.ma sessione annuale dell'AP-NATO a Lubiana nel 2025; cartelli indicano Svizzera e Svezia.
Svizzera e Svezia: talvolta confuse, spesso paragonate, ma solo una delle due è membro a pieno titolo dell'Alleanza atlantica. Domhnall O'Sullivan / SWI swissinfo.ch

Rappresentanti parlamentari dei Paesi membri e associati dell'Alleanza atlantica (NATO) si sono riuniti in Slovenia a metà ottobre per tre giorni di colloqui su droni, carri armati e tutto quanto è militare. Swissinfo li ha seguiti.

In un momento in cui le relazioni tra l’Organizzazione del Trattato dell’atlantico del nord (NATO) e gli Stati Uniti possono definirsi certamente complicate, gli europei sono stati meramente piantati in asso?

Speculazioni in tal senso si diffondono tra le circa 250 politiche e politici presenti alla 71esima sessione annuale dell’Assemblea parlamentare della NATO (AP-NATO). La tre giorni di Lubiana è iniziata con una nota stonata: la delegazione statunitense (36 persone) non si è presentata.

La causa ufficiale dell’assenza risulta essere banalmente il cosiddetto shutdown (blocco delle attività amministrative in vigore a Washington dal 1° ottobre).

Ma qualunque sia la ragione, l’assenza non è gradita. “Non è un segnale molto positivo”, dichiara Jacqueline de Quattro, esponente della delegazione elvetica, che conta cinque persone. La Svizzera, a dispetto del suo status neutrale e di non adesione alla NATO, è presente in qualità di Paese associato dal 1999, nell’ambito della cooperazione detta “Partnership for peace” con l’Alleanza.

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Deputate/i in assemblea. Alcune/i sollevano un cartellino.

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Perché la Svizzera siede all’Assemblea parlamentare della NATO

Questo contenuto è stato pubblicato al Due volte l’anno, membri del Parlamento di Stati membri e partner si incontrano per discutere di difesa a tutto campo. Ritratto di un’istituzione sottostimata.

Di più Perché la Svizzera siede all’Assemblea parlamentare della NATO

Anche senza gli Stati Uniti, i lavori devono proseguire. Per la nostra rappresentante, l’importanza di questa sessione sta principalmente nel poter comprendere a fondo le preoccupazioni per la sicurezza di altri Paesi, specie quelli che affrontano minacce dirette.

In Svizzera regna ancora una certa ingenuità, sostiene de Quattro, che a Berna siede in Consiglio nazionale (camera bassa) tra le file del Partito liberale radicale (PLR, centro-destra). Anche con i droni che volteggiano sopra l’Europa, nella Confederazione vi è ancora chi crede di essere al sicuro, “al riparo dietro le montagne”.

Ma dopo aver ascoltato alcuni Paesi della NATO, aggiunge, l’illusione svanisce. “Ci si confronta direttamente con la realtà”.

Primo piano di Jacqueline de Quattro
Jacqueline de Quattro a Lubiana: al Consiglio nazionale (camera bassa del Parlamento svizzero), è vicepresidente della Commissione per la politica di sicurezza. National Assembly / Matija Sušnik

Scenari inquietanti

In effetti, le minacce evocate nelle sedute di commissione e nelle altre riunioni svolte nel corso di questo evento non si contano. Le mappe delle operazioni di sabotaggio in tutta Europa – e nei mari circostanti – sono proiettate nella sala mentre parlamentari e assistenti prendono appunti. La guerra può essere ibrida, cognitiva o legata alle risorse energetiche. La Russia appare minacciosa e de Quattro si dice molto preoccupata per il cosiddetto “asse” di potenze autoritarie che lavorano per minare l’Occidente.

In definitiva, l’atmosfera è un misto tra un consiglio delle Nazioni Unite al Palais des Nations di Ginevra e un gruppo di riflessione sulla politica di difesa. Esperte ed esperti delineano scenari inquietanti, mentre l’Assemblea ascolta, pone domande e talvolta vota le risoluzioni delle commissioni che vengono poi trasmesse alla “sorella maggiore”, la NATO.

Non sempre l’Organizzazione agisce in base alle raccomandazioni del suo Parlamento. La creazione di un Centro per la resilienza democratica, avallata 18 volte, viene ripetutamente respinta a livello NATO, a quanto si sa, per volere dell’Ungheria.

Ma la NATO, se non altro, ascolta. La plenaria conclusiva di lunedì si tiene in presenza del segretario generale Mark Rutte. A Lubiana, Rutte è intenzionato a insistere sull’obiettivo annunciato a giugno di aumentare la spesa nazionale per la difesa al 5% del PIL entro il 2035, perché sa che i governi hanno preso la decisione ma ad avere il potere di bilancio sono i legislativi.

“Dobbiamo mantenere il ritmo”, ha esortato. “Conto su di voi parlamentari per sostenere la causa di fronte all’opinione pubblica e incoraggiare i vostri governi a mantenere i loro impegni. […] Tutti voi svolgete un ruolo vitale per tenere al sicuro il miliardo di abitanti della NATO”.

Un’istituzione sottovalutata

È difficile dire quante, tra questo miliardo di persone che costituiscono la popolazione combinata dei Paesi membri, conoscano l’AP-NATO e il suo ruolo vitale.

L’evento ha attirato l’attenzione nel Paese ospitante, la Slovenia: le troupe delle giornaliste e dei giornalisti sono presenti, così come il presidente del Governo e la ministra degli Esteri. “È il più grande evento interparlamentare nella storia del Paese”, apprendiamo alla conferenza stampa di apertura. Anche i gruppi di protesta si mostrano interessati: gli anarchici anti-NATO fermano il traffico nel centro di Lubiana il sabato sera.

Striscione esposto sulla ringhiera di un cavalcavia ferroviario.
Uno striscione di protesta vicino al Centro congressi chiede più potere decisionale per “il popolo”, piuttosto che per le élite o la NATO. Domhnall O’Sullivan / SWI swissinfo.ch

Le testate internazionali sono meno numerose. Le poche persone accreditate leggono i manifesti esposti all’ingresso che illustrano cos’è l’AP-NATO (un’assemblea di rappresentanti elette/i dei Paesi membri e associati, fondata nel 1955), cosa non è (è formalmente distinta dalla NATO, benché il logo sia simile) e cosa fa (“favorire il dialogo parlamentare transatlantico”, “promuovere la democrazia”, “definire le politiche della NATO”).

Tuttavia, quando si tratta di prendere decisioni di primo piano su guerra e pace, o sui bilanci militari, l’AP-NATO non è forse il luogo adatto. L’impressione è anzi che l’istituzione tenda a mantenere un basso profilo.

Una posizione “consolidata”

Lo stesso vale per la delegazione svizzera.

Nelle sedute di commissione, perlopiù in inglese, dominano alcuni accenti: britannico, canadese, scandinavo e baltico. L’inflessione svizzera, a patto che esista, si sente di rado. Una giornalista statunitense, che copre l’evento da anni, ammette di non aver mai notato la nostra presenza.

Mathias Zopfi, membro della delegazione proveniente dal Consiglio degli Stati (camera alta del Parlamento svizzero, dove siede per i Verdi), spiega che questa “passività” è voluta. Come membro associato, la Svizzera non ha diritto di voto all’Assemblea parlamentare della NATO e limita così la sua voce. La delegazione è inoltre attenta a rispecchiare la situazione politica interna della Svizzera, dove la NATO e la neutralità sono temi controversi.

“Siamo un gruppo di cinque persone, ma sui dettagli delle relazioni Svizzera-NATO abbiamo probabilmente cinque posizioni diverse”, rivela Zopfi.

I Verdi, ad esempio, auspicano maggiore cooperazione con l’Unione europea (UE), se non con la NATO. Il PLR, il partito di Jacqueline de Quattro, ha una linea più pragmatica in materia di cooperazione per la difesa, mentre l’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) ha tendenze isolazioniste. Il delegato del partito Werner Salzmann è a Lubiana ma rifiuta di parlare con Swissinfo e rinvia le domande alla capo delegazione, Priska Seiler Graf del Partito socialista (PS).

Nonostante le differenze, Zopfi assicura che all’AP-NATO la delegazione “si considera una squadra”, presentando una posizione svizzera “consolidata” piuttosto che linee di partito. Per conservare questo equilibrio, assume un contegno “molto riservato”.

Mathias Zopfi all'entrata della sala.
Mathias Zopfi, a Berna, rappresenta il Canton Glarona al Consiglio degli Stati (camera alta del Parlamento svizzero). Domhnall O’Sullivan / SWI swissinfo.ch

Tollerante indulgenza

Come viene percepito tutto questo dagli altri Paesi partecipanti? Dopo l’attacco della Russia all’Ucraina nel 2022, la neutralità e la discrezione della Svizzera non sono sempre state apprezzate dagli Stati occidentali. Si è sentita l’accusa di vivere a scrocco sotto l’ombrello dell’Alleanza.

All’AP-NATO non vi sono avvisaglie in tal senso. Le sfumature della neutralità svizzera non destano grande preoccupazione. Ufficialmente, prevale la diplomazia. Alla domanda sulla posizione svizzera, il portoghese Marcos Perestrello, presidente dell’Assemblea, risponde cortese: è “molto pertinente e molto ben compresa”.

Jacqueline De Quattro, dal canto suo, non ricorda di aver mai avvertito “ostilità o biasimo” verso la posizione elvetica. Ma questo non significa che tutti la amino. A volte ha la sensazione che verso svizzere e svizzeri vi sia una tollerante indulgenza, come in attesa che comprendano appieno la situazione della sicurezza.

Zopfi aggiunge che, da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, nelle conversazioni private sono emerse domande sull’applicabilità della neutralità svizzera. Ma dipende da con chi si parla: gli Stati più vicini al fronte tendono a essere più irritati dalla posizione elvetica, mentre i Paesi del sud sono più comprensivi.

Vista da Vienna

Nel frattempo, il club dei neutrali si assottiglia. Qui a Lubiana, per la logica spietata dell’alfabeto, la Svizzera siede accanto alla Svezia, Paese con cui viene spesso paragonata (e talvolta confusa) ma che ha abbandonato la neutralità per entrare formalmente nella NATO nel 2024. La Finlandia ha fatto lo stesso un anno prima.

La restia Austria – neutrale, mitteleuropea e con una delegazione pari a quella elvetica – è pure presente. Ma quanto è gradita la sua neutralità in ambito NATO?

Christine Schwarz-Fuchs del Partito popolare austriaco (ÖVP) riferisce di un’esperienza simile a quella di colleghe e colleghi del Paese vicino. La neutralità austriaca è generalmente compresa e appoggiata, dice. Negli ultimi anni, tuttavia, la delegazione ha cominciato a sentirsi chiedere anche in modo molto diretto se l’Austria non pensi di aderire.  

La risposta di Vienna, proprio come quella di Berna, è un cortese “no”, chiarisce Schwarz-Fuchs. L’opinione pubblica austriaca, analogamente a quella svizzera, non è favorevole all’adesione alla NATO in tempi brevi.

Christine Schwarz-Fuchs al suo posto nell'emiciclo.
Christine Schwarz-Fuchs durante una seduta di commissione in seno all’Assemblea parlamentare della NATO. NATO PA

Nondimeno, in entrambi i Paesi il momento critico in fatto di sicurezza ha lasciato un segno. Schwarz-Fuchs riporta che in Austria si è riacceso il dibattito, trascurato per anni, sui finanziamenti militari. Il Paese sta anche studiando come motivare i giovani a difenderlo in prima persona, che sia in ambito militare o civile.

Su questo punto, spiega, la Svizzera e il grado di prontezza delle sue cittadine e dei suoi cittadini sono molto ammirati oltre confine, in Austria. Almeno lì, l’idea di una popolazione svizzera sempre pronta, con i suoi bunker e il servizio militare, è viva e vegeta.

A cura di Benjamin von Wyl

Traduzione di Rino Scarcelli

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