Il pozzo senza fine dei dubbi sul petrolio
Il petrolio è la principale fonte energetica della società moderna. È però anche all’origine di guerre e inquinamento e la nostra dipendenza dall’oro nero divide le opinioni. Ma è immaginabile un mondo senza petrolio? swissinfo.ch ne ha parlato con due esperti svizzeri.
Lo storico Daniele Ganser, classe 1972, è direttore dell’Istituto per la pace e la ricerca sull’energia di Basilea. È inoltre il presidente della sezione elvetica di ASPO, l’Associazione per lo studio del picco del petrolio e del gas.
L’avvocato Niklaus Boss, 47 anni, è direttore dell’Unione petrolifera, l’associazione che si occupa del mercato del petrolio in Svizzera.
Quando si arriverà al massimo della produzione mondiale di petrolio, il cosiddetto “Peak Oil”?
Daniele Ganser: Il picco del petrolio convenzionale, leggero e a buon mercato, è già stato raggiunto nel 2006 con una produzione di 75 milioni di barili al giorno. Se consideriamo anche il petrolio non convenzionale, il picco globale sarà probabilmente raggiunto prima del 2020.
Niklaus Boss: Non si sa. Ritengo comunque che siamo relativamente vicini al picco. Senza investimenti massicci non si riuscirà ad aumentare la produzione.
Cosa succederà dopo il Peak Oil?
Daniele Ganser: L’ambiente sarà sempre più sotto pressione. Già da alcuni anni si sta investendo molto nel petrolio non convenzionale. L’estrazione delle sabbie bituminose in Canada, del petrolio nelle profondità del Golfo del Messico o degli scisti bituminosi negli Stati Uniti ha un forte impatto ambientale.
Poi c’è la questione delle guerre per le risorse. Quella in Iraq del 2003, che ha causato oltre centomila morti, è chiaramente una guerra per il petrolio. Lo stesso per la guerra in Libia del 2011, che ha provocato più di trentamila morti. E anche Sudan e Sudan del Sud stanno combattendo per i pozzi di petrolio. Oggi si uccide per il petrolio, ciò che non può lasciarci indifferenti.
Niklaus Boss: A corto e medio termine non ci saranno conseguenze. Il Peak Oil non deve essere paragonato alla vetta del Cervino, ma piuttosto all’altopiano giurassiano. Dopo aver raggiunto il punto massimo, si andrà avanti su questo livello per parecchio tempo. Non ci sarà alcun crollo della produzione.
A lungo termine il petrolio diventerà più caro. Questo accelererà la velocità con cui già oggi gli Stati industrializzati si stanno staccando dal petrolio. Nei paesi emergenti e in via di sviluppo, l’aumento del prezzo frenerà invece il ricorso al petrolio.
Torniamo indietro di una ventina d’anni e paragoniamo le previsioni di allora con la realtà attuale. Cosa si può dire su produzione e prezzo del petrolio?
Daniele Ganser: L’Agenzia internazionale dell’energia (AIE) di Parigi è responsabile delle previsioni per il 2030. L’AIE non è però totalmente affidabile visto che non ha preannunciato il Peak Oil. Lo ha fatto soltanto retroattivamente per il petrolio convenzionale. L’agenzia ha dato semplicemente per scontato che c’era una disponibilità sufficiente di petrolio. La natura mostra però che il petrolio non è illimitato. Personalmente per il futuro mi aspetto un’offerta ridotta e un prezzo più alto.
Niklaus Boss: L’Unione petrolifera non ha mai fatto alcuna previsione e non disponiamo quindi di documenti. In un rapporto del 2004, l’AIE aveva previsto per il 2030 una richiesta di petrolio pari a 121 milioni di barili al giorno. Oggi ne utilizziamo circa 90 milioni. Sempre per il 2030, aveva previsto un prezzo medio di 35 dollari al barile. A mia conoscenza, nessuno ha tuttavia pronosticato che il barile potesse superare i 100 dollari.
Fukushima ha dato origine a un cambiamento di rotta nell’energia. Il petrolio, invece, sembra suscitare meno reazione. Eppure è associato non soltanto a catastrofi ecologiche o all’inquinamento, ma pure al riscaldamento terrestre, alla speculazione o alle guerre. Come mai?
Daniele Ganser: Dipende dai paesi. In Nigeria c’è ad esempio una forte opposizione al petrolio. In Svizzera, dove il petrolio costituisce il 55% del mix energetico, se ne discute invece meno: la Nigeria, il Kazakhistan o l’Azerbaijan, tra i nostri principali fornitori, sono realtà lontane.
Sarebbe però sbagliato affermare che in Svizzera si è indifferenti nei confronti delle guerre per il petrolio. La maggior parte delle persone è contro questi conflitti e si oppone al degrado dell’ambiente. Molti si sentono però impotenti, anche se è possibile fare qualcosa. Per esempio installando pannelli solari e fotovoltaici sui tetti, isolando le abitazioni, spostandoci con treni o veicoli elettrici o utilizzando automobili che consumano meno di quattro litri per 100 km.
Niklaus Boss: L’energia atomica è soltanto una delle innumerevoli fonti per produrre elettricità. Possiamo avere elettricità anche senza l’atomo, senza grosse conseguenze. Per il petrolio, invece, questo è impossibile. Un’automobile a benzina necessita esclusivamente di benzina. Non la si può far funzionare altrimenti. E se si passa da un’automobile a benzina a un veicolo elettrico, non si ha lo stesso comfort.
Perché è così difficile staccarsi dal petrolio?
Daniele Ganser: Il petrolio continua nonostante tutto a essere a buon mercato. È un agente energetico eccezionale, facile da immagazzinare e dall’elevato rendimento.
Niklaus Boss: Il petrolio svolge un ruolo importante in tutti gli aspetti della nostra vita e quindi non è facile da sostituire. Non esistono altri agenti energetici che contengono così tanta energia. Il petrolio è facile da trasportare e da immagazzinare. È sicuro e affidabile. E poi è a buon mercato.
Su quali aspetti concernenti il petrolio la gente dovrebbe essere più informata?
Daniele Ganser: Innanzitutto sul Peak Oil, che in diversi paesi è già stato raggiunto. Le persone in Svizzera devono sapere che ogni giorno consumano cinque litri di petrolio a testa. Più del latte!
Dieci anni fa spendevamo dieci miliardi di franchi all’anno per i prodotti petroliferi. Oggi la stessa quantità costa circa il doppio. Questi soldi andrebbero utilizzati per staccarci dal petrolio. Ad esempio con le pompe a calore, il pellet, l’isolamento degli edifici o l’energia solare.
Niklaus Boss: Bisogna essere consapevoli dell’importanza del petrolio. Il petrolio è e rimane alla base del nostro benessere e ce ne sarà ancora per almeno i prossimi cinquant’anni. Importante è utilizzarlo in modo efficiente. I divieti non portano a nulla. Il problema della società attuale non è il petrolio, ma l’enorme fame di energia, che si ripercuote anche sulle emissioni di CO2.
Dove e come trovare le fonti energetiche per sostenere una popolazione in crescita?
Daniele Ganser: Attualmente nessuno può saperlo. La crescita demografica è estremamente rapida. La popolazione di duemila anni fa era di circa 300 milioni di persone. Per raddoppiarla ci sono voluti 1’600 anni. Nel 2011 abbiamo raggiunto i sette miliardi: la popolazione è cresciuta di un miliardo in soli dodici anni.
Dobbiamo imparare a risolvere i conflitti senza far ricorso alla violenza. Bisogna utilizzare le energie rinnovabili come sole, vento, acqua, geotermia, biomassa e biogas.
Niklaus Boss: Gli agenti energetici fossili avranno un ruolo importante nell’approvvigionamento energetico ancora a lungo. Molti processi passeranno dal petrolio al gas. La percentuale delle energie rinnovabili aumenterà fortemente, anche se sono convinto che non potranno mai fornire la stessa quantità di energia attualmente fornita dagli agenti fossili. Il futuro è dunque nel risparmio energetico.
Le due raffinerie in Svizzera sono in difficoltà. Un’interruzione definitiva della loro attività può compromettere l’approvvigionamento nazionale?
Daniele Ganser: Se le due raffinerie venissero a mancare, la Svizzera importerebbe esclusivamente prodotti finiti provenienti dalle raffinerie all’estero. Non ci sono quindi conseguenze negative sull’approvvigionamento. Il problema è però l’alto costo del greggio: dovremo investire sempre di più per importare i derivati del petrolio.
Niklaus Boss: Possiamo garantire l’approvvigionamento anche senza raffinerie. Diventeremo semplicemente dipendenti dai prodotti finiti. Nel contesto della ripartizione dei rischi, disporre di raffinerie proprie è certamente un vantaggio. Il sistema duale che prevede da un lato l’importazione di greggio e la trasformazione in Svizzera e dall’altro l’importazione di prodotti finiti, non va cambiato.
La Svizzera è alla fine della catena del petrolio. Come evitare di trovarsi un giorno in una situazione critica?
Daniele Ganser: Quando ci sarà un calo dell’offerta mondiale di petrolio la situazione potrebbe in effetti risultare sfavorevole. Dobbiamo quindi prepararci rinunciando progressivamente al petrolio. Non dobbiamo però dimenticare che diventare più dipendenti dal gas genererà gli stessi problemi. La soluzione a lungo termine non può che essere nelle energie rinnovabili e nell’efficienza energetica.
Niklaus Boss: Ci sarà sempre petrolio a sufficienza. La domanda è a quale prezzo. Finché potremo pagare, riceveremo del petrolio. In caso di emergenza la Svizzera dispone di riserve di carburanti e combustibili per 4 mesi e mezzo. Un mese in più rispetto alla media europea. La Svizzera si rifornisce poi attraverso diversi canali e vie di trasporto. Penso che un paese non possa proteggersi meglio. La Svizzera non resterà a secco da sola. O lo rimarranno tutti o nessuno.
Il petrolio è detto “convenzionale” quando è sotto forma liquida e può così risalire naturalmente in superficie durante l’estrazione.
Il petrolio “non convenzionale” comprende invece il greggio extra-pesante (viscoso), il bitume, le sabbie bituminose e gli scisti bituminosi.
Ogni giorno nel mondo di producono 88-90 milioni di barili al giorno (un barile = 159 litri).
I maggiori produttori sono Russia, Arabia Saudita, Stati Uniti, Iran, Messico e Cina. Il petrolio dei Paesi dell’OPEC (Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio) rappresenta circa il 42% della produzione mondiale.
Le riserve mondiali, ovvero la quantità di idrocarburi liquidi che si stima potrà essere estratta dai giacimenti già scoperti, erano di 207,8 miliardi di tonnellate nel 2011. Rispetto al 2010 le riserve sono cresciute del 3,6% (grazie in particolare ai progressi tecnologici).
I giacimenti mondiali di petrolio (risorse) ammontano a 15’000 miliardi di barili. Circa la metà è costituita da petrolio convenzionale.
Le riserve più grandi sono in Arabia Saudita (35,5 miliardi), Venezuela (28,8) e Canada (23,7). I dieci paesi più ricchi in petrolio dispongono dell’83% delle riserve mondiali.
(fonti: Agenzia internazionale dell’energia, Oil & Gas Journal, BP Statistical Review of World Energy)
Primi anni del secolo scorso: 1milione di barili al giorno
Dopo la Seconda guerra mondiale: 6milioni
1962 (crisi dei missili a Cuba): 22milioni
1986 (disastro di Chernobyl): 61milioni
2011: 88milioni (circa 14 miliardi di litri o 40 super petroliere)
2035: 96milioni
(Fonti: Unione petrolifera, World Energy Outlook)
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