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Le democrazie possono resistere alle teorie sulle elezioni truccate?

Brazil election
Due giorni dopo la sconfitta elettorale contro il candidato di sinistra Luiz Inácio Lula da Silva, l'amministrazione del presidente brasiliano uscente Jair Bolsonaro ha indicato che non ostacolerà la transizione. Contrariamente alle previsioni, il leader di estrema destra non ha più parlato di brogli elettorali. Copyright 2022 The Associated Press. All Rights Reserved

Le elezioni di metà mandato negli Stati Uniti hanno rilanciato le fantasie di complotto sui brogli elettorali, mentre a fine ottobre in Brasile contrariamente a quanto ci si poteva attendere il presidente uscente Jair Bolsonaro ha accettato il risultato delle elezioni. Le teorie sulle elezioni truccate hanno comunque ancora probabilmente un futuro radioso davanti a loro. Il miglioramento dell'alfabetizzazione digitale e la solidità delle istituzioni elettorali potrebbero non essere sufficienti a contrastare questo fenomeno.

Annunciando il 15 novembre la sua volontà di ricandidarsi nel 2024 per la Casa Bianca, Donald Trump è tornato a ripetere il mantra dell'”elezione rubata” del 2020. Questa volta lo ha fatto però con toni un po’ più sommessi, forse scottato dal fallimento di quei candidati e di quelle candidate repubblicane che avevano fatto lo stesso durante la campagna per le elezioni di metà mandato.

Due settimane prima, in Brasile Jair Bolsonaro, seppur non concedendo ufficialmente la sconfitta e non congratulandosi con il vincitore, Luiz Inácio Lula da Silva, non ha fatto ricorso alla narrativa dei brogli elettorali, come aveva minacciato di farlo prima dell’appuntamento con le urne. Al contrario, Bolsonaro ha autorizzato il suo capo di gabinetto, Ciro Nogueira, ad avviare la transizione dei poteri presidenziali.

“Progetto salvaguardia della democrazia”

Uno dei primi esempi di elezioni contestate è stata la corsa presidenziale degli Stati Uniti tra l’allora governatore George W. Bush e il vicepresidente Al Gore, oltre vent’anni fa. “Da allora, una parte dei conservatori e dei repubblicani parla di brogli elettorali diffusi, nonostante tutti i dati affidabili indichino il contrario”, ha dichiarato a swissinfo.ch Richard L. Hasen.

Hasen è professore di diritto presso l’Università della California a Los Angeles e dirige il “Safeguarding Democracy Project”, che studia la “grande menzogna sulle elezioni rubate”, un “segno distintivo della presidenza Trump”, secondo l’accademico. Questa narrazione è stata progettata sia per “aizzare la base repubblicana contro i democratici, sia per [creare] una base per approvare leggi che rendano più difficile per le persone registrarsi e votare”, aggiunge.

È interessante notare che le elezioni presidenziali statunitensi del 2020 sono state definite “le più sicure della storia americanaCollegamento esterno” dalla Cybersecurity & Infrastructure Security Agency (CISA), l’autorità competente che fa capo al Dipartimento della sicurezza interna degli Stati Uniti.

Nonostante la sconfitta, Trump ha comunque continuato a sostenere che le elezioni gli erano state “rubate”, fino all’attacco del 6 gennaio 2021 all’edificio del Campidoglio a Washington da parte dei suoi sostenitori e sostenitrici. L’attacco ha provocato la morte di sei persone e il ferimento di oltre 130 agenti di polizia.

Secondo Hasen, la “grande menzogna” non è affatto finita. E lo si è visto nelle elezioni di metà mandato negli USA. Molti candidati e candidate repubblicane in corsa per un seggio al Congresso hanno sostenuto “apertamente la narrativa della ‘grande menzogna sulle elezioni rubate’; questo suggerisce che la libertà e l’equità della democrazia elettorale sono sempre più politicizzate e aperte a pregiudizi di parte”.

Un recente sondaggio della CNNCollegamento esterno ha mostrato che circa la metà della popolazione americana (53% tra i repubblicani e 49% tra i democratici) ritiene almeno in parte probabile che nei prossimi anni qualche rappresentante eletto/a riuscirà a ribaltare i risultati di un’elezione statunitense perché il suo partito non ha vinto.

Negli USA nessun “tribunale della democrazia”

La struttura decentralizzata degli Stati Uniti si traduce in debolezze istituzionali. A differenza del Brasile, ad esempio, gli USA non hanno una Corte elettorale suprema paragonabile, una sorta di “tribunale della democrazia”.

Hasen vede un’ulteriore debolezza: la diffusione virale della disinformazione sui social media. “Abbiamo bisogno di misure legali che rendano reato la diffusione di informazioni false su quando, dove e come si vota”, sostiene.

Tuttavia, non è favorevole a una regolamentazione rigorosa delle reti sociali, come in Germania, dove la cosiddetta Netzwerkdurchsetzungsgesetz (legge per il miglioramento dell’applicazione delle norme sulle reti sociali) disciplina quelle piattaforme con oltre due milioni di utenti. La legge tedesca stabilisce che questi siti devono garantire che i reclami siano esaminati attentamente e che tutti i contenuti illegali siano rimossi entro 24 ore. Hasen è invece dell’opinione che sia necessaria una più ampia “azione collettiva concertata contro qualsiasi tentativo di sovvertire i risultati delle elezioni”.

Questa proposta è stata sostenuta non solo da una parte del mondo della ricerca in Brasile prima delle elezioni, ma anche da esperti ed esperte in Svizzera.

“Dietro al sospetto più volte espresso di frode elettorale si celano molteplici sforzi per limitare il diritto di voto in generale”, afferma Sina Blassnig, professore assistente presso il Dipartimento di comunicazione e ricerca sui media dell’Università di Zurigo. Secondo Blassnig, questa narrativa attecchisce di più in Paesi come il Brasile o gli Stati Uniti, che hanno regimi presidenziali, mentre la Svizzera è meno esposta, avendo un sistema elettorale proporzionale.

Sina Blassnig,
Sina Blassnig è professore assistente presso il Dipartimento di comunicazione e ricerca sui media dell’Università di Zurigo. John Flury, Obsoquasi.ch

In Svizzera il problema è meno acuto

Nella Confederazione, questo genere di bugie si verificano soprattutto in occasione di referendum controversi. Prima della votazione sulla legge Covid-19 lo scorso autunno, “affermazioni di questo tipo sono circolate sporadicamente sulle reti sociali”.

Ciò è confermato anche da Beat Furrer, portavoce della Cancelleria federale, la massima autorità elettorale svizzera. “Nel periodo precedente alle votazioni sulla legge Covid-19 del 2021, ci sono stati tentativi (soprattutto attraverso i social media) di mettere in dubbio il corretto svolgimento delle votazioni”, ha dichiarato.

“L’effetto complessivo di questi sforzi è rimasto limitato. I reclami inoltrati successivamente, quando sono stati presi in considerazione sono stati respinti dalle autorità competenti”, ha precisato Furrer a swissinfo.ch.

Questi reclami – ha aggiunto – vengono spesso presentati ripetutamente anche per cercare di influenzare la percezione dell’opinione pubblica su una votazione.

La Cancelleria federale non tiene statistiche sul numero di reclami presentati. In generale, in Svizzera mancano dati sulla manipolazione elettorale, ha dichiarato nel 2019 a swissinfo.ch Andreas Glaser, co-direttore del Centro per la democrazia di Aarau.

Secondo Sina Blassnig, i numerosi referendum che si tengono in Svizzera e che toccano un’ampia gamma di temi contribuiscono a far sì che il mito del voto rubato non sia ancora riuscito a far breccia in Svizzera.

Solo a livello nazionale, negli ultimi dieci anni l’elettorato svizzero ha potuto esprimersi su più di cento proposte.

Per evitare che questa narrativa prenda piede, la ricercatrice zurighese raccomanda di investire maggiormente nell’istruzione e nei media in modo mirato. “Questo include l’uso competente dei media digitali e l’esistenza di media di servizio pubblico forti”, afferma.

Tuttavia, la ricercatrice zurighese dubita che la Svizzera regolamenterà i social media in modo così rigoroso come si sta discutendo attualmente nell’Unione Europea. “Su questo tema, tradizionalmente ci collochiamo a metà strada tra gli Stati Uniti permissivi e l’UE restrittiva”, afferma Blassnig. La Svizzera si affida al giudizio dei singoli utenti più del resto d’Europa, ma meno dell’America.

Traduzione e adattamento di Daniele Mariani

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