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PostFinance non sarà la banca degli svizzeri all’estero

PostFinance
PostFinance, che fa parte della Posta svizzera, dispone di una licenza bancaria dal 2013. Keystone

La Camera dei Cantoni ha bocciato la mozione che chiedeva al governo di fare in modo, affinché i connazionali espatriati possano avere accesso ai servizi della banca controllata dalla Posta svizzera. Delusione dell’Organizzazione degli svizzeri all’estero, che rimane comunque decisa a continuare la sua battaglia contro le discriminazioni che colpiscono la Quinta Svizzera. 

Approvata a stragrande maggioranza dalla Camera del popolo nel settembre dell’anno scorso, mercoledì la mozioneCollegamento esterno “PostFinance anche per gli svizzeri all’estero” non ha superato la prova della Camera dei Cantoni. Il testo è stato respinto seccamente con 30 voti contrari, 9 favorevoli e 4 astensioni. 

La mozione mirava a soddisfare, tramite PostFinanceCollegamento esterno, una delle rivendicazioni prioritarie degli svizzeri residenti all’estero, ossia poter accedere di nuovo e a condizioni non discriminanti ai servizi delle banche elvetiche. In seguito alle norme adottate nell’ultimo decennio a livello internazionale per lottare contro l’evasione fiscale, anche gli istituti finanziari svizzeri hanno imposto severe prescrizioni nelle relazioni con la clientela all’estero. Queste prescrizioni hanno colpito anche moltissimi connazionali espatriati, ai quali sono stati chiusi i conti in Svizzera o sono state offerte dalle banche condizioni estremamente penalizzanti. 

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Conto bancario indispensabile 

“Per molti connazionali residenti all’estero, il mantenimento di un conto bancario è spesso necessario, se non addirittura indispensabile”, ha spiegato il senatore socialista Didier Berberat, presentando ai colleghi la mozione, sostenuta dalla maggioranza della Commissione di politica estera. “A volte ciò è richiesto dalle casse malati o dagli istituti di previdenza, per non parlare di coloro che possiedono una casa nel nostro paese e che necessitano di un conto svizzero per pagare le spese correnti relative a questo immobile”. 

Le relazioni bancarie sono particolarmente importanti per i sempre più numerosi svizzeri che si trasferiscono all’estero per periodi di corta durata, per ragioni professionali o per studi, ha indicato Berberat. “L’attuale legislazione non consente loro di aprire o proseguire con certezza una relazione bancaria con il paese d’origine, né l’uso di carte di credito”. 

“La maggioranza della nostra commissione ritiene che Postfinance abbia una responsabilità particolare nei confronti degli svizzeri all’estero e in particolare di quelli più mobili”, ha proseguito il senatore socialista. “La Posta, azionista di PostFinance, è di proprietà della Confederazione. Sarebbe quindi necessario e auspicabile uno sforzo particolare da parte sua a favore degli svizzeri all’estero, che devono sostenere costi ritenuti eccessivi e ingiustificabili per le loro relazioni bancarie”. 

Rischi troppo grandi 

Argomentazioni che non hanno convinto però la maggioranza della Camera. Per il senatore liberale radicale Ruedi Noser, questa richiesta costringerebbe PostFinance a violare le legislazioni di molti Paesi, che hanno sottoposto il settore bancario a severe prescrizioni. “In tal caso, la Confederazione sarebbe però costretta ad assumersi anche la responsabilità e i costi. E questi costi andrebbero a carico dei cittadini residenti in Svizzera”. 

Una posizione condivisa dal collega di partito Martin Schmid e dal senatore del Partito popolare democratico Erich Ettlin. Ai loro occhi, la mozione non è nemmeno attuabile, perché obbligherebbe PostFinance ad operare e ad acquisire licenze bancarie in tutti gli altri Paesi. E perfino in Paesi come l’Iran, in cui le attività delle imprese straniere sottostanno a sanzioni da parte americana. Attività all’estero di PostFinance ricadrebbero inevitabilmente sulla clientela in Svizzera, che si ritroverebbe perfino svantaggiata rispetto ai connazionali espatriati. 

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Da parte sua, la consigliera federale Doris Leuthard ha ricordato che le autorità svizzere hanno imposto al settore bancario di non più esporsi a nuovi rischi, in seguito alla vertenza fiscale con gli Stati uniti e alle misure di ritorsione adottate da Washington contro numerose banche elvetiche. “Se una banca privata, una banca cantonale o una banca Raiffeisen giunge alla conclusione che in un Paese vi è un rischio di reputazione o un rischio legale, allora non possiamo pretendere che PostFinance debba tappare questo buco e addossarsi questi rischi”. 

Delusione dell’OSE 

La decisione del Consiglio degli Stati viene accolta chiaramente con delusione da parte dell’Organizzazione degli svizzeri all’estero (OSE)Collegamento esterno, che nel settembre dell’anno scorso aveva messo a segno due grandi successi in Parlamento. Nel giro di pochi giorni, la Camera del popolo aveva accolto, a stragrande maggioranza, la mozione su PostFinance, mentre la Camera dei Cantoni aveva approvato una mozione del senatore del PPD Filippo Lombardi, che chiedeva al governo di fare in modo che tutti gli svizzeri all’estero possano aprire un conto presso le cinque banche d’importanza sistemica (UBS, Credit Suisse, Banca cantonale di Zurigo, Raiffeisen e PostFinance). 

Quest’ultima mozione era stata però respinta in febbraio dalla Camera del popolo, che la settimana scorsa ha bocciato anche una proposta meno vincolante, volta a spingere il governo a garantire perlomeno alla Quinta Svizzera informazioni precise e specifiche sulle condizioni di accesso ai servizi finanziari dei grandi istituti bancari. 

“È frustrante, poiché è ormai da una decina d’anni che gli svizzeri all’estero incontrano serie difficoltà a mantenere relazioni bancarie, a condizioni ragionevoli, in Svizzera. E, purtroppo, dal Parlamento non è giunta finora nessuna soluzione”, osserva Ariane Rustichelli, direttrice dell’OSE. “Da una parte, il governo ribadisce regolarmente l’importanza, non solo economica, della mobilità delle persone per la Svizzera. E, dall’altra, continuano però a sussistere barriere molto elevate a questa mobilità, come nel caso delle relazioni bancarie”. 

La battaglia lanciata già diversi anni fa all’OSE ha comunque già portato alcuni frutti. “Innanzitutto abbiamo potuto concludere un accordo di cooperazione con la Banca cantonale di Ginevra, che si impegnata ad offrire agli svizzeri all’estero quasi tutte le sue prestazioni e a condizioni simili a quelle applicate in Svizzera. E speriamo di poter concludere contratti equivalenti con altri istituti bancari. Inoltre siamo riusciti, per la prima volta, ad aprire un dialogo anche con le cinque banche d’importanza sistemica. Queste banche hanno accettato di fornirci delle informazioni sulle condizioni previste per i connazionali all’estero, che abbiamo pubblicato sul nostro sito”, spiega Ariane Rustichelli.

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