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Abbandono del nucleare: un terremoto sul piano economico

Un abbandono anticipato dell'energia nucleare costerebbe 40 miliardi di franchi all'economia svizzera, secondo la lobby dell'energia atomica, che risponde così all'iniziativa popolare "Corrente senza nucleare".

Secondo lo studio, presentato presentato martedì a Berna dai responsabili delle cinque centrali nucleari svizzere, se il popolo dovesse accettare l’altra iniziativa anti-atomica “Moratoria più”, per la Svizzera i costi ammonterebbero a 29 miliardi di franchi. Stando al professore basilese Silvio Borner, una terapia tanto traumatica equivarrebbe alla perdita di capitale provocata da un terremoto.

In seguito alla consegna il 28 settembre del 1999 delle due iniziative ” corrente senza nucleare ” e ” Moratoria plus “, la questione dei costi economici conseguenti ad un abbandono dell’energia nucleare in Svizzera è diventata di grande attualità. Su richiesta dunque delle quattro centrali nucleari svizzere (Beznau, Mühleberg, Gösgen, Leibstadt) il professor Wolfgang Pfaffenberger dell’istituto dell’energia di Brema in Germania, e il professor Silvio Borner, del Centro di scienze economiche dell’Università di Basilea, hanno analizzato la questione.

Negli anni 60, in seguito all’esaurimento delle capacità di estensione della forza idraulica, in Svizzera si istaurò un largo consenso sul fatto che bisognava rinunciare alla costruzione di centrali alla nafta per delle questioni di salvaguardia della qualità dell’aria, e passare direttamente all’energia nucleare.

Il rapido aumento del consumo di elettricità e le previsioni a lungo termine dell’epoca, sfociarono nell’allestimento di un vasto programma di energia nucleare. Questo programma cominciò ad essere oggetto di una crescente critica politica a partire dal 1970. Le opposizioni all’energia nucleare sfociarono in numerose votazioni popolari, nel 1979, nel 1984 e l’ultima volta nel 1990. Il popolo svizzero ha comunque fondamentalmente accettato l’energia nucleare con però delle riserve.

Si decise così di rinuciare alla centrale atomica di Kaiseraugst; nel 1990 il popolo accettava una moratoria che proibiva la costruzione di nuove centrali nucleari durante 10 anni. Questa pausa di riflessione si conclude proprio nel 2000, ciò che ha spinto gli oppositori all’energia nucleare a deporre nel settembre del 1999 due nuove iniziative popolari; l’iniziativa “Moratoria plus” e l’iniziativa “Corrente senza nucleare”.

L’iniziativa popolare “Corrente senza nucleare – Per una svolta energetica e la disattivazione progressiva delle centrali nucleari”, chiede un abbandono progressivo dell’energia nucleare, mentre l’iniziativa “Moratoria più” chiede la proroga di 10 anni del blocco della costruzione delle centrali e il contenimento del rischio atomico. Nel 1990 il popolo aveva approvato una moratoria che scadrà nel settembre 2000, mentre aveva respinto l’iniziativa parallela per un abbandono definitivo dell’energia nucleare.

Secondo il professor Borner, che ha presentato le conseguenze dello studio sul piano della politica economica per la Svizzera, le centrali nucleari restano competitive anche in un mercato dell’elettricità liberalizzato. Fissare in modo preliminare, a livello politico, una durata di sfruttamento massima nuocerebbe alla sicurezza e sarebbe insensato a livello economico, sostengono ancora i responsabili delle centrali nucleari.

Nel suo studio, il professore tedesco Wolfgang Pfaffeneberger elenca in dettaglio i costi connessi ad un abbandono anticipato del nucleare. L’alternativa più vantaggiosa sarebbe la sostituzione del nucleare con delle centrali gas-vapore: con la prima iniziativa, quest’alternativa implicherebbe un costo di 13,6 milardi di franchi. Con l’iniziativa “Moratoria plus” il costo sarebbe di 8,8 miliardi. A questo bisognerebbe inoltre aggiungere le spese legate alle energie sostitutive (gas) che , secondo il professor Pfaffenberger, ammonterebbero a 15,1 o 12,5 miliardi.

Sempre secondo lo studio, l’abbandono del nucleare comporterebbe un aumento dell’inquinamento atmosferico, segnatamente delle emissioni di CO2. Ora, la Svizzera si è impegnata a Kyoto a ridurre del 10 percento le sue emissioni di CO2 entro il 2010. Abbandonando prematuramente il nucleare la Svizzera, per rispettare i suoi impegni, dovrebbe prevedere delle misure supplementari per ridurre le emissioni, investendo ripettivamente a seconda degli scenari 11,4 o 7,4 miliardi. In totale i costi rappresenterebbero circa il 10 percento del prodotto sociale lordo, ha precisato alla stampa Silvio Borner; in tal modo al posto di una crescita del 2 percento durante cinque anni, la Svizzera subirebbe una crescita nulla.

A conclusione della presentazione, Peter Wiederkehr, presidente della direzione delle Forze motrici del nord est della Svizzera, ha sottolineato che un abbandono anticipato del nucleare, prima di una durata di sfruttamento di 50-60 anni, non si giustificherebbe né con la competitività né con questioni di sicurezza, ma sarebbe una decisione puramente politica, che come precisato da Silvio Borner equivarrebbe a una “vera e propria perdita di capitale come si può produrre durante un terremoto”.

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