Criminalità economica: la crisi provoca una recrudescenza

Il 29% delle imprese elvetiche ritiene di essere esposta a un rischio accresciuto di malversazione. È quanto emerge da un'indagine condotta dalla società di consulenza PricewaterhouseCoopers.

Nel 17% delle aziende è venuto alla luce un caso criminale, per una somma delittuosa media di 1,5 milioni di franchi, hanno spiegato i responsabili di PWC in una conferenza stampa organizzata giovedì a Zurigo.

Il 70% delle frodi è stato registrato a livello dei quadri medi o superiori, contro il 50% emerso da un rilevamento relativo al 2007. Le ragioni principali addotte da chi ha violato le norme sono l’aumento della pressione sul posto di lavoro e il desiderio di mantenere il precedente tenore di vita.

Il rapporto precisa però che probabilmente i casi di frode comunicati dalle imprese che hanno risposto al sondaggio “rappresentano solo la punta dell’iceberg”.

Per quanto riguarda la tipologia dei reati, i più frequenti sono di gran lunga le appropriazioni indebite. Seguono le violazioni di norme contabili, il mancato rispetto della proprietà intellettuale e il riciclaggio. Chiudono la classifica la corruzione e i reati insider. Il ramo economico più toccato risulta essere quello finanziario.

Secondo PWC – società attiva fra l’altro proprio nel settore dei controlli contabili – la diminuzione della spesa delle aziende nelle verifiche interne rende più difficile la delucidazione dei reati.

L’indagine è stata effettuata a livello mondiale, analizzando le risposte di oltre 3’000 aziende in 55 paese. Le imprese svizzere che hanno partecipato al sondaggio sono state 129, il 41% delle quali quotate in borsa.

swissinfo.ch e agenzie