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Decreto Tremonti: il Ticino non teme una fuga di capitali

Pochi timori per UBS e le altre banche presenti sulla piazza ticinese Keystone

La piazza finanziaria ticinese non teme le conseguenze delle misure previste dal ministro italiano per incoraggiare il rientro dei capitali depositati all'estero.

Secondo buona parte degli istituti di credito soltanto una parte dei depositi tornerà in Italia.

Gli esperti delle banche stimano che grosso modo appena il 5% dei soldi degli italiani messi al sicuro in Ticino rientreranno effettivamente in patria. Un importo che non desta particolare allarme. Anche chi prevede un maggior successo del decreto Tremonti non lo reputa comunque disastroso per la piazza finanziaria del cantone. Lo “scudo fiscale” del ministro, approvato dal governo lo scorso 21 settembre, lascia la scelta tra la possibilità di regolarizzare, nel giro di cinque mesi, i depositi riportandoli in patria – pagando una “tassa di reingresso” del 2,5% o sottoscrivendo delle obbligazioni, senza segnalazione al fisco da parte delle banche – oppure dichiarare i capitali all’estero.

Una sanatoria, dunque, che azzera i conti fiscali e amministrativi col passato. Il provvedimento riguarda i contribuenti italiani con capitali che non sono frutto di attività criminali, per le quali valgono sempre le norme antiriciclaggio. Per le somme che non vengono denunciate scatta l’inasprimento delle sanzioni amministrative che passano, dal 5 al 25% del loro importo, rispetto all’attuale multa di un milione di lire.

Da decenni le banche svizzere, in particolari quelle ticinesi, sono state viste dagli italiani come il rifugio sicuro per i loro soldi minacciati dall’inflazione, dalle svalutazioni della lira, dal rischio dei rapimenti e da un fisco ritenuto troppo vorace. Fatto sta che oggi si stimano in 400 miliardi di franchi i loro depositi custoditi nel cantone.

A rendere abbastanza sicuri i banchieri sul fatto che non ci sarà una pericolosa fuga di capitali giocano soprattutto due fattori. In primo luogo la certezza che oggi la clientela della Penisola si rivolge agli istituti di credito elvetici soprattutto per la loro consolidata esperienza nella gestione patrimoniale. Un settore che le banche italiane hanno scoperto da poco, per cui competenza professionale, discrezionalità e servizi efficienti certificati dal marchio rossocrociato, restano sempre atouts vincenti. Inoltre, in questo momento di forti tensioni internazionali, ritorna in auge l’immagine della Svizzera come un paese tranquillo e al riparo degli eventi che dopo l’11 settembre stanno facendo tremare il mondo.

Comunque, a scanso di possibili rischi le banche sono già corse ai ripari aprendo sedi in Italia. Oltre ai colossi della finanza come Ubs e Credit Suisse da sempre presenti su questo mercato, hanno da poco inaugurato qui le loro filiali anche Bsi, Banca del Gottardo e Cornèr Banca. Tutte pronte ad intercettare i capitali che ritornano nel Bel Paese.

Libero D’Agostino

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