Un paese e il suo governo con le spalle al muro
La decisione presa mercoledì dal governo di non interrompere i negoziati con la Germania trova ampio spazio sui giornali elvetici. La Svizzera non ha ancora finito di fare concessioni, sottolinea la stampa.
“Il cappio si stringe”, titola il suo commento la Neue Zürcher Zeitung. Secondo il giornale zurighese, “la piazza finanziaria svizzera è ormai con le spalle al muro e con essa il Consiglio federale”.
La NZZ critica in particolare la mancanza di una strategia difensiva chiara da parte delle autorità federali. Il segnale inviato dal ministro delle finanze, che mercoledì ha affermato per la prima volta che lo scambio automatico di informazioni coi paesi dell’UE è un’opzione che dovrà essere esaminata, “è un’autoflagellazione”.
Un piano alternativo
“Se uno Stato emette delle minacce basandosi su dati rubati, la controparte dovrebbe continuare a camminare a testa alta. Chi piega il capo come il Consiglio federale, non afferma invece la sua sovranità”.
Per il Tages Anzeiger, che al pari degli altri quotidiani elvetici punta il dito contro l’uso da parte della Germania di dati rubati, “la Svizzera oggi paga la visione a corto termine del passato”.
“Solo la sinistra ha detto in modo chiaro quello che molti pensavano da anni, ossia che il segreto bancario è un modello ormai superato”.
Un nuovo accordo di doppia imposizione non risolverà il problema dei conti sui quali sono depositati soldi in nero, sottolinea inoltre il Tagi.
“Anche in una versione ‘light’, il segreto bancario continuerà ad essere sotto pressione. L’Unione Europea chiede già alla Svizzera di adottare il sistema dello scambio automatico di informazioni, ciò che significherebbe indebolire considerevolmente la protezione della sfera privata. È legittimo che il governo elvetico si opponga. Ma se non si vorranno far cogliere alla sprovvista, il Consiglio federale e le banche hanno interesse ad elaborare al più presto un piano alternativo”.
Voltar pagina
“Il Consiglio federale incassa i colpi senza riuscire a rassicurare”, titola dal canto suo Le Temps. Il ministro delle finanze Hans-Rudolf Merz ha sì condannato l’uso di dati rubati da parte della Germania, “ma chi se ne preoccupa?”. “Da molto tempo Merz non ha più il ruolo autorevole dell’arbitro e la Svizzera con lui”, sottolinea il giornale romando.
La Svizzera – osserva in sostanza Le Temps – non è riuscita a convincere gli altri Stati di aver saputo voltare la pagina del denaro “grigio”.
“Non si tratta di cedere senza negoziare, ma di uscire dal ridotto nazionale nel quale sono trincerati ancora troppi banchieri e politici. La piazza finanziaria svizzera, che in parte ha fatto la ricchezza di questo paese, può affrontare una competizione. Ha il diritto di esigere che essa sia uguale per tutti, ma non può più vivere con l’illusione di un segreto bancario che si adegua al denaro grigio”.
Frode ed evasione
E di ridotto nazionale (ossia la strategia di ripiegare l’esercito nell’arco alpino in caso di invasione durante la seconda guerra mondiale) parla anche la Berner Zeitung.
Secondo il quotidiano della capitale, la strategia del governo “è troppo difensiva, ma perlomeno questa volta la Svizzera ha affermato a chiare lettere che non opererà più una distinzione tra frode ed evasione fiscale”. Il governo, osserva la BZ, è stato costretto ad agire così a causa delle pressioni internazionali. “Ciò corrisponde a una mentalità da ridotto nazionale che è completamente superata”.
La Basler Zeitung, da parte sua, si chiede se non sia ora di cominciare a valutare la possibilità di smetterla con la distinzione tra frode ed evasione fiscale anche all’interno della Svizzera. “Non è solo all’estero che i cittadini hanno diritto a una giustizia fiscale, ma anche nel nostro paese”, scrive il giornale basilese.
Un’analisi condivisa anche dall’Aargauer Zeitung. “Il mondo politico dovrebbe cominciare a porsi questa domanda”, poiché anche nel nostro paese il denaro nascosto al fisco non rappresenta “noccioline”, bensì “somme importanti”.
Daniele Mariani, swissinfo.ch
Nell’ultimo anno la Svizzera è stata ripetutamente presa di mira sul segreto bancario.
L’inizio della crociata ha coinciso con la crisi finanziaria mondiale.
Su pressione del G-20, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) nell’aprile 2009 ha inserito la Svizzera sulla cosiddetta “lista grigia” dei paesi non cooperativi. La Confederazione è stata stralciata dall’elenco in settembre, dopo aver sottoscritto 12 convenzioni di doppia imposizione rinegoziate secondo gli standard OCSE in materia di scambio d’informazioni e di assistenza amministrativa in caso d’evasione fiscale.
Ma la tregua è di breve durata. La morsa dei paesi in cerca di fondi evasi all’erario si stringe di nuovo intorno alla Svizzera. In ottobre lo scudo fiscale lanciato dall’Italia crea nuove tensioni fra Berna e Roma. In dicembre interviene un conflitto con Parigi, che vuole utilizzare i dati rubati alla banca ginevrina HSBC da un suo ex informatico.
Il 22 gennaio 2010, una sentenza di principio del Tribunale amministrativo federale stabilisce che la procedura di assistenza amministrativa prevista dall’accordo extragiudiziale firmato nell’agosto 2009 con Washington non è legale. L’accordo è da rifare.
L’ultimo episodio è di questi giorni. Il 30 gennaio la Frankfurter Allgemeine Zeitung rivela che un anonimo informatore ha offerto a Berlino i dati di evasori tedeschi con conti in banche svizzere. Secondo notizie di stampa, si tratterebbe di 1500 titolari di conti.
Il 1° febbraio, la cancelliera tedesca Angela Merkel manifesta la volontà del governo tedesco di trattare con l’informatore.
Le autorità svizzere gridano allo scandalo, richiamandosi allo stato di diritto. Ma Berlino sembra incurante delle proteste elvetiche. Il 2 febbraio, il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble dice che «in linea di principio la decisione è presa»: Berlino vuole entrare in possesso dei dati e in fretta.
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