Bilaterali: per i sindacati sono una tappa obbligatoria
Dopo il mondo economico, venerdì, lunedì anche i sindacati si sono schierati compatti in favore degli accordi bilaterali tra la Svizzera e l'Unione europea in vista del referendum del 21 maggio. (foto: P. Rechsteiner, presidente dell'USS)
Per Unione sindacale svizzera (USS), Federazione svizzera dei sindacati cristiani (CNG) e Federazione delle società svizzere degli impiegati (FSE) è necessario che il nostro paese sviluppi ulteriormente il suo rapporto con l’UE.
“La nostra raccomandazione di voto è la stessa del padronato, ma i nostri interessi non sono identici”, ha puntualizzato il presidente dell’USS Paul Rechsteiner.
Se in molti punti i sette accordi settoriali negoziati con l’UE sono paragonabili all’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) bocciato di misura in votazione popolare nel 1992, nello scottante capitolo relativo alla libera circolazione delle persone la nuova soluzione prevede una migliore difesa contro il dumping sociale.
Rivendicate a gran voce dai sindacati, le misure di accompagnamento alla progressiva liberalizzazione del mercato del lavoro (estensione facilitata dei contratti collettivi, fissazione di salari minimi, legge sui lavoratori distaccati) dovrebbero infatti fungere da efficace protezione contro le pressioni sui salari.
Ma oltre a favorire la crescita economica e dunque l’occupazione, i “bilaterali” creeranno le condizioni per una maggiore integrazione anche dal profilo sociale, ha osservato Rechsteiner. Il futuro sistema di controllo contro gli abusi riguarderà tutti i lavoratori e non solo una parte limitata della manodopera straniera come finora.
Per rassicurare la popolazione contro le paure suscitate dalla libera circolazione il presidente del CNG, Hugo Fasel, ha esortato l’economia a impegnarsi attivamente durante la campagna non solo per i bilaterali, ma anche a sostegno per le misure di accompagnamento: “Gli ambienti economici sono i nostri partner in questo affare. Vogliamo richiamarli alle loro responsabilità”.
Il pericolo dumping non esiste solo per i bassi salari, ma soprattutto per i redditi medi e elevati, ha rilevato Hans Furer, presidente della FSE. E la categoria degli impiegati rischia di trovarsi con le spalle al muro il prossimo 21 maggio. In questo settore molti importanti contratti collettivi (nella chimica, nella metallurgia, nel commercio) non contemplano i salari minimi. Ma un “no” in votazione potrebbe avere conseguenze ben peggiori. “Se gli accordi bilaterali venissero rifiutati -ha detto Furer- ogni impresa svizzera che opera a livello internazionale rifletterà seriamente alla possibilità di trasferire la sua attività in un paese dell’UE”.
Luca Hoderas
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