
MO: naufraga in Consiglio Onu risoluzione palestinese
(Keystone-ATS) Naufraga nelle ultime ore del 2014 la risoluzione palestinese per la fine dell’occupazione israeliana in Cisgiordania entro tre anni. Il documento che l’ANP aveva spinto perché fosse messo ai voti entro l’anno ha raccolto solo otto sì, uno in meno del minimo di nove necessario per l’adozione. Due i voti contrari (Stati Uniti e Australia), cinque le astensioni. Tre membri permanenti – Cina, Russia e Francia – hanno votato a favore, con la Gran Bretagna astenuta. Se la risoluzione avesse ottenuto i nove si necessari, gli Stati Uniti, solido alleato di Israele nonostante le difficoltà di Washington con il premier Benjamin Nethanyhau, avrebbero usato il veto. Non è stato necessario.
La risoluzione era stata introdotta con riluttanza dalla Giordania dopo l’imprimatur, anch’esso riluttante, dei Paesi del Gruppo Arabo e dopo che i palestinesi nel fine settimana avevano irrigidito il testo rispetto a una prima versione fatta circolare due settimane fa. La nuova versione conteneva una scadenza di un anno per concludere i negoziati di pace mentre un riferimento a Gerusalemme “capitale condivisa” era stato trasformato facendo della Città Santa la capitale del nuovo stato palestinese.
Entrambe condizioni inaccettabili per Washington: in particolare le scadenze temporali, già prima del voto, erano state denunciate dal Dipartimento di Stato come presupposto, se necessario, all’uso del veto.
“Un calendario per i negoziati è necessario”, ha argomentato invece la Francia che, con Germania e Gran Bretagna si era adoperata nelle ultime settimane per una versione più morbida del documento: “La soluzione dei due stati sta diventando un miraggio: gli insediamenti illegali da parte di Israele stanno minando la possibilità di creare uno stato palestinese”, ha detto l’ambasciatore Francois Delattre spiegando le ragioni del suo si su un testo che, secondo lo stesso diplomatico, “non era l’ideale”.
La domanda adesso è il perché della fretta palestinese. Gli otto si – Giordania, Lussemburgo, Russia, Cina, Francia, Ciad, Argentina e Cile – avrebbero potuto diventare almeno nove dopo Capodanno, quando si insedieranno nuovi membri non permanenti più vicini alla causa palestinese.
Alcuni diplomatici sospettano che il presidente dell’ANP Abu Mazen abbia voluto veder affondata la sua risoluzione massimalista: non costringendo Washington a far uso del veto, il leader palestinese potrebbe aver mantenuto aperte le linee di comunicazione con Washington riservandosi, allo stesso tempo, l’opzione di accedere alla Corte Penale Internazionale che gli è stata riconosciuta quando l’Assemblea Generale due anni fa ha promosso la Palestina “stato osservatore non membro”.