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Iran, la Svizzera punta sul dialogo

21 giugno: tumulti nelle strade di Teheran Reuters

La ministra svizzera degli esteri Micheline Calmy-Rey ha lanciato un appello alle autorità iraniane affinché diano prova di moderazione e rinuncino alla violenza. La consigliera federale si è in particolare detta preoccupata in merito alla violazione della libertà di espressione, di riunione e di stampa.

Martedì, in occasione del tradizionale incontro al Club della stampa diplomatica, Micheline Calmy-Rey ha spiegato che la Confederazione ha espresso la propria posizione per via diplomatica alla autorità iraniane e l’ha successivamente comunicata anche ai media.

La ministra degli esteri ha così replicato alle critiche secondo le quali la Svizzera non si sarebbe espressa in merito alla contestata elezione del presidente Mahmud Ahmadinejad e alle seguenti proteste che hanno causato morti e feriti.

L’atteggiamento della Confederazione è stato comunque estremamente prudente. «Siamo coscienti di non essere intervenuti in modo energico», ha riconosciuto Micheline Calmy-Rey, la quale ha poi spiegato: «Conoscendo la strategia che consiste nell’affermare che l’opposizione è manipolata dall’esterno del paese, abbiamo agito così per non indebolirla».

Ruolo diplomatico

Micheline Calmy-Rey ha inoltre motivato la prudenza elvetica sottolineando che la Svizzera rappresenta da trent’anni gli interessi Stati Uniti a Teheran e, in tale veste, svolge anche un ruolo di mediatrice tra i due Stati. «Questo canale di comunicazione è estremamente importante e deve restare aperto: ciò fa parte dei nostri compiti».

A questo proposito, la consigliera federale ha fatto presente che l’ambasciatrice elvetica a Teheran – Livia Leu Agosti – è in contatto con il ministero degli esteri iraniano: recentemente, le è stato chiesto di riferire a Washington che Teheran reputa la valutazione delle elezioni come un’intromissione nella propria politica interna. Lo stesso messaggio, ha aggiunto Micheline Calmy-Rey, è stato peraltro fatto pervenire a paesi europei.

Altri Stati– ad esempio proprio gli Stati Uniti – hanno quindi deciso di adottare un atteggiamento discreto sulla base di un ragionamento analogo a quello della Svizzera. Germania e Francia hanno invece scelto un approccio più diretto.

Dialogo, non armi

Interpellata in merito all’eventualità di ospitare – come l’Italia – nell’ambasciata svizzera a Teheran i manifestanti feriti, Calmy-Rey ha risposto che finora non è stata ricevuta alcuna richiesta in tal senso, e che attualmente l’Unione europea si sta occupando della questione.

La ministra degli esteri ha poi affermato di avere affrontato il tema dei diritti umani in ognuno dei precedenti incontri con il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad: «La Svizzera non agisce con le armi, bensì attraverso il dialogo».

La delicata situazione in Iran figura anche tra gli argomenti dell’incontro di mercoledì tra Calmy-Rey e il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov: «Egli conosce perfettamente il ruolo della Svizzera in Iran, poiché rappresentiamo anche la Russia in Georgia e vicecersa. Prima di ottenere questo mandato, ne abbiamo discusso a lungo».

Andreas Keiser, swissinfo.ch
(traduzione e adattamento, Andrea Clementi)

L’ayatollah Ali Khamenei ha accettato martedì di prorogare di cinque giorni il termine ultimo per la presentazione dei ricorsi per quanto riguarda i risultati delle elezioni presidenziali svoltesi il 12 luglio.

Il Consiglio dei guardiani della Costituzione potrà così verificare se vi siano state o meno irregolarità durante lo scrutinio.

Lo stesso organo ha comunque già affermato di non volere annullare il risultato delle elezioni che hanno permesso la riconferma dell’ultraconservatore Mahmud Ahmadinejad.

Dal canto suo, il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha chiesto l’immediata sospensione degli arresti, dell’uso della forza e delle minacce nei confronti dei manifestanti sostenitori dello sconfitto Mir Hossein Mussavi.

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