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«L’Occidente non deve usare due pesi e due misure»

Radovan Karadzic al momento dell'arresto (a sinistra) e nel 1995 Reuters

Lunedì, dopo quasi 13 anni di latitanza, il leader serbo bosniaco Radovan Karadzic, ricercato per genocidio e crimini contro l'umanità, è stato arrestato presso Belgrado. L'opinione del costituzionalista Thomas Fleiner, direttore dell'Istituto per il federalismo di Friburgo.

Fleiner, tra le sue molte attività, è stato membro del CICR, capo di una missione dell’OSCE nell’ex Jugoslavia negli anni 90 e consulente del governo serbo dal 2006 nell’ambito dei negoziati sullo statuto del Kosovo.

swissinfo: Cosa significa questo arresto per le vittime della guerra nell’ex Jugoslavia?



Thomas Fleiner: Per le vittime è un avvenimento molto importante. Non si tratta di vendetta, ma della convinzione che nonostante tutto c’è ancora un po’ di giustizia e che i responsabili di crimini di guerra dovranno rispondere dei loro atti.

swissinfo: Ritiene probabile che in un prossimo futuro anche Ratko Mladic, pure lui ricercato per crimini di guerra, sia assicurato alla giustizia?

T.F.: È possibile. Presumo però che ora si comporti con maggiore circospezione.

swissinfo: Carla Del Ponte, l’ex procuratrice del tribunale penale dell’Aja, ha accusato gli Stati uniti e l’Europa di avere ostacolato l’arresto di Karadzic. Cosa ne pensa?

T.F.: Forse lo hanno fatto perché temono che durante un processo Karadzic possa fare delle dichiarazioni contrarie ai loro interessi. Ma su questo tema non voglio dire di più.

swissinfo: Che effetto può avere l’arresto sulla stabilità politica nei Balcani?

T.F.: Credo che a lungo termine l’arresto sia molto importante. Bisogna comunque considerare il fatto che altri criminali di guerra, considerati da molti serbi responsabili di crimini altrettanto gravi (come per esempio l’ex comandante dell’UCK Ramush Haradinai) sono stati scagionati dal tribunale dell’Aja per mancanza di prove.

Se il tribunale non è in grado di dimostrare in maniera attendibile che usa gli stessi pesi e le stesse misure per tutti i criminali di guerra, questo arresto non avrà ripercussioni positive sulla stabilità della regione e soprattutto sulla credibilità dello stato di diritto.

swissinfo: Perché Karadzic gode ancora del sostegno di molti serbi?

T.F.: Chi è ritenuto un criminale di guerra da una delle parti in causa, per l’altra è un eroe. Vale per tutti quelli coinvolti nelle guerre dei Balcani, per tutti quelli che appartenevano alla ex Jugoslavia e che poi si sono combattuti.

Faccio un esempio: ancora oggi molti statunitensi valutano in modo positivo il bombardamento di Hiroshima e Nagasaki. Perché? Questa interpretazione dei fatti nasce dall’idea della guerra giusta.

Solo quando l’umanità riconoscerà che non ci può essere una guerra giusta e che anche i cosiddetti danni collaterali sono un crimine, si potrà dire che i condottieri nazionalisti sono dei criminali di guerra. Altrimenti questo porterà a delle tensioni, perché una delle due parti si sentirà trattata in modo completamente ingiusto.

swissinfo: Si può paragonare Hiroshima alla Serbia?

T.F.: È un paragone che vuole mostrare quanto sia unilaterale il giudizio che oggi si dà della situazione.

Si tenta di semplificare le cose e di addossare la colpa ad un popolo. Io non sono d’accordo. In questo modo ci si dimentica che nel corso della storia tutti i popoli hanno avuto i loro problemi.

swissinfo: La cattura di Karadzic è un segno del fatto che la Serbia sta elaborando il suo passato?

T.F.: L’elaborazione del passato non è una questione di due o tre mesi. Anche in Serbia ci vorrà molto più tempo. Dipende anche dal modo in cui le altre parti, Stati uniti ed Europa compresi, si chineranno sul loro passato in relazione con il conflitto in Jugoslavia.

Fino a quando l’Occidente non sarà disposto ad ammettere le sue colpe, non ha il diritto né la possibilità di pretendere o sperare che gli altri lo facciano.

swissinfo: A che punto è la Serbia con l’ammissione delle sue responsabilità?

T.F.: I media dovrebbero finalmente capire che non si può dare tutta la colpa agli uni e nessuna agli altri. In ogni caso non si può attribuire una colpa collettiva a un’intera nazione. Molti serbi hanno rischiato la loro vita per combattere Milosevic. Anche questo fa parte della verità e appartiene ad un passato che bisogna conoscere.

Intervista swissinfo: Corinne Buchser
(traduzione dal tedesco: Doris Lucini e Andrea Tognina)

Radovan Karadzic è nato il 19 giugno 1945 a Petnjica (Montenegro).

Nel 1960 si trasferisce con la sua famiglia a Sarajevo.

Nel 1971 conclude i suoi studi di medicina. In seguito lavora come psichiatra.

Tra il 1968 e il 1990 Karadzic pubblica vari libri di poesie.

Nel 1990 è eletto alla guida del Partito democratico serbo (SDS) in Bosnia-Erzegovina.

Nel 1992 è fondata la repubblica serba di Bosnia. Karadzic ne diventa il primo presidente.

Dopo la dichiarazione di indipendenza della Bosnia-Erzegovina il 3 marzo 1992, in tutta la regione scoppiano conflitti armati.

Entro il dicembre del 1992 i serbi di Bosnia, con l’appoggio della Serbia, occupano il 70% del territorio bosniaco. In questo contesto, Karadzic avrebbe concepito e ordinato azioni di pulizia etnica.

Nel giugno del 1995, su ordine di Karadzic, le truppe serbe occupano l’area Srebrenica, fino ad allora posta sotto la protezione delle Nazioni Unite. I caschi blu olandesi si ritirano senza opporre resistenza. Donne e bambini sono deportati, circa 7000 uomini sono massacrati.

Il tribunale dell’ONU per i crimini di guerra nell’ex Jugoslavia apre un atto d’accusa contro Karadzic nel 1995, nel 1996 è emanato un ordine di cattura internazionale.

Il 21 luglio 2008 Radovan Karadzic è arrestato in Serbia.

Thomas Fleiner è diventato nel 1971 professore ordinario di diritto costituzionale e amministrativo all’università di Friburgo. Dal 1975 al 1983 è stato membro del Comitato internazionale della Croce Rossa. Dal 1984 dirige l’Istituto per il federalismo di Friburgo.

Nella sua attività di ricerca si è occupato spesso di diritti umani e del funzionamento della democrazia in Stati multietnici. Nel 1992-1993 ha guidato la missione della Conferenza sulla sicurezza e sulla cooperazione in Europa (CSCE) nell’ex Jugoslavia. Nel 2006 è stato consulente del governo serbo nei negoziati sullo statuto del Kosovo.

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