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Parlamento: le spese militari non si toccano

Anche il Parlamento, dopo il Consiglio federale, ha invitato popolo e cantoni a dire 'no' all'iniziativa popolare che chiede di dimezzare in dieci anni le spese militari.

La camera alta del Parlamento si è infatti allineata mercoledì sulla decisione già presa dal Nazionale, respingendo il testo con 35 voti contro 4.

L’iniziativa è stata lanciata nel 1995 dal Partito socialista svizzero, dai Verdi e delle organizzazioni pacifiste e terzomondiste. Il testo era stato proposto in risposta alla decisione parlamentare d’invalidare la precedente iniziativa «Per meno spese militari e più politica di pace».

Chiede che in un decennio le spese militari vengano dimezzate: saranno poi le Camere a decidere ogni quattro anni la destinazione delle somme risparmiate. Un terzo dovrà essere riutilizzato per azioni internazionali a favore della pace. Inoltre, dovrà essere creato un fondo di un miliardo di franchi per promuovere la riconversione dei lavoratori dell’industria bellica nel settore civile

Secondo Hans-Rudolf Merz (PLR/AR) e Peter Bieri (PPD/ZG) l’iniziativa parte da un presupposto sbagliato. Invece di stanziare i fondi per la sicurezza in base alle necessità, propone di procedere in senso contrario. «Dal 1991 il Dipartimento che ha risparmiato di più è stato quello della difesa» ha precisato Rico Wenger (UDC/SH). L’iniziativa inoltre avrebbe conseguenze negative a livello sociale e regionale: «circa 6000 posti di lavoro federali sono in pericolo» ha rincarato Hansheiri Inderkum (PPD/UR). Lo Stato non riuscirà a trovare impieghi di ripiego per tutti.

Michel Béguelin (PS/VD) e Christiane Brunner (PS/GE) sono invece intervenuti a sostegno dell’iniziativa. Il testo – hanno precisato- non è diretto contro l’esercito: costituisce invece un’alternativa promettente sia per le persone impiegate nel settore militare che per l’economia svizzera in generale.

«L’iniziativa, che fa riferimento al bilancio del 1987, è già superata, è un concetto di ieri, proposto nel periodo della guerra fredda», ha argomentato il consigliere federale Adolf Ogi. L’esercito svizzero – ha aggiunto – fa di tutto per restare al passo con i tempi, in particolare mediante una profonda riforma. La nuova politica di sicurezza, presentata martedì, lo dimostra.

I governi socialisti in Europa, costretti ad affrontare il conflitto nel Kosovo, non parlano di smantellare, bensì di ammodernare i loro eserciti. La Svizzera vuole fare altrettanto -ha aggiunto il ministro della difesa – anche se tutto ciò ha un prezzo.

Il Dipartimento della difesa ha già compiuto notevoli sforzi di risparmio, riducendo sensibilmente gli effettivi e privatizzando le imprese d’armamento. Accogliere questa iniziativa significa perdere numerosi posti di lavoro, circa 6000. «La riconversione dei lavoratori proposta dagli iniziativisti – ha concluso Ogi – è difficile da intrapprendere e ancora di più da realizzare».

swissinfo e agenzie

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