Immigrazione: gli svizzeri forse voteranno di nuovo
Se Berna non troverà un’intesa con Bruxelles per applicare l’iniziativa «contro l’immigrazione di massa», il popolo svizzero sarà nuovamente chiamato alle urne. I promotori dell’iniziativa denominata «Fuori dal vicolo cieco» hanno infatti raccolto le 100'000 firme necessarie.
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swissinfo.ch e tvsvizzera.it (Telegiornale RSI del 19.08.2015)
Il testo è di tenore diametralmente opposto rispetto all’iniziativa promossa dall’Unione democratica di centro e approvata nel febbraio 2014 dal 50,34% dei votanti. Esso chiede infatti di abrogare gli articoli costituzionali che reintroducono i contingenti per la manodopera straniera.
Il termine ufficiale per depositare l’iniziativa presso la Cancelleria federale scade il 2 giugno 2016. L’obiettivo è però stato raggiunto con largo anticipo, ha comunicato martedì il comitato promotore, che punta ora a convincere altri 20’000 cittadini per essere sicuro della riuscita.
I promotori considerano il testo come un piano B, qualora l’articolo costituzionale accettato dal popolo non potesse essere attuato. I sostenitori della cosiddetta iniziativa RASA (dal tedesco «Raus aus der Sackgasse») ritengono che l’approvazione di questo articolo ha rimesso in questione la via bilaterale conducendo la Svizzera in un vicolo cieco, da cui bisogna uscire.
Il comitato si dice formato da un gruppo di cittadini non legati ad alcun partito politico ed è sostenuto da circa 300 personalità del mondo della formazione, della scienza, del lavoro e della cultura. Vi figurano, ad esempio, il rettore designato dell’Università di Ginevra Yves Flückiger, l’artista Pipilotti Rist, l’ex direttore di Pro Helvetia Bernard Cathomas, l’ex calciatore Andy Egli, l’ex presidente del Tribunale federale, Giusep Nay, il clown Dimitri nonché il professore di storia Georg Kreis. L’iniziativa è appoggiata anche dal Sindacato dei servizi pubblici (SSP/VPOD) e dall’associazione swisscleantech.
Il commento di Fabrizio Triulzi, responsabile dell’attualità nazionale della RSI:
Care e cari svizzeri all’estero, quali difficoltà avete incontrato quando il vostro o la vostra coniuge di nazionalità straniera ha chiesto il passaporto elvetico?
Dopo diversi anni di matrimonio con un cittadino o una cittadina svizzera avete intrapreso una procedura di naturalizzazione. Raccontateci la vostra esperienza!
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Bruxelles è certo disposta a «discutere» della questione della libera circolazione, sollevata dalla decisione del popolo svizzero di porre un freno all’immigrazione. Ma discutere non significa «negoziare» un compromesso che metterebbe a repentaglio i principi fondamentali dell’UE. Un anno dopo il voto del 9 febbraio sull’iniziativa “contro l’immigrazione di massa”, le posizioni di Berna e Bruxelles sembrano inconciliabili.
Ci sono questioni di forma e di fondo. È con un bacio stampato sulla guancia - davanti alle telecamere, evidentemente – che il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha accolto a Bruxelles la presidente della Confederazione Simonetta Sommaruga. Ma l’affetto sincero che il lussemburghese prova nei confronti della Svizzera è lungi dall’essere smisurato.
A un anno dall'accettazione da parte del popolo svizzero dell’iniziativa “Contro l’immigrazione di massa”, promossa dall’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice), Jean-Claude Juncker ha ribadito fermamente la sua posizione: in quanto amici, la Svizzera e l’UE devono poter discutere di tutto, nella speranza di aiutare la Confederazione ad uscire da una brutta situazione.
In nessun caso, però, Bruxelles rinegozierà il principio della libera circolazione delle persone, rimesso in questione dal popolo elvetico. A stretta maggioranza, l’elettorato ha infatti deciso che la Svizzera dovrà reintrodurre contingenti sui lavoratori stranieri, fissare dei tetti massimi all’immigrazione e dare la priorità ai residenti sul mercato del lavoro.
Certo, Svizzera ed Unione europea «non sono in guerra» dal 9 febbraio 2014, ha sottolineato il presidente della Commissione. Juncker si è impegnato a proseguire «un confronto di opinioni» ai più alti livelli in modo da sciogliere la matassa della libera circolazione. Un confronto che spera «fruttuoso» anche se ammette di non essere «oltremodo ottimista».
Ma le cose devono essere chiare: «Per ora, i nostri punti di vista rimangono divergenti». Il tema sarà discusso a «scadenze regolari», ma la Commissione non si impegna a portare avanti «veri e propri negoziati». In caso contrario rischierebbe di riaprire il vaso di Pandora scoperchiato dal Regno Unito, dove il dibattito sulla libera circolazione delle persone è più acceso.
L’intero edificio in pericolo
L’esecutivo dell’UE mantiene dunque la linea tracciata lo scorso dicembre dai ministri degli affari esteri dei Ventotto. I capi della diplomazia avevano ribadito che la «libera circolazione non è negoziabile» e avevano poi sottolineato che l’applicazione dell’iniziativa minaccerebbe «il cuore delle relazioni tra Svizzera ed UE», ossia tutto il pacchetto di Bilaterali I legati tramite la cosiddetta «clausola ghigliottina». Se una delle due parti denunciasse la libera circolazione, anche gli altri accordi decadrebbero automaticamente dopo sei mesi.
Atteso al banco di prova, il governo svizzero comunicherà probabilmente la sua strategia l’11 o il 18 febbraio. Il margine di manovra a sua disposizione è però «estremamente ridotto», ha affermato Simonetta Sommaruga dopo l’incontro a Bruxelles. E alla tensioni con Bruxelles si aggiungono le pressioni interne, amplificate dalle scadenze elettorali di ottobre, con il rinnovo del Parlamento federale, e l’ombra del franco forte che sembra minacciare la prosperità della Svizzera.
Un rompicapo istituzionale
Oltre al dossier migratorio, un'altra spina nel fianco è l'accordo istituzionale che Svizzera e Unione europea stanno negoziando da tempo. Per Bruxelles, si tratta di rafforzare la coesione del mercato interno europeo, attraverso un adeguamento quasi automatico dei Bilaterali allo sviluppo del diritto comunitario e attraverso un controllo giudiziario indipendente per la risoluzione di possibili controversie. Condizioni che Berna finora non si è detta disposta ad accettare.
I Ventotto l’hanno però ribadito chiaramente, nel dicembre 2014: «In assenza di un quadro istituzionale comune, non sarà concluso nessun nuovo accordo sulla partecipazione della Svizzera al mercato interno».
Per incitare Berna a fare delle concessioni, il commissario europeo per la politica energetica, Miguel Arias Cañete, ha usato il bastone e la carota durante un incontro con la ministra svizzera dell’energia Doris Leuthard, il 29 gennaio. Lo spagnolo ha infatti ventilato la possibilità di «un accordo provvisorio» nel settore dell’elettricità, che permetterebbe alla Svizzera di accedere al mercato europeo dal primo luglio.
Cañete ha però posto come condizione la risoluzione di quei problemi istituzionali legati al dossier dell’elettricità, come la questione degli aiuti statali e della giurisdizione di sorveglianza. Ora spetta alla Svizzera fare il proprio passo. La ministra Doris Leuthard ha dichiarato che «non sarà facile», pur salutando questa «piccola apertura» nel muro dei bilaterali.
Questa via potrebbe però essere interrotta nuovamente se la Svizzera non riuscirà a trovare una soluzione euro-compatibile al grattacapo del 9 febbraio. In dicembre, infatti i Ventotto si sono riservati esplicitamente «il diritto di porre fine ai negoziati istituzionali e ad altri negoziati legati al mercato interno», nel caso in cui Berna violasse il sacrosanto principio della libera circolazione delle persone. Un vero e proprio rompicapo.
Le reazioni della stampa svizzera
La stampa svizzera non si mostra sorpresa dall’esito dell’incontro tra Sommaruga e Juncker a Bruxelles. La Neue Zürcher Zeitung (NZZ) constata che non vi è stato alcun riavvicinamento. Tra il Consiglio federale, costretto a rispettare il più possibile la volontà del popolo di porre un freno all’immigrazione e la Commissione europea, attaccata al principio fondamentale della libera circolazione, «le posizioni sono troppo distanti per intravvedere anche una minima possibilità di negoziazione», rileva dal canto suo Le Temps.
Malgrado l’accoglienza calorosa che Juncker ha riservato a Sommaruga, i quotidiani elvetici ritengono che le posizioni restano inconciliabili. La Liberté di Friburgo parla di un «bacio ingannevole degli europei alla Svizzera», mentre il Corriere del Ticino sottolinea la difficoltà di «negoziare ciò che non è negoziabile» e solleva qualche dubbio sulla strategia dell’Unione democratica di centro che dopo aver chiesto un’applicazione alla lettera del testo, ora accusa il governo di essere troppo rigido.
Un anno dopo il voto sulla cosiddetta “immigrazione di massa”, è giunto il momento di «seppellire le illusioni», commenta dal canto suo Der Bund. «Le due parti non hanno praticamente alcun margine di manovra (...). È raro vedere dei politici dichiarare in modo così poco diplomatico che le divergenze sono inconciliabili», conclude il quotidiano bernese.
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