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La diaspora svizzera in Francia ripercorre la sua storia marsigliese

stanza
Un pezzo di Svizzera nel cuore di Marsiglia. Il consolato ospita anche la "maison suisse", in cui le associazioni elvetiche della città si riuniscono. Nella foto: la sala del consiglio. swissinfo.ch

Per il loro 64esimo congresso, le associazioni svizzere di Francia si sono riunite il 26 e 27 aprile a Marsiglia. L''incontro annuale è stato l'occasione di ricordare la lunga storia che lega la Confederazione alla città francese.

La sala che accoglie la conferenza degli svizzeri e delle svizzere a Marsiglia assomiglia a tante altre. È sobria, grigia. La noia che sprigiona è in netto contrasto con l’attenzione che la quarantina di presidenti dei club svizzeri di Francia dedica alla presentazione in corso.

Dal pulpito, Paola Ceresetti, che guida la conferenza, presenta con entusiasmo e un leggero accento italiano la storia secolare che lega la Svizzera a Marsiglia. “La storia degli svizzeri di Marsiglia non è molto conosciuta. Tuttavia, hanno lasciato molte tracce”, dice.

Dalla fine del XVI secolo

Porta aperta sul mondo, la città di Marsiglia ha sempre attratto un gran numero di migranti. Anche gli svizzeri e le svizzere non sono sfuggiti alla sua attrattività e, alla fine del XVI secolo, vi si stabilì un’importante comunità elvetica.

A differenza di altri gruppi stranieri, gli svizzeri rappresentavano spesso manodopera qualificata e si sono fatti rapidamente una buona reputazione. Avevano un posto al sole nel commercio, al punto che alla fine del secolo, si contavano 171 persone con cittadinanza elvetica (di cui 157 protestanti) sul totale di 489 negozianti della città.

Con l’editto di Fontainebleau del 1685, re Luigi XIV proibì la religione protestante in Francia. Ma i negozianti elvetici avevano una tale importanza economica per la città che si tollerava la loro presenza.

Una delle più importanti famiglie di negozianti svizzera era la famiglia Zollikofer, originaria di San Gallo, che cambiò il nome in Solicoffre per passare più inosservata. La maggior parte delle persone non cambiarono mai la loro nazionalità e le famiglie restarono svizzere per generazioni.

Altri gruppi apparirono, come i marmisti e scalpellini ticinesi. Marsiglia era, in effetti, la porta di entrata della pietra. Lasciarono la loro impronta in diverse parti della città. Ad esempio, la fontana e gli altari di Dominique Fossati o le statue che adornano la parte bassa della scalinata della stazione Saint-Charles (la stazione principale) di Louis Bottinelly, discendenti proprio di scalpellini ticinesi.

Fontana
La Fontana Fossati si trova nel Primo arrondissement di Marsiglia. Picasa

A causa dell’importanza della comunità, la Confederazione aprì il consolato svizzero di Marsiglia nel 1799, poco dopo aver aperto il primo a Bordeaux.

L’età dell’oro

Il XIX secolo rappresenta l’età dell’oro per il porto di Marsiglia, che si sviluppò molto, ma anche per svizzeri e svizzere che arrivavano, restavano o partivano. Le donne giunsero sempre più numerose, spesso sole. Rappresentarono la maggioranza degli arrivi fino alla Prima guerra mondiale.

All’epoca, molti svizzeri e svizzere raggiunsero Marsiglia con l’idea di salpare verso le Americhe. Per numerosi di loro, tuttavia, il viaggio si fermò nella città francese, per mancanza di denaro o perché trovarono impiego in città e vi si stabilirono in modo duraturo.

A casa dell’afflusso di migliaia di compatrioti e compatriote tra la fine del XIX secolo e gli anni Venti, svizzeri e svizzere della città fondarono associazioni allo scopo di gestire gli arrivi, perpetrare l’identità elvetica e preservare la buona reputazione costruita nei secoli, sinonimo di prosperità per la comunità. Nacquero così la Societé suisse de bienfaisance, che esiste ancora oggi, ma anche la Fondation Helvetia-Massilia, il Cercle commerciale suisse, lo Stade helvétique (club calcistico), l’Harmonie suisse o ancora la Società di ginnastica degli svizzeri di Marsiglia.

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Ritorno in terra libera e neutrale

La diaspora elvetica conobbe un declino durante la Seconda guerra mondiale. Situata in zona libera (non occupata dalla Germania) fino al 1942, Marsiglia era una città rifugio che permetteva di emigrare più lontano. Numerose famiglie svizzere scelsero invece di tornare nel Paese d’origine, neutrale e libero.

Una delle grandi figure della Resistenza marsigliese è di origine svizzera. Berthe Albrecht Wilde, svizzera da arte di padre, è una delle sei donne nominate Compagnon de la Libération (Compagna della Liberazione). L’Ordre de la Libération fu istituito dal generale de Gaulle nel 1940 per ricompensare le persone o i collettivi militari e civili distintisi nell’opera di liberazione della Francia e del suo impero, si legge sul sito ufficiale dell’Ordine.

Una delle ultime impronte elvetiche nella storia di Marsiglia è la Cité radieuse, prototipo di un nuovo habitat sociale immaginato dall’architetto svizzero Le Corbusier. Uno degli edifici più controversi della città, è divenuto anche uno dei più emblematici.

Edificio
Iscritta nel patrimonio mondiale dell’UNESCO, la Cité radieuse è stata costruita tra il 1947 e il 1952. Contiene 337 appartamenti di 23 tipi diversi. tourisme-marseille.com

Oggi, circa 5’000 svizzeri e svizzere di Marsiglia si sono registrati presso il consolato. Si stima però che il numero di coloro che vi abitano sia circa il triplo.  

Traduzione: Zeno Zoccatelli

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