Permane il mistero sull’identità dell’agente segreto israeliano sotto processo a Losanna

Nemmeno la difesa conosce le generalità dell'agente dei servizi segreti israeliani (Mossad) sotto processo da lunedì davanti alla Corte penale federale. Tel Aviv ha chiesto ai giudici elvetici di mostrare "comprensione per queste circostanze".
L’uomo, di circa 46 anni, si è presentato davanti alla più alta autorità penale elvetica sotto lo pseudonimo già conosciuto di Issac Bental. In un documento trasmesso dalla difesa, la procura generale
israeliana invita la Corte ad accontentarsi di quest’identità, per evitare che la vita dell’imputato sia messa in pericolo, e ha peraltro promesso che l’agente non metterà mai più piede in Svizzera dopo il processo.
Per evitare un errore di persona, il presidente della Corte Hans Wiprächtiger ha nondimeno chiamato alla sbarra due agenti federali, che parteciparono agli interrogatori dell’imputato al momento del suo arresto due anni fa. Entrambi hanno confermato «senza ombra di dubbio» che si tratta della medesima persona.
Tuttora alle dipendenze del Mossad, l’agente ha indicato di essere entrato di propria volontà nei servizi segreti israeliani per contribuire alla sicurezza del suo paese, che «viveva allora nel terrore».
Interrogato in proposito dal presidente della Corte, l’imputato ha anche dichiarato di non aver mai commesso atti contrari alla dignità umana. Ha invece pienamente riconosciuto di aver partecipato, nel febbraio del 1998, alla missione segreta volta ad intercettare le conversazioni telefoniche di un libanese residente alla periferia di Berna, sospettato di intrattenere legami con Hezbollah.
L’agente segreto ha pure ammesso di essere entrato a più riprese in Svizzera provvisto di documenti d’identità falsi.
Date queste confessioni, la Corte, la difesa e il pubblico ministero hanno deciso di accelerare il procedimento, rinunciando all’esame dei mezzi di prova raccolti durante l’istruttoria. Viene invece mantenuto l’interrogatorio di un esperto in elettronica e di tre testimoni, fra i quali il libanese vittima del tentativo di spionaggio. Quest’ultimo ha fra l’altro ritirato la sua denuncia dopo aver concluso un accordo extragiudiziale sul piano civile con la parte avversa.
Accusato di atti compiuti senza autorizzazione per conto di uno Stato estero, spionaggio politico, tentata intercettazione e registrazione di conversazioni estranee e ripetuta falsità in documenti, l’agente rischia una pena massima di quattro anni di reclusione.
Il «James Bond» israeliano fu arrestato a Berna nel febbraio 1998 dopo essere stato colto in flagrante mentre, assieme a quattro altri agenti, stava istallando apparecchiature per intercettazioni telefoniche nelle cantine dell’edificio dove abitava il libanese.
Mentre gli altri agenti furono liberati quasi subito, l’interessato trascorse due mesi in detenzione preventiva. Fu rilasciato in cambio del versamento di una cauzione di tre milioni di franchi e la promessa di presentarsi al processo.
swissinfo e agenzie

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