
La Svizzera ritira il suo sostegno alla promozione della democrazia in Bangladesh

Promuovere la democrazia nel mondo è uno degli obiettivi della Svizzera. Allo stesso tempo, però, la Confederazione intende destinare sempre meno risorse a questo scopo. Un esempio concreto di cosa significhi questa scelta arriva dal Bangladesh.
JJiyana Madrajee è un attivista per la democrazia. Originario della regione di Sylhet, nel nord-est del Bangladesh, è cresciuto in una famiglia di raccoglitori di tè. Appartenente alla minoranza hindu Telugu, Madrajee rappresenta un profilo comune tra i lavoratori e le lavoratrici delle piantagioni: queste ultime furono create durante il periodo coloniale britannico, e gli operai furono trasferiti da altre regioni dell’India britannica.

Oggi, a 26 anni, Madrajee è membro dello Youth Forum, un’organizzazione di base attiva nella sua regione che, dalla fine del 2023, si impegna affinché chi lavora nelle piantagioni possa esercitare i propri diritti politici. Questo impegno è stato possibile anche grazie al sostegno svizzero, poiché il progetto beneficia del contributo elvetico per promuovere la democrazia. Ma probabilmente non ancora per molto.
La promozione della democrazia a livello globale è un mandato sancito dalla Costituzione federale e parte integrante della politica estera della Svizzera. Di conseguenza, rientra anche nella cooperazione allo sviluppo.
Tuttavia, come molti altri Stati europei, la Svizzera intende aumentare le spese per la difesa, riducendo al contempo i fondi destinati agli aiuti internazionali. Per il Bangladesh, le conseguenze sono significative: la Confederazione ha deciso di interrompere completamente la cooperazione bilaterale allo sviluppo con il Paese asiatico entro la fine del 2028, compresa la promozione della democrazia.
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Alla fine del 2024, circa tre quarti della popolazione mondiale vivevano in regimi autoritari, una percentuale simile a quella del 1986. Il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) parla di una “recessione democratica”.
Per questo motivo, secondo le nuove linee guida, la Svizzera intende concentrarsi sulla “resilienza delle democrazie consolidate, stagnanti o in declino”.
Secondo molti osservatori, il Bangladesh rientrerebbe in questa definizione. Nell’estate del 2024, dopo una rivolta sanguinosa, è stata rovesciata la lunga leadership della premier Sheikh Hasina, che con il passare degli anni aveva assunto una posizione sempre più autoritaria. Durante il suo mandato, la situazione democratica del Paese si era notevolmente deteriorata. Dal 2024, il Bangladesh è guidato da un Governo di transizione presieduto dal premio Nobel per la pace Muhammad Yunus.
Il Bangladesh risponderebbe dunque ai criteri stabiliti dal DFAE. Tuttavia, proprio in questa fase critica, sembra che il sostegno alla democrazia verrà interrotto.
L’impatto dell’attivismo democratico
Il tè è uno dei principali prodotti agricoli d’esportazione del Bangladesh. Circa mezzo milione di persone lavorano nelle oltre 160 piantagioni del Paese. I raccoglitori e le raccoglitrici (più di due terzi sono donne) ricevono il salario giornaliero stabilito dallo Stato: 170 Taka (circa 1,25 franchi svizzeri). Una cifra estremamente bassa, anche per gli standard locali.
“Le persone che lavorano nelle piantagioni vivono come schiavi moderni”, afferma Madrajee. Secondo lui, i proprietari, i politici locali e i sindacati opprimono i lavoratori e le lavoratrici, non solo in termini di retribuzione e diritti, ma anche sul piano politico: “In passato, i raccoglitori e le raccoglitrici dovevano votare tutti insieme, naturalmente per i candidati e i partiti indicati da chi dirige la piantagione”.
Dopo la rivolta dell’estate scorsa, Madrajee ha notato un cambiamento significativo: “Prima le autorità locali non ci prendevano sul serio. Ora ci ascoltano quando parliamo con loro.”
Attualmente, il panorama politico del Bangladesh è in evoluzione, e anche i cambiamenti demografici giocano un ruolo importante: l’età mediana è di 26 anni, e la rivolta dell’estate è stata guidata principalmente dalle giovani generazioni. “I giovani in Bangladesh sono molto dinamici e numerosi. Dovremmo essere una forza trainante per questo Paese”, afferma Madrajee.
Tuttavia, probabilmente dovranno continuare senza il sostegno svizzero: lo Youth Forum collabora con l’organizzazione Rupantar, attiva in tutto il Paese nel supporto a iniziative simili e attualmente finanziata dalla Svizzera. Questo sostegno terminerà a marzo 2026. L’organizzazione ci ha confermato che la prosecuzione del progetto senza il contributo elvetico è in dubbio.
Alla fine del 2024, il Parlamento svizzero ha deciso di operare tagli consistenti alla cooperazione allo sviluppo: nei prossimi tre anni si prevede di risparmiare quasi 450 milioni di franchi. L’aiuto bilaterale all’Ucraina, invece, sarà aumentato.
Anche il Bangladesh è interessato da questa decisione. I tagli prevedono la cessazione dell’impegno svizzero in Bangladesh a partire dal 2029. Il Governo scriveCollegamento esterno: “Questa decisione si basa su un esame delle reali esigenze sul campo, sugli interessi (diplomatici ed economici) a lungo termine della Svizzera e sul valore aggiunto della cooperazione internazionale svizzera rispetto al contributo di altri Paesi”.
La Svizzera è attiva in Bangladesh con progetti di sviluppo da cinque decenni e in questo periodo ha speso più di un miliardo di franchi.
Emergono le prime contraddizioni
Il futuro finanziamento del progetto resta aperto. Il DFAE ha indicato a Swissinfo che la promozione della democrazia sarà inclusa nel programma di transizione 2026–2028: “La Svizzera continuerà a impegnarsi per il rafforzamento della democrazia in Bangladesh nell’ambito di questo programma.”
Nel Paese si attende ora l’annuncio delle elezioni anticipate previste per il 2026, che potrebbero aprire un nuovo canale di collaborazione con la Svizzera. Secondo il DFAE, è possibile che la Confederazione partecipi a una missione di osservazione elettorale.
Articolo a cura di Benjamin von Wyl
Traduzione con il supporto dell’IA/mar

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