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Una storia di ordinaria tristezza

Un'istantanea che nasconde vicende dolorose Keystone

Un importante processo in corso a Zurigo mette in evidenza un quadro di violenza e miseria umana: le vittime, costrette a prostituirsi, subiscono un «assassinio sociale ed emozionale», secondo la procuratrice Silvia Steiner.

Silvia Steiner sa di cosa parla. In qualità di magistrata – giudice d’istruzione specializzata nei casi di criminalità organizzata – si è già occupata più volte di tratta delle donne e di incitamento alla prostituzione.

Il processo di Zurigo concerne venti cittadini ungheresi e una persona di nazionalità rumena, accusati in seguito a un’operazione di polizia conclusasi nel mese di giugno.

Durante la sua requisitoria, nel quadro di uno dei maggiori processi – visto il numero di vittime pronte a testimoniare (16) – di questo genere tenutisi finora in Svizzera, la donna ha dichiarato che gli autori dei reati hanno commesso un vero e proprio assassinio: «Con tutta probabilità, nessuna di queste ragazze sarà più in grado di avere una vita quotidiana normale. Si tratta di veri e propri morti viventi».

Scena aperta

A Zurigo, la prostituzione sta diventando sempre più visibile, segnatamente lungo il Sihlquai, una strada di forte traffico dietro la stazione: gli abitanti del quartiere si sono d’altronde già lamentati per i disagi causati dal fenomeno.

La prostituzione autorizzata – le cittadine straniere possono esercitarla se sono indipendenti e se dispongono di un’autorizzazione di tre mesi all’anno – è infatti messa a dura prova dalle attività criminali che la città e il cantone di Zurigo faticano ad arginare.

Violenze d’ogni genere

Dai dibattiti in tribunale emerge un vero e proprio film dell’orrore: secondo Silvia Steiner, le violenze descritte dalle vittime sono tali – e talmente traumatizzanti – da lasciar supporre che i testimoni ne abbiamo omesso una parte, vista la difficoltà a rievocarle.

Oltre alla tratta di esseri umani e all’incitamento alla prostituzione, le accuse comprendono infatti l’interruzione di gravidanza a calci, le lesioni corporali, la messa in pericolo della vita altrui nonché diverse e reiterate infrazioni alla legge federale sugli stupefacenti e alla legislazione relativa al soggiorno degli stranieri.

Nate povere

Provenienti da ambienti estremamente poveri, senza istruzione e prive di prospettive per il futuro, alcune ragazze sono giunte in Svizzera volontariamente, attirate dalla promessa di facili guadagni e dalla possibilità di aiutare le famiglie a distanza.

«L’introduzione della libera circolazione delle persone – e la fine dell’obbligo dei visti per le persone provenienti da paesi come la Romania – ha facilitato estremamente il compito dei criminali», spiega Eva Zwahlen, portavoce della polizia federale. «Per quanto concerne la tratta di esseri umani, la Confederazione resta un paese molto attrattivo poiché possono essere realizzati profitti importanti con rischi minimi dal profilo penale», aggiunge.

Arsenale sufficiente

Il Centro di assistenza ai migranti e alle vittime della tratta delle donne (FIZ) si appresta a inaugurare a Zurigo una struttura protetta per accogliere le donne in questione; un posto di lavoro – per il quale la conoscenza dell’ungherese costituisce titolo preferenziale – è inoltre stato messo a concorso.

Doro Winkler, attiva presso il FIZ, ritiene adeguato l’arsenale giuridico offerto dalla legislazione elvetica: «La legge contiene una buona definizione della tratta di esseri umani, e le sanzioni possono essere pesanti». A suo parere, «si constata tuttavia una mancanza di sensibilità da parte di certi tribunali nel riconoscere la gravità di questi crimini. Speriamo dunque che dal processo di Zurigo scaturisca un segnale forte».

In futuro un nuovo e importante elemento potrebbe aggiungersi alle risorse già esistenti: i testimoni dovrebbero infatti poter beneficiare di un’apposita legge destinata a proteggerli, attualmente in corso di elaborazione.

A Zurigo, le vittime che testimonieranno al processo saranno in ogni caso tutelate nel quadro di un programma di protezione dei testimoni. «Se necessario, riceveranno una nuova identità e una nuova esistenza», assicura Silvia Steiner.

Come Sisifo

La giustizia sembra però confrontata a un lavoro degno di Sisifo: «Quando si arrestano cinque persone, il giorno seguente ve ne sono cinque altre», commenta amaramente la giudice, evidenziando che il fenomeno è simile in tutte le altre grandi città europee.

Ciononostante, Silvia Steiner non perde la speranza: «Forse il processo servirà a far capire ai potenziali clienti che le prostitute del Sihlquai non sono giovani ragazze allegre vestite in modo colorato, ma vittime di metodi estremamente brutali».

Ariane Gigon, Zurigo, swissinfo.ch
(traduzione e adattamento: Andrea Clementi)

La Svizzera è interessata dal fenomeno della tratta di esseri umani in quanto paese di destinazione e di transito.

Stando alle stime dell’Ufficio federale di polizia, in Svizzera opererebbero 14’000 prostitute, la metà delle quali illegalmente. I tre quarti di loro sono straniere.

La maggior parte delle vittime dello sfruttamento sessuale provengono da Ungheria, Romania, Bulgaria, Brasile, Repubblica dominicana, Thailandia, Nigeria e Camerun.

Il reclutamento delle vittime avviene spesso attraverso contatti familiari o amicizie, tramite annunci di lavoro, di agenzie di viaggio, di agenzie matrimoniali o interinali.

Un’altra tecnica impiegata dai criminali consiste nel fingersi innamorati della vittima. La tratta di esseri umani può anche scaturire da un rapimento violento.

Le tecniche per assoggettare le vittime sono molteplici e spaziano dalle minacce, rivolte alla vittima o ai suoi familiari, alla sottrazione dei documenti di viaggio o dei proventi dell’attività esercitata fino alla minaccia di punizioni in caso di mancata osservanza degli ordini impartiti.

Nel 2008, il Centro d’informazione sulla migrazione e sulla tratta delle donne di Zurigo ha fornito consulenze a 160 vittime della tratta delle donne.

Fonte: Servizio di coordinazione contro la tratta di esseri umani e il traffico di migranti (SCOTT, Ufficio federale di polizia).

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