
32 visioni diverse del paradiso

Visioni del paradiso: all'Istituto svizzero di Roma una trentina di artisti svizzeri e italiani si cimentano con l'ambizioso tema, tentando di dare forma al sublime.
Con dipinti, fotografie e istallazioni, la mostra offre fino al 15 luglio un’occasione di dialogo e di riflessione su un tema universale, interpretato da culture diverse.
Minacciosi corvi, in legno bruciacchiato, sul terrazzo dell’ istituto. Sarà questo il paradiso? Così sembrano pensarlo Lutz & Guggisberg (Andres Lutz e Anders Guggisberg), i due giovani artisti residenti a Zurigo che amano unire il loro talento creativo.
Ma è inutile, girando per le molte sale o nel parco di Villa Maraini, o ancora arrampicandosi sui terrazzi, cercare di ritrovare il proprio paradiso. Ognuno ha il suo, e se lo immagina come meglio crede.
“Nessuno è mai tornato per raccontacelo” dice a swissinfo l’artista ginevrino Gerald Minkoff. “Ognuno di noi, di fronte al tema affidatoci, ha pescato nella propria memoria, cultura, esperienza, dando vita, plasticamente, al proprio paradiso”.
Sfida, tutt’altro che scontata, quella lanciata da Domenico Lucchini e Karin Frei, i due curatori della rassegna: mettere attorno allo stesso tavolo, oltre trenta artisti di culture, lingue e esperienze diverse.
Paradiso diabolico
“Il punto di partenza”, ci dice Lucchini, è il parco di Villa Maraini.Un parco splendido, con uno fra i panorami più belli di Roma. Un piccolo eden dentro il quale, ogni artista era chiamato a confrontarsi.
“C’è chi ha giocato sul termine paradiso, affidandosi ai riferimenti classici come il serpente, la mela, Adamo e Eva”, ci dice Lucchini. “Chi invece, ha percorso strade completamente diverse, dando un’interpretazione addirittura infernale, diabolica del tema”.
In mezzo al parco, la roulotte in plexiglas, completamente trasparente e riempita di cactus di Loris Cecchini. Un elemento che galleggia sul grande prato. Onirico e invitante come un paradiso, ma pieno di insidie, (le spine dei cactus) pronte a pungere.
Allora, meglio andare oltre, e cercare un approdo più sicuro al paradiso. Ma nemmeno il dipinto ” la porta stretta” di Piero Pizzi Cannella è più rassicurante. Anche da qui non si passa:troppo buio, troppo minaccioso.
Disorientamento e stupore
Insomma, “Visioni di Paradiso”, è una mostra che trascina, disorienta, stupisce. Nulla è scontato.
Se le foto tranquillizzanti dei boschi di faggio (Paola Di Bello) evocano un paradiso in terra fin troppo evidente, più integrante risulta il paradiso off-shore di Minkoff: una struttura nel bel mezzo della fontana.
“Il paradiso off-shore è un luogo che sfugge agli obblighi fiscali” ci dice Minkoff. “Per estensione, lo si può definire come una situazione al di là delle frontiere e dei limiti fisici o virtuali”.
Così, un remo appoggiato sugli arbusti in mezzo alla fontana, ornato con un foglio dorato, diventa un’insegna, uno specchio per le allodole. Alcuni dvd, sparsi per la fontana, amplificano l’effetto specchio. Dentro, contengono tutte le informazioni sul paradiso.
Ma ancora, le sdraio in materiale riciclato di Chris Murner. Un segnale che se non si corre ai ripari, il paradiso diventerà un inferno di rifiuti ingovernabile.
Enzo Cucchi, con il suo Picasso gelato, fa trascinare da un minuscolo Sisifo, un’enorme testa fino ai margini della lunga tela. Quasi volesse sbarazzarsi di una presenza ancora troppo ingombrante del mito. Via dal paradiso?
Mostra enigmatica
La mostra, dunque, non lascia tregua e non fornisce nessuna risposta. Piuttosto propone continuamente nuovi enigmi.
“Era il nostro obbiettivo” ci dice Lucchini. Provocare, stupire lo spettatore. Questa mostra è la prima grande rassegna che proponiamo da quando l’Istituto svizzero ha cambiato pelle. Non è stata un’impresa facile. Mettere assieme tanti artisti diversi, farli lavorare in comune, far loro scegliere lo spazio dove costruire la loro opera. Ma è quello che volevamo, anche per dare una nuova visibilità all’Istituto, che intende aprirsi sempre di più alla città”.
Sulla torre più alta, quasi a toccare l’infinito, un letto da riservare a ore direttamente in segreteria. Il viatico è un lenzuolo, un sacchetto per i rifiuti, un portacenere. Lassù, nel punto più alto di Roma, per due ore, ci si può chiudere dietro il mondo. Da solo o con qualcuno, poco importa. Il paradiso… può attendere, questo il messaggio di un’opera presentata dall’artista Norma Jeane.
swissinfo, Paolo Bertossa, Roma
L’Istituto svizzero di Roma fu fondato nel 1947, grazie alla donazione alla Confederazione del palazzo Villa Maraini da parte di Carolina Maraini-Sommaruga.
Nel suo lascito, la Contessa chiese che la sede fosse posta “perpetuamente al servizio della cultura, nel segno della collaborazione tra la Svizzera e l’Italia”.
Nei decenni seguenti l’Istituto ha cercato tra l’altro di far conoscere la molteplicità artistica e culturale della Svizzera, aprendo le porte a giovani artisti e musicisti.
Nel 2004, il Consiglio di fondazione ha approvato una nuova strategia, sostenuta tra l’altro da Pro Helvetia e dalla Segreteria di Stato per l’educazione e la ricerca.
L’Istituto, che collabora con il Centro culturale di Milano e lo Spazio culturale di Venezia, è diventato da allora la sede principale di promozione della cultura svizzera in Italia.
La mostra “Visioni del Paradiso” può essere visitata all’Istituto svizzero di Roma fino al 18 luglio.
L’esposizione propone le opere di Emmanuelle Antille, Atelier Oi, Daniele Buetti, Pizzi Canella, Davide Cascio e Linda Cuglia, Loris Cecchini, Enzo Cucchi, Paola Di Bello, Sonja Feldmeier, Sylvie Fleury, Myriam Fruttiger, Flor Garduño, Piero Gilardi, Nic Hess, Norma Jeane, Zilla Leutenegger, Lutz & Guggisberg, Gérald Minkoff/Muriel Olesen, Victorine Müller, Not Vital, Mimmo Paladino, Mai Thu Perret, Philippe Rahm, Sara Rossi, Kerim Seiler, Steiner & Lenzlinger, Bianco & Valente, Costa Vece.

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