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Henry Dunant, i 175 anni di un mito

Henry Dunant nel 1895. Croix rouge

L'8 maggio la Croce rossa svizzera ricorda i 175 anni dalla nascita di Henry Dunant.

Personaggio visionario ma anche controverso, Dunant fu l’ispiratore della Croce rossa. La costruzione e soprattutto il consolidamento dell’organizzazione furono però opera di altri.

La figura di Henry Dunant (1828-1910) è legata indissolubilmente alla fondazione della Croce rossa, considerata una sua creatura.

In effetti, il libro che Dunant dedicò alla battaglia di Solferino – un episodio della guerra d’indipendenza italiana da lui vissuto in prima persona – ebbe un ruolo fondamentale nella nascita dell’organizzazione.

Apparsi in francese nel 1862, i “Ricordi di Solferino” ebbero un’eco enorme. Dunant vi proponeva la creazione in tutti i paesi di associazioni di soccorso per i feriti di guerra, basate su “principi internazionali vincolanti.”

L’idea trovò subito il sostegno del giurista Gustave Moynier, presidente della Società di pubblica utilità di Ginevra, alla cui iniziativa si deve la creazione nel 1863 del Comitato internazionale di soccorso ai militari feriti (dal 1875 Comitato internazionale della Croce rossa, CICR).

Gustave Moynier, figura centrale per la Croce rossa

Moynier ebbe un ruolo decisivo, insieme al generale Guillaume-Henry Dufour e al consigliere federale Jakob Dubs anche nella fondazione della Croce rossa svizzera nel 1866.

“È Moynier che ha concepito la Croce rossa, che l’ha costruita e diretta per 47 anni”, osserva Jean de Senarclens, giurista, autore della voce “Dunant” nel Dizionario storico della Svizzera e di un ampio studio su Gustave Moyner.

“Egli ripeteva però spesso che nessuno doveva attribuirsi la gloria esclusiva di aver fondato l’organizzazione.”

Dunant, un abile ambasciatore

Dopo il 1863, il ruolo di Henry Dunant fu soprattutto quello di ambasciatore dell’organizzazione. “Dunant svolse con efficacia una funzione che oggi si definirebbe di capo delle relazioni pubbliche”, riassume de Senarclens.

La sua capacità di creare una rete di contatti che andava dalla corte di Berlino a quella di Napoleone III fu determinante per il successo della Croce rossa. Anche la conferenza diplomatica di Ginevra del 1864, da cui scaturì la prima convenzione di Ginevra, seguiva un suo esplicito desiderio.

Lo scandalo del Crédit genevois

Il lavoro di Dunant all’interno della Croce rossa finì però bruscamente nel 1867. In seguito al fallimento del Crédit genevois, in cui sedeva in qualità di consigliere d’amministrazione e che finanziava le sue attività economiche in Algeria, avviate fin dal 1853, fu condannato per bancarotta fraudolenta dalla giustizia ginevrina.

Per Dunant seguirono anni difficili, segnati per lunghi tratti dalla miseria. Solo verso la fine del XIX secolo la sua figura cominciò ad essere riscoperta. La definitiva riabilitazione giunse nel 1901, con l’attribuzione del premio Nobel per la pace.

Il mito Dunant

Da allora, e soprattutto dopo la morte nel 1910, la figura di Dunant, ormai considerato a tutti gli effetti “padre della Croce rossa”, assunse sempre più i contorni del mito.

“Gli anni di miseria e di oblio ne hanno fatto una sorta di martire”, osserva criticamente de Senarclens.

“Del resto lui stesso ha lavorato alla propria glorificazione, soprattutto con le memorie pubblicate in tedesco da Rudolf Müller nel 1897, memorie che sono alla base della candidatura al Nobel.”

“Non bisogna però farne un ritratto a tinte fosche”, avverte il giurista. Dunant ha avuto molti meriti, primo fra tutti quello di aver scritto un libro, i “Ricordi di Solferino”, che come pochi altri ha saputo scuotere le coscienze.

swissinfo, Andrea Tognina

Tratto fondamentale del carattere di Henry Dunant era una forte religiosità calvinista, influenzata dal cosiddetto Risveglio protestante del XIX secolo.

Nel 1852 partecipò alla fondazione della sezione ginevrina dell’Unione cristiana dei giovani (UCG) e nel 1855 fu tra i principali promotori della federazione mondiale dell’UCG a Parigi.

Le sue convinzioni religiose, che tendevano ad assumere toni profetici e spesso apocalittici, lo condussero nella seconda metà della sua vita su posizioni apertamente pacifiste e molto critiche verso il nazionalismo.

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