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Una storia da accettare

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La stampa svizzera ha reagito in modo complessivamente positivo alla pubblicazione del rapporto finale della commissione Bergier. Anche se non mancano alcune critiche.

I dibattiti sulla storia della Svizzera durante il nazismo che hanno preceduto e accompagnato la nascita della Commissione indipendente di esperti Svizzera-seconda guerra mondiale (CIE) hanno lasciato il segno nella società svizzera e, di riflesso, nella stampa.

Come nota nel suo commento il Tages Anzeiger, “la commissione, finanziata dallo stato scrive cose che vent’anni fa avrebbero interrotto la carriera di uno storico.” Ma oggi, scrive ancora il quotidiano, “molti svizzeri hanno sviluppato un approccio razionale con un passato difficile.”

Anche i giornali, si potrebbe aggiungere, hanno imparato ad affrontare con sobrietà la complessità della storia, anche se non mancano le ingenuità. Un esempio dalla Berner Zeitung: “Per noi, che siamo nati dopo, è enormemente importante sapere come sono andate le cose.” Un positivismo a cui risponde, idealmente, Le Temps: “Non c’è una verità definitiva nella storia – così come non c’è nelle altre attività dello spirito.”

Lodi, ma anche critiche

Complessivamente il giudizio della stampa sul rapporto Bergier è positivo. “Come non essere fieri, oggi, di far parte di un paese capace di guardare al suo passato senza compromessi”, scrive ad esempio il quotidiano romando 24heures, che aggiunge: “Grazie a questa gigantesca opera di reinterpretazione della storia svizzera, il dibattito può essere oggi ancora più ampio.”

Il bernese Bund nota che dal rapporto Bergier non si può distillare un giudizio univoco, sottolineando però che “non si tratta di un punto debole, né di una posizione di compromesso, ma è la conseguenza del tentativo di rappresentare in tutta la sua complessità il comportamento della Svizzera durante la guerra.” E il Blick titola “Ne è valsa la pena: il rapporto Bergier chiarisce molte cose.”

Dal canto suo, Il Giornale del popolo rileva l’importanza del fatto che la Svizzera abbia nominato una commissione indipendente per far luce sul proprio passato, dotandola di un ampio mandato. “Questo gesto coraggioso fa onore al governo svizzero: riconoscere i propri errori è virtù rarissima nella storia degli Stati.”

Non mancano tuttavia osservazioni critiche. Il Corriere del Ticino nota ad esempio: “La commissione non ha sempre lavorato in un clima sereno”, e si chiede “è sereno il giudizio storico che emana da quella ricerca?”

Severo il giudizio della Neue Zürcher Zeitung, che dedica amplissimo spazio dal rapporto finale della commissione. La NZZ ritiene carente in alcuni punti il lavoro della CIE, in primo luogo perché presenta la prospettiva delle élite e delle vittime, ma non quella della popolazione svizzera, e perché “l’approccio dei ricercatori è troppo accusatorio” nei confronti dell’economia. E invita a non farsi illusioni sulle capacità del rapporto di influire sulla coscienza storica collettiva: “Non esiste un popolo, e non esisterà neppure in futuro, che non costruisca la propria identità su una visione tendenzialmente eroica del proprio passato.”

Luci e ombre della storia

Accanto alla valutazione complessiva del ruolo e dell’importanza del lavoro della commissione Bergier, la stampa svizzera si china anche sui vari aspetti della storia svizzera che emergono dal rapporto. Dimostrando anche qui che ai toni infuocati del dibattito di alcuni anni fa si è sostituito uno sguardo sobrio sulla storia, che prende atto delle zone d’ombra.

“Gli storici non sono giudici”, titola ad esempio la Basler Zeitung, che riassume i punti salienti del rapporto in questi termini: “Con la sua politica restrittiva verso i profughi, la Svizzera ha senza dubbio mancato di assumersi le sue responsabilità. D’altro canto gli spazi di manovra nella politica economica e nell’approvvigionamento del paese appaiono oggi forse maggiori di quanto non apparissero nel 1940/41.”

Una capacità questa di accettare la storia svizzera che indica l’abbandono dell’idea del Sonderfall, del particolarismo svizzero. “Il rapporto Bergier smonta definitivamente il Sonderfall morale costruito dalla Svizzera ufficiale dopo la guerra”, osserva il Bund, esprimendo però la speranza che l’approccio più rilassato con la propria storia “non significhi indifferenza.”

Andrea Tognina

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