 
Digitalizzazione cauta, un vantaggio per la democrazia? Approcci estoni e svizzeri a confronto
 
Un nuovo studio dell'Università di Basilea mostra che una digitalizzazione graduale e lenta come quella promossa in Svizzera protegge la democrazia da minacce interne ed esterne. L'Estonia, Paese pioniere del digitale, ha invece seguito un percorso diverso. Quali lezioni trarre da queste due strategie?
La Svizzera non è considerata un’apripista in fatto di digitalizzazione. All’inizio della pandemia di coronavirus, molte persone erano sorprese e scioccate dal fatto che i medici inviassero via fax i loro rapporti sui casi di contagio all’Ufficio federale della sanità pubblica. Il quotidiano zurighese Neue Zürcher Zeitung definì l’episodio “il running gag della pandemia”.
Da allora si sono fatti alcuni passi avanti. Tuttavia, la strada verso la digitalizzazione è lenta. Alcuni esperti ed esperte imputano questa lentezza al sistema federalista e alla democrazia diretta. Infatti, nella Confederazione i processi richiedono tempo.
Nel parametro di riferimento per l’eGovernment 2023Collegamento esterno si leggeva che “in molti Paesi europei l’autenticazione con l’e-ID è quasi altrettanto comune quanto l’uso del passaporto fisico”. L’Estonia, Paese pioniere in questo ambito, ha introdotto la carta d’identità elettronica già nel 2002. In Svizzera, la decisione sull’introduzione di un documento digitale è prevista per la fine di settembre 2025.
 
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Questa lentezza potrebbe rivelarsi un vantaggio. “Una digitalizzazione cauta e decentralizzata può proteggere la democrazia in Svizzera”, afferma Christian R. Ulbrich, co-direttore del centro di ricerca e-PIAF dell’Università di Basilea, specializzato in digitalizzazione dello Stato e dell’amministrazione.
Maggiore attenzione grazie a Doge ed Elon Musk
Nella prima metà di quest’anno, Elon Musk in qualità di imprenditore privato ha assunto un ruolo speciale all’interno del Governo degli Stati Uniti. Con la sua squadra era alla guida del cosiddetto DOGECollegamento esterno e aveva il compito di individuare potenziali margini di risparmio nella spesa pubblica.
Per farlo ha collegato diverse banche dati governative esistenti, mostrando scarsa sensibilità in materia di diritto alla privacy. Infatti, ci si aspetta un altro tipo di gestione dei propri dati da parte dello Stato.
 
Secondo Ulbrich, questo caso ha aumentato la consapevolezza rispetto alla protezione delle infrastrutture digitali: oltre che da attacchi esterni vanno difese anche da attori malintenzionati del proprio Paese.
Perché seve una “digitalizzazione compatibile con la democrazia”?
“In molti Paesi osserviamo forti correnti populiste, che non considerano il sistema democratico come un bene prezioso, bensì come un nemico”, osserva Ulbrich. Cosa succederebbe se queste forze dovessero prendere il sopravvento? “Credo che uno dei compiti principali di un sistema democratico sia distribuire il potere su più istituzioni, evitando che sia in mano a pochi”.
Questo principio viene ricordato nella prima parte del monitoraggioCollegamento esterno sulla “digitalizzazione compatibile con la democrazia dello Stato” recentemente pubblicato dal team di Ulbrich. Lo studio mette a confronto il grado di digitalizzazione delle autorità, del Governo, del Parlamento e della giustizia in quattro democrazie liberali: Svizzera, Germania, Regno Unito ed Estonia.
L’Estonia fa parte di questa selezione perché è considerata un modello. L’ex repubblica sovietica ha digitalizzato il 100% dei suoi servizi amministrativi e applica il principio only once: il cittadino e la cittadina devono comunicare solo una volta un’informazione alle autorità, dopodiché lo Stato può sempre consultare quel dato. In Svizzera non si conosce ancora una simile procedura.
Telecamere per il riconoscimento automatico delle targhe in Estonia
La carta d’identità elettronica viene presentata sul portale e-EstoniaCollegamento esterno come “la pietra miliare di una società digitale senza soluzione di continuità”. “Abbiamo costruito una società digitale e possiamo mostrarvi come”, si legge sul sito, uno slogan destinato a un pubblico internazionale. Allo stesso tempo, però, sembra che alcune questioni non siano state discusse a fondo in Estonia e che debbano essere affrontate a posteriori.
La polizia, spesso tramite le autorità locali, ha installato su tutto il territorio nazionale oltre duecento telecamere per il riconoscimento automatico delle targhe. “Un sistema di telecamere di questa portata […] in Estonia non è mai stato oggetto di discussione, né nella società né a livello del Riigikogu [il Parlamento estone]. Inoltre, un simile sistema non è menzionato in nessuna legge”, ha scritto la piattaforma di servizio pubblico ERRCollegamento esterno. Nel corso del dibattito politico, che si è sviluppato quest’anno, la polizia è stata incaricata di utilizzare i dati raccolti solo in modo restrittivoCollegamento esterno.
 
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Credito sociale, un rischio per democrazie come quella svizzera?
Nel Democracy Monitor condotto dal team di Ulbrich, l’Estonia ha ottenuto il miglior risultato tra i quattro Paesi esaminati. Ci sono però alcuni aspetti che suscitano grandi perplessità. Ad esempio, “il sistema estone potrebbe essere utilizzato per fini (antidemocratici)” e “a svantaggio dei cittadini”.
Secondo Ulbrich, all’Estonia va comunque “riconosciuto” che è riuscita a precorrere i tempi e a “costruire qualcosa di straordinario con la tecnologia e le conoscenze disponibili all’epoca”.
È facile perdere il controllo del sistema?
 
Ci sono però alcuni punti d’accesso critici. Ulbrich si è chiesto: cosa succederebbe se un malintenzionato provasse a sfruttarli? In Estonia, l’esperto ha individuato un grande registro centrale della popolazione, dove sono raccolti dati sensibili come indirizzo, legami familiari e informazioni personali.
Tutti questi dati sono collegati a un numero identificativo unico, stampato anche su documenti cartacei, che funge da chiave per molte procedure. “Tutte le autorità lo possiedono, perché è l’identificatore per molte informazioni. E allora mi chiedo naturalmente: oggi non sarebbe meglio implementarlo in modo più sicuro contro gli abusi?”, sottolinea Ulbrich.
La spina dorsale della digitalizzazione estone è X-Road. Si tratta di un sistema che combina software, norme giuridiche e principi e consente uno scambio sicuro e decentralizzato di dati via internet. “È vero che X-Road è decentralizzato, ma contiene due componenti: i servizi fiduciari e gli operatori. Chi controlla entrambi, controlla l’intero sistema”.
In Estonia, osserva Ulbrich, si è naturalmente consapevoli di questi rischi: quasi ogni richiesta può essere tracciata in un cockpit di protezione dei dati. “Ma se guardo la mappa mondiale e vedo chi acquista il sistema, è evidente che Paesi autoritari come l’Arabia Saudita non integreranno certamente la tutela della privacy”.
Come le autorità fiscali usano le nuove tecnologie
Per un certo periodo, Ulbrich ha lavorato come consulente aziendale presso PriceWaterhouseCoopers (PwC). In questo ruolo ha avuto la possibilità di osservare da vicino anche il lavoro delle autorità fiscali internazionali. Ciò che ha visto, racconta, è stato “incredibile”.
Ricorda, ad esempio, il caso del fisco messicano, che in gran segreto ha creato uno dei più grandi database biometrici al mondo. Oppure come in Francia, Spagna e Italia si impiegano le immagini satellitari e le riprese con droni per individuare piscine non dichiarate al fisco.
Secondo Ulbrich, l’introduzione di queste tecnologie segue sempre lo stesso schema: vengono inizialmente usate dai servizi di intelligence e dalla polizia, in seguito dalle autorità fiscali e infine dal resto dell’amministrazione pubblica.
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Cresce la sensibilità sulla protezione dei dati, anche a causa della Russia
In Estonia è l’autorità antiriciclaggio a trovarsi oggi al centro delle criticheCollegamento esterno. Aveva davvero il diritto di consultare i dati bancari di migliaia di personeCollegamento esterno?
“Il tenore del dibattito è leggermente cambiato”, spiega il politologo Mihkel Solvak, professore all’Università di Tartu. In passato, il Paese si presentava come una sorta di “Paese delle meraviglie digitale”. Ma alcuni “casi sorprendenti di furto di dati” hanno sollevato la domanda se non si stia condividendo “un po’ troppo”.
Il bisogno di dati di Musk negli Stati Uniti ha avuto una certa eco anche in Estonia, ma è la Russia, “il vicino ostile a est”, che viene guardata con un certo timore. “Ciò ha creato una certa opposizione nei confronti della creazione di nuove banche dati e del collegamento di quelle esistenti con sistemi di ricerca basati sull’intelligenza artificiale”, spiega Solvak.
Il fatto che lo Stato abbia utilizzato i dati “in misura maggiore rispetto a quanto fosse noto pubblicamente” ha rafforzato le voci critiche che chiedono controlli più severi e una maggiore vigilanza in materia di protezione dei dati.
Una possibile risposta, aggiunge Solvak, sarebbe l’estensione della protezione dei dati della piattaforma X-Road. “Non è stata applicata su tutto il territorio”, sottolinea. Per un breve periodo è stato possibile visualizzare tutte le richieste. “Si poteva accedere a un portale statale e verificare quali informazioni erano state consultate dalle diverse autorità statali e comunali e quali dati volevano conoscere”. All’epoca, il cockpit per la protezione dei dati era “il servizio digitale più utilizzato” e le ricerche hanno dimostrato che ciò contribuiva ad accrescere la fiducia dei cittadini.
Il dilemma della fiducia nella tecnologia
Secondo Mihkel Solvak, la questione cruciale in materia di digitalizzazione delle infrastrutture pubbliche è la fiducia. “Si ha un pezzo di tecnologia che dovrebbe garantire la sicurezza di un altro pezzo di tecnologia e in questo modo creare fiducia”, spiega il politologo.
In passato c’erano le ricevute e i documenti cartacei. “Oggi non è possibile controllare autonomamente i processi”. E questo meccanismo potrebbe essere esteso all’infinito: introdurre una tecnologia che controlla la sicurezza di un’altra tecnologia, che a sua volta ne controlla un’altra…
Il problema di fondo resta: “Devo semplicemente credere che questa parte di tecnologia difenda i miei interessi”. Per Solvak non esiste una soluzione definitiva, propone però un possibile approccio: “Coinvolgere più attori”.
 
In Estonia, dove si può votare online da vent’anni, “le persone non capiscono davvero come funzioni il voto elettronico”. Ma se la verifica dei risultati elettorali non fosse affidata a un solo ente, ma a più attori, magari con retroterra e prospettive diverse, la fiducia potrebbe essere rafforzata.
“Si tratterebbe in fondo di una modifica delle procedure, non di una nuova tecnologia”, osserva l’esperto, sottolineando che non sarebbe difficile da introdurre.
Lo Stato diventa “impotente” se non si digitalizza
Questa è una delle proposte del Democracy Monitor di Christian R.Ulbrich: ci sono soluzioni tecnologiche da cui è meglio tenersi alla larga. L’esperto di digitalizzazione dell’amministrazione critica la scelta del Regno Unito di migrare “tutti i poteri dello Stato (…) sul cloud di Microsoft”, rendendosi così dipendenti da un fornitore privato.
Secondo il rapporto, i veri strumenti per promuovere una digitalizzazione favorevole alla democrazia non sono le nuove tecnologie, bensì gli approcci organizzativi. Se tribunali, comuni e cantoni archiviano i loro dati autonomamente, ciò garantisce una buona protezione contro gli abusi. Eppure, lo studio rileva “una leggera tendenza verso una maggiore centralizzazione”. Nel complesso, la Svizzera è il Paese con “il maggior potenziale per una digitalizzazione compatibile con la democrazia”.
“Lo Stato è lento, ma a giusta ragione”, afferma Ulbrich. A differenza delle offerte private, lo Stato deve conquistare il consenso dell’intera popolazione. Allo stesso tempo, però, non può sottrarsi alla trasformazione digitale: “Se tutto il resto del mondo si digitalizza, anche lo Stato deve farlo, altrimenti diventa impotente”, ricorda l’esperto, concludendo che per questo motivo è fondamentale monitorare come avviene questa trasformazione.
 
Altri sviluppi
Identità digitale, l’approccio unico della Svizzera
Articolo a cura di Samuel Jaberg
Traduzione di Luca Beti
 
        In conformità con gli standard di JTI
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