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Crollano le speranze di trovare sopravvissuti nell’inferno di Manhattan

Con la diffusione quasi simultanea degli attacchi, i terroristi hanno dato una portata planetaria al loro messaggio di morte Keystone

Le fiamme si indeboliscono e la polvere si dirada sui resti del World Trade Center e sulle ferite del Pentagono, facendo comprendere all'America l'enormità delle conseguenze di quelli che il presidente George W.Bush ha chiamato "atti di guerra". Si rafforza la convinzione che il bilancio sarà nell'ordine di migliaia di cadaveri. Nel mirino dei terroristi vi erano anche la Casa bianca e L'Air Force One. L'Fbi, sulla pista araba, ha eseguito fermi a Boston e in Florida.

Il difficile recupero dei corpi

Manhattan è diventata una gigantesca isola pedonale e la zona a sud della città, epicentro del disastro, è un’area di guerra. Le ruspe sono al lavoro sui resti del World Trade Center, dove lavoravano 40mila persone, ma il recupero dei cadaveri prosegue con estrema difficoltà, in mezzo al pericolo di crolli.

Il negozio di Brooks Brothers a Wall Street è stato adibito a obitorio improvvisato per accogliere i resti recuperati dalle macerie del World Trade Center. Nel tempio dello shopping maschile sono stati portati finora parti di cadavere. Un’altra morgue è stata allestita su un molo sull’Hudson.

I morti accertati e ipotizzabili

Nove persone, poliziotti o pompieri, sono state estratte vive dalle macerie, dopo aver chiesto aiuto con i telefoni cellulari. Il corpo dei vigili del fuoco di New York è però decimato.

Il bilancio delle vittime è ancora estremamente frammentario. Queste le cifre, ufficiali e ipotizzabili, rese note fino ad ora dalle autorità.

World Trade Center: morti accertati 41; dispersi tra i soccorritori: 202 vigili del fuoco, 57 agenti di polizia della Nypd e della Port Autority; feriti accertati: 1700. Morti ipotizzabili: nelle Torri Gemelle lavoravano oltre 40000 persone.

Migliaia sono i turisti che le visitavano ogni giorno. Il sindaco Rudolph Giuliani ha detto di ritenere che ci fossero ancora “alcune migliaia” di persone in ciascuna delle due torri, al momento dei crolli.

Pentagono: per quanto riguarda i morti, i vigili del fuoco hanno dato una stima compresa tra 100 e 800 vittime. Il ministro della Difesa Donald Rumsfeld ha definito “eccessiva” la cifra di 800. Fonti militari ipotizzano oltre 200 morti, ai quali si aggiungono 64 persone sull’aereo. Cadaveri recuperati: 90. Feriti: 94 fino ad ora accertati.

Aerei: complessivamente, sui quattro aerei dirottati, c’erano 266 persone, tutte morte.

Tra i dispersi anche cittadini svizzeri

Circa 700 cittadini elvetici mancano ancora all’appello, ha indicato mercoledì a Berna l’ambasciatore Walter Thurnherr, capo della Divisione politica degli svizzeri all’estero. Questa cifra non permette però ancora di avanzare ipotesi sul numero effettivo di vittime elvetiche, ha aggiunto. I servizi diplomatici elvetici non hanno ancora trovato connazionali negli ospedali di New York. Vi sono però molti indizi che lasciano presagire che tra i morti vi siano numerose vittime elvetiche, ha aggiunto Thurnherr. Il DFAE è in possesso di indicazioni “preoccupanti”.

Caos nei cieli

Gli attentati hanno gettato nel caos il traffico aereo internazionale. Lo spazio aereo americano è stato parzialmente riaperto mercoledì alle 18.00, mentre Israele ha chiuso i propri cieli ai velivoli di compagnie estere. L’aeroporto di Zurigo-Kloten ha cancellato tutti i 22 voli verso gli Stati Uniti e il Medio Oriente.

I terroristi puntavano ancora più in alto

L’aereo dirottato che si è schiantato martedì contro il Pentagono aveva come obiettivo la Casa Bianca, ha affermato il portavoce presidenziale Ari Fleischer. Il portavoce ha detto che erano giunte “informazioni credibili”, martedì, che la Casa Bianca e l’Air Force One fossero tra gli obiettivi dei terroristi. Per questo il presidente George W. Bush aveva deciso di non tornare direttamente alla Casa Bianca dalla Florida, dove si trovava al momento degli attentati. L’aereo presidenziale ha infatti portato Bush prima in Louisiana, poi in Nebraska, prima di far ritorno nella capitale ieri sera.

Piloti-kamikaze addestrati negli states

Secondo il ministro della giustizia americano John Ashcroft alcune delle persone sospettate di avere realizzato il dirottamento, sono state addestrate come piloti negli Stati Uniti.

Cordoglio internazionale e reazioni

L’ondata di attentati ha provocato una serie di reazioni inorridite in tutto il mondo. Il Consiglio Atlantico ha approvato mercoledì sera una dichiarazione in cui afferma di considerare gli attentati terroristici agli Usa come un caso rientrante nell’articolo 5 del Trattato Nato. L’articolo 5 definisce un’aggressione armata contro uno stato membro come un attacco a tutta l’Alleanza: è la prima volta nella storia della Nato che esso viene esplicitamente invocato.

L’ impegno preso dai 18 alleati degli Usa è per ora prevalentemente politico, ma potrà avere anche riflessi militari se e quando gli Usa decideranno un’ azione di ritorsione contro i registi dell’ attacco ed eventualmente contro il paese o i paesi che li hanno sostenuti. L’articolo 5 prevede infatti che ogni paese membro “nell’esercizio del diritto di autodifesa previsto dalla Carta dell’Onu assisterà il paese o i paesi attaccati, prendendo le misure che riterrà necessarie, compreso l’uso della forza armata”.

Come il presidente russo Putin e il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, anche tutti i leader europei hanno manifestato il loro sgomento e il loro cordoglio con il popolo americano. Il governo svizzero ha trasmesso un messaggio di compassione e solidarietà.

Anche la Cina ha reagito con emozione e condanna agli attentati, ma alcuni giornali cinesi mercoledì mattina lasciavano intendere che “l’egemonismo della più grande potenza mondiale potrebbe avere contribuito alla tragedia.

Israele ha osservato mercoledì una giornata di lutto nazionale in memoria delle vittime degli attacchi terroristici.

L’offensiva terroristica è stata condannata anche dalla maggior parte dei paesi arabi, ad eccezione dell’Irak. Secondo la televisione irachena, “gli attacchi sono il frutto dei crimini contro l’umanità commessi dagli Stati Uniti”. L’Iran, la Libia e la Siria, sebbene accusati dagli Stati Uniti di appoggiare il terrorismo, hanno dal canto loro condannato gli attentati.

Pure il presidente dell’autorità palestinese, Yasser Arafat, si è detto molto toccato dall’ondata di violenza. Dai territori palestinesi sono però giunte immagini di giubilo di parte della popolazione per il dramma che si è abbattuto sugli americani. Il regime dei talebani, al potere in Afghanistan, ha condannato gli attentati, asserendo che gli attacchi non sono opera di Ben Laden, il terrorista internazionale nemico pubblico numero uno degli Stati Uniti.

Sicurezza ai massimi livelli

Dopo gli attacchi negli Stati Uniti, misure antiterroristiche sono state adottate in varie parti del globo. Dalla Russia alla Francia, alla Gran Bretagna, alla Svezia e alla Spagna e agli altri paesi europei, i governi hanno indetto riunioni d’urgenza per rafforzare le misure di sicurezza.

In Russia, le forze del ministero dell’interno sono state poste in stato d’allarme e hanno intensificato le misure di protezione degli edifici amministrativi più importanti. Dal canto loro, Cina, Gran Bretagna, Germania, Polonia e Grecia hanno inasprito controlli nei pressi delle ambasciate statunitensi, mentre la Francia ha rafforzato il suo piano antiterroristico.

Pure oggetto di particolare sorveglianza sono le basi militari americane nel mondo. Alla sede dell’Alleanza atlantica di Bruxelles è stato decretato lo stato di massimo allarme.

L’ombra di Bin Laden

Sullo sfondo quindi appare sempre più concreta l’immagine di Osama Bin Laden come possibile mandante dell’attacco più grave subito dall’America dai tempi di Pearl Harbor. E una risposta militare degli Stati Uniti potrebbe essere in arrivo. “Questa sarà una gigantesca lotta del bene contro il male – ha detto il presidente Bush ad una nazione sconvolta – ma il bene prevarrà”.

L’inviato delle Nazioni Unite in Afghanistan ha detto di aver ordinato lo sgombero di 80 funzionari dell’organizzazione internazionale nel timore di eventuali attacchi degli Stati Uniti, ma ha precisato di non avere alcuna informazione in merito.

Il punto alle indagini

A Boston, da dove gli attentatori sono saliti su due dei quattro aerei dirottati, le indagini hanno imboccato la pista araba. Secondo gli organi d’informazione locali, l’Fbi ha identificato cinque uomini di origini arabe che sarebbero saliti a bordo degli aerei. Sarebbero arrivati negli Usa su un’auto a noleggio dal Canada. La vettura è stata rintracciata nei pressi dell’aeroporto Logan. All’interno c’era un manuale in arabo sull’addestramento per il volo aereo.

Raid sono scattati in un albergo di Boston e in alcune abitazioni in Florida per interrogare alcune persone che potrebbero essere collegate alla rete terrorista di bin Laden.

Alcuni membri del Congresso, membri della Commissione Servizi Segreti, hanno rivelato che intercettazioni elettroniche effettuate dall’intelligence Usa poco dopo l’attacco di martedì hanno registrato conversazioni telefoniche tra “complici di bin Laden” dove venivano scambiati complimenti “per il successo dell’azione”.

Il cuore della finanza americana

Danneggiata fisicamente e scossa psicologicamente, la comunità finanziaria di New York sembra pronta a tornare al lavoro. Wall Street aprirà forse venerdì, anche se è più probabile un’apertura per lunedì prossimo. Lo ha detto il presidente della Borsa di New York Richard Grasso.

Aldilà dei problemi logistici e di personale, l’intero sistema telematico utilizzato dai mercati finanziari e dai principali operatori deve dimostrare di non essere rimasto danneggiato dal folle attentato terroristico. La sede del Nyse è situata nelle vicinanze del World Trade Center, per cui non sono da escludere eventuali danni alle reti in fibre ottiche o ai server attraverso cui vengono passati gli ordini di acquisto e vendita.

Da questo punto di vista sembra correre meno rischi il Nasdaq, la cui sede è situata a Time Square, cioè molto più a nord in Manhattan. La capacità delle varie istituzioni finanziarie di confermarsi come portali d’accesso alle più grandi borse mondiali del mondo è però ancora un punto interrogativo.

swissinfo

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