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I diritti umani sono sempre un tema politico

La sessione del Consiglio dell'Onu per i diritti umani è terminata con una risoluzione sul Darfur Keystone

Al termine della 42esima sessione del Consiglio dei diritti umani, Andrew Clapham constata che questo organismo dell'Onu non può evitare la politicizzazione.

Il futuro direttore dell’Accademia di diritto internazionale umanitario e di diritti umani relativizza l’importanza dei blocchi all’interno del Consiglio. Intervista swissinfo.

Entro la metà di giugno il Consiglio dei diritti umani dovrà decidere se adottare o meno una serie di meccanismi ereditati dall’organismo che ha rimpiazzato, la vecchia Commissione dei diritti dell’uomo.

Tra questi meccanismi figurano le inchieste di periti indipendenti (relatori speciali) e la messa in atto di un nuovo strumento – l’esame periodico universale – che valuta regolarmente la situazione dei diritti umani nel mondo intero.

Andrew Clapham, che dal prossimo settembre dirigerà l’Accademia di diritto internazionale umanitario e di diritti umani, ritorna sulle principali critiche formulate nei confronti del Consiglio dei diritti umani.

swissinfo: Spesso ai membri del Consiglio viene rimproverato di funzionare in base a blocchi, nord-sud, paesi allineati contro paesi occidentali. Condivide questa critica?

Andrew Clapham : A volte un paese prende la parola in seno al Consiglio a nome di un gruppo, a cominciare dall’Unione europea. Ciò ha spinto i paesi africani o islamici a fare la stessa cosa, ma il ricorso ai blocchi non è sistematico.

Secondo la mia esperienza sulle questioni di procedura e sui meccanismi del Consiglio i membri lavorano sempre meno divisi per blocchi .

Tali fazioni si sono costituite soprattutto con i dibattiti su Israele e, in misura minore, sul Darfur. Non mi sembra che il Consiglio sia dominato da blocchi che si osteggiano.

swissinfo : Non bisognerebbe semplicemente parlare di un confronto tra democrazie e dittature, visto il ruolo importante che svolgono paesi come Cuba o l’Algeria?

A.C.: Non credo. In realtà i diplomatici di questi paesi hanno più esperienza di altri. I diplomatici cubani sono molto bravi, sia a Ginevra che a New York. Si tratta di conoscenze acquisite attraverso le loro battaglie diplomatiche contro l’embargo imposto dagli Stati Uniti.

Se sono così pugnaci all’interno del Consiglio dei diritti umani è anche a causa di un meccanismo diretto contro di loro: senza l’esperta indipendente (Christine Chaney), incaricata di esaminare la situazione dei diritti umani a Cuba, non seguirebbero sicuramente la stessa linea.

swissinfo: Vi è un legame tra la dinamica del Consiglio di sicurezza e il Consiglio dei diritti umani?

A.C.: Si dice che alcuni paesi cercano di fare del Consiglio dei diritti umani un luogo di contro-potere al Consiglio di sicurezza, che non riesce a far passare le proprie risoluzioni. Per esempio nel caso del veto a New York su una risoluzione contro Israele, il tema riappare a Ginevra.

Si può addirittura supporre che in caso di fiasco della riforma del Consiglio di sicurezza, questo ruolo di contro-potere del Consiglio dei diritti umani venga sviluppato.

swissinfo: I diritti umani rischiano dunque di essere un’altra volta strumentalizzati.

A.C.: Se si riuniscono dei governi all’interno di un’istituzione dei diritti umani, parleranno necessariamente in difesa della propria politica estera. Non esamineranno la questione in modo obiettivo, come lo farebbero degli esperti o dei giudici. Il tema sarà sempre politicizzato.

Ragione per la quale spero che l’esame periodico universale permetterà una partecipazione di esperti indipendenti per garantire una certa obiettività.

In caso di successo avremo uno strumento che esaminerà la situazione dei diritti umani nel mondo intero, qualcosa di inedito da quando è stato creato l’Onu.

Intervista swissinfo, Frédéric Burnand a Ginevra
Traduzione, Raffaella Rossello

Professore di diritto internazionale, Andrew Clapham è entrato a far parte dell’Istituto superiore di studi internazionali nel 1997, dopo aver rappresentato Amnesty International presso la sede Onu di New York.

Dirigerà l’accademia di diritto internazionale umanitario e di diritti umani, che sostituisce il Centro universitario di diritto internazionale umanitario.

Questo istituto, che rinforza il polo umanitario di Ginevra, offrirà diplomi universitari, ricerca e formazione continua per i diplomatici e le ONG.

Il suo obiettivo è di avvicinare il mondo accademico al Consiglio dei diritti umani dell’Onu.

Una risoluzione sul Darfur, la regione del Sudan occidentale teatro di scontri e violenze, è stata approvata dal Consiglio dell’Onu per i diritti umani venerdì.

Il Consiglio, che ha sede a Ginevra, ha accettato di creare un gruppo di lavoro per l’applicazione delle raccomandazioni dell’Onu.

Il testo è un compromesso tra due precedenti proposte di risoluzione, la prima presentata dalla Germania a nome dell’Unione europea, la seconda dall’Algeria, a nome del gruppo africano.

La Svizzera ha espresso la propria soddisfazione ed ha invitato il Sudan a collaborare con il gruppo di lavoro, che si pronuncerà in occasione della prossima sessione del Consiglio, dall’11 al 18 giugno.

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