Il governo vuole regolare l’eutanasia attiva indiretta e quella passiva
L'eutanasia diretta, volta a procurare la morte allo scopo di lenire le sofferenze di una persona, rimarrà invece un'azione perseguibile penalmente. È quanto affermato dal Consiglio federale in risposta a un postulato di Victor Ruffy (VS/PS) del 1994.
Per contro, il Consiglio federale intende regolamentare l’eutanasia attiva indiretta e l’eutanasia passiva, già praticate in Svizzera. Fondamenti cristiani della nostra società impediscono, secondo l’esecutivo, l’accettazione dell’eutanasia diretta.
L’eutanasia attiva indiretta, specifica il comunicato del Dipartimento federale di giustizia e polizia, si verifica quando si somministrano medicinali per lenire le sofferenze i cui effetti secondari possono accorciare la durata di vita. Nel caso di eutanasia passiva vi è la rinuncia da parte del medico di proseguire le cure. Queste due forme di eutanasia sono regolamentate da direttive emesse dall’Accademia svizzera delle scienze mediche.
Esprimendo il desiderio di dare una base giuridica a tali interventi, Berna aderisce in gran parte alle raccomandazioni formulate dal gruppo di lavoro «eutanasia». A suo parere, essendo la vita il bene giuridico supremo, spetta al legislatore designato democraticamente – e non alle autorità scientifiche – decidere i limiti fra omicidio lecito e illecito.
Perché l’eutanasia diretta deve continuare a essere proibita secondo il governo? L’eutanasia, si specifica nel comunicato, è diventato un argomento di discussione sviluppatosi parallelamente ai progressi della medicina. Riconoscendo la necessità di adeguare le leggi ai mutamenti della realtà, il Consiglio federale ritiene tuttavia che i fondamenti cristiani della nostra società impediscano «l’alleggerimento della norma in vigore».
Dopo un’analisi comparata tra le legislazioni di Francia, Germania, Olanda, Stati Uniti e Belgio, il gruppo «eutanasia» ha constatato che nessuno di questi stati intende depenalizzare, per ora, l’eutanasia diretta. Tuttavia, il gruppo di lavoro sostiene che vi sono casi estremi, assai rari, nei quali il desiderio di morte del paziente potrebbe venire assecondato.
Per questi casi, una maggioranza degli esperti ha auspicato un’esenzione di pena – considerato che lo Stato non avrebbe più alcun interesse a perseguire tale infrazione. Il relativo articolo del codice penale (art 114) potrebbe quindi essere completato in modo da prevedere «l’omicidio per compassione». Una minoranza intende invece attenersi ai principi attuali, per tema di abusi.
Ai pazienti sofferenti in fin di vita dovranno però essere garantite tutte le cure ritenute necessarie per lenire il dolore. Secondo gli esperti, la medicina palliativa può migliorare la qualità di vita dei morenti a un punto tale da indurli a rifiutare il desiderio di morire. Essendo queste cure sovente sconosciute, con esse dovranno familiarizzarsi i futuri studenti di medicina.
swissinfo e agenzie
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