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La Svizzera firma un controverso pacchetto di aiuti per l’Ucraina

persone sedute a un tavolo
L'allora presidente della Confederazione Viola Amherd (a destra) e il primo ministro ucraino Denys Shmyhal (a sinistra) discutono durante un incontro bilaterale alla Ukraine Mine Action Conference, tenutasi a Losanna nell'ottobre 2024. Keystone / Jean-Christophe Bott

La Svizzera ha recentemente firmato un accordo bilaterale con Kiev. L’intesa, che prevede contratti vincolanti per il coinvolgimento di aziende svizzere nella ricostruzione del Paese, è stata oggetto di forti critiche.

Il documento firmato lo scorso 10 luglio a Roma, durante la Conferenza sulla ripresa dell’Ucraina, stabilisce un quadro giuridico per la partecipazione delle aziende svizzere alla ricostruzione e alla ripresa dell’Ucraina.

Il Governo elvetico si è impegnato a stanziare un totale di 1,5 miliardi di franchi per la causa, di cui 500 milioni di franchi destinati specificamente ad attività private svizzere. La conferenza ha riunito 100 delegazioni ufficiali, oltre a 40 organizzazioni internazionali e banche di sviluppo.

L’accordo bilaterale è “un passo importante per un più profondo coinvolgimento delle aziende svizzere nella ripresa del Paese”, ha dichiarato Jacques Gerber, delegato del Consiglio federale per l’Ucraina, durante la cerimonia per la firma.

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Il programma sarà finanziato tramite i fondi di cooperazione internazionale svizzeri, gestiti dalla Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) sotto l’egida del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE). Il tutto rientra in un piano di ricostruzione dell’Ucraina della durata di 12 anni, avviato nel 2022.

Tuttavia, l’accordo ha suscitato controversie a livello nazionale e oltre. Chi lo critica sostiene che Berna sta dirottando i fondi destinati alla cooperazione e all’assistenza internazionale, una preoccupazione accentuata dai recenti tagli al bilancio degli aiuti esteri svizzeri.

Inoltre, il documento prevedeCollegamento esterno che l’Ucraina debba presentare un elenco di beni e servizi da richiedere alla Svizzera in base alle proprie esigenze di ricostruzione. Tali beni e servizi saranno forniti da aziende private elvetiche.

Questo approccio, noto come “aiuto vincolato”, è stato eliminato dai contratti per gli aiuti esteri e dalla cooperazione allo sviluppo già dagli anni Ottanta. Gli aiuti vincolati sono ampiamente considerati meno efficaci perché tendono a privilegiare gli interessi dei Paesi donatori rispetto ai bisogni di chi ne beneficia, riducendo l’impatto complessivo degli aiuti.

“La cooperazione allo sviluppo svizzera sta riesumando una cattiva pratica che era stata abolita negli anni Ottanta”, afferma Laurent Matile, consulente senior di Alliance Sud che in passato ha lavorato alla Segreteria di Stato dell’economia (SECO).

L’accordo deve essere ratificato dall’Assemblea federale, ma la data per il voto non è ancora stata fissata.

Il sostegno all’Ucraina va a spese di altri?

La Svizzera si è posizionata in prima linea nelle iniziative internazionali per la ripresa dell’Ucraina già nel 2022, organizzando la prima conferenza sulla questione a Lugano. In quell’occasione sono stati sanciti i Principi di Lugano, per un approccio alla ripresa “che coinvolga tutta la società”, quindi non solo i Governi e le organizzazioni internazionali, ma anche il settore privato.

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La ripresa dell’Ucraina richiederà di ricostruire infrastrutture, sminare il terreno e bonificare l’ambiente. Secondo statisticheCollegamento esterno pubblicate nel dicembre 2024 dal Governo ucraino, dal Gruppo della Banca Mondiale, dalla Commissione Europea e dalle Nazioni Unite, il costo totale della ripresa e della ricostruzione dell’Ucraina nel prossimo decennio è stimato sui 524 miliardi di dollari (417 miliardi di franchi).

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Nel 2023, la Svizzera si è impegnata a sostenere con 100 milioni di franchi le iniziative per lo sminamento e la ripresa nelle aree civili ucraine. Secondo il Center for European Policy Analysis (CEPA),Collegamento esterno l’Ucraina è oggi il Paese più minato al mondo, poiché le mine interessano il 40% del suo territorio.

La ripresa prevede il ripristino dei mezzi di sussistenza, della stabilità sociale e del benessere generale della popolazione. La ricostruzione si concentra sul ripristino delle infrastrutture fisiche, tra cui strade, sistemi energetici e simili, nonché delle risorse danneggiate o distrutte dalla guerra. La ricostruzione fa quindi parte della ripresa.

La scorsa estate, la Svizzera ha ulteriormente aumentato il suo sostegno alla ripresa dell’Ucraina, annunciando cheCollegamento esterno “le aziende svizzere possono dare un contributo importante al processo di ricostruzione” e impegnando 5 miliardi di franchi in 12 anni a partire dal 2025. La prima tranche di 1,5 miliardi di franchi sarà stanziata tra il 2025 e il 2028, con 500 milioni specificamente destinati a coinvolgere il settore privato svizzero.  

Questo annuncio giunge in un momento delicato per la Svizzera.

A dicembre, l’Assemblea federale ha approvato un taglio ai finanziamenti alla cooperazione internazionale di 110 milioni di franchi per il 2025 e di 321 milioni di franchi per il periodo 2026-2028. Sebbene la Confederazione non renda noto il suo bilancio annuale per gli aiuti esteri, l’Assemblea federale ha fissato il tetto massimo di spesa a 11,27 miliardi di franchi per il periodo 2025-2028. Di questo importo, il 15% è destinato alla ripresa dell’Ucraina.

Ciò significa che “la Svizzera non sta stanziando denaro aggiuntivo, ma riducendo il sostegno ad altri Paesi per aiutare l’Ucraina”, ha spiegato Kristina Lanz, esperta di cooperazione internazionale presso Allianz Sud, l’organizzazione ombrello delle sei principali ONG svizzere per lo sviluppo.

La SECO ha giustificato l’utilizzo del budget della cooperazione per finanziare aziende private sulla base del fatto che i progetti devono avere un “impatto sullo sviluppoCollegamento esterno“, come ad esempio fornire programmi di formazione professionale in grado di migliorare l’occupabilità e il reddito della gioventù nel Paese beneficiario.

Secondo Lanz, il sostegno della Svizzera all’Ucraina “dovrebbe essere un’aggiunta, non andare a scapito del suo supporto ad altri Paesi”. Lanz sostiene che gli investimenti privati andrebbero stimolati attraverso altri strumenti politici, senza fornire ulteriori dettagli.

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Polemiche sugli “aiuti vincolati”

L’accordo riporta poi l’attenzione sulle controverse clausole per gli “aiuti vincolati”: un’inversione di tendenza rispetto alla politica estera elvetica, da sempre propensa a fornire aiuti pubblici allo sviluppo senza condizioni, ossia senza il vincolo di acquistare beni o servizi dalla Svizzera.

Molto popolari fino a 40 anni fa, gli aiuti vincolati sono stati progressivamente abbandonati in seguito alle critiche internazionali che accusavano queste clausole di gonfiare il costo di beni e servizi per il Paese beneficiario. Diversi studi hanno infatti dimostrato che i costi possono lievitare del 15-30% rispetto agli aiuti senza condizioni.

Il modello di assistenza promosso dalla Svizzera si differenzia notevolmente da tante iniziative simili. Lo scorso giugno, ad esempio, l’UE ha firmato nuovi accordi di garanzia e sovvenzione per un valore di 1,4 miliardi di euroCollegamento esterno a favore delle imprese ucraine. I fondi mirano a migliorare l’accesso delle imprese ai finanziamenti, a consentire loro di investire nella capacità produttiva e a contribuire al ripristino delle attività e al trasferimento dalle zone di conflitto.

In generale, l’UE ha fornito un sostegno sostanziale all’Ucraina, compreso un pacchetto di assistenza macrofinanziaria del valore massimo di 35 miliardi di euro. Il prestito andrà rimborsato utilizzando i profitti generati dai beni statali russi congelati nell’UE. Il finanziamento è destinato a far fronte alle urgenti esigenze di bilancio ucraine e a sostenere gli sforzi bellici e di ricostruzione del Paese. Il prestito non è stato finalizzato, per consentire a Kiev di allocare i fondi come meglio crede.

“La cooperazione allo sviluppo svizzera sta riesumando una cattiva pratica che era stata abolita negli anni Ottanta.”

Laurent Matile, Alliance Sud 

Sebbene l’Ucraina abbia voce in capitolo nella redazione del trattato bilaterale con la Svizzera, secondo cui Kiev può identificare le proprie esigenze per la ricostruzione e presentare un elenco di beni e servizi da richiedere, “non ha la possibilità di scegliere che tipo di sostegno riceverà”, scrivono Lanz e Matile in un commentoCollegamento esterno pubblicato sul sito web di Allianz Sud.

“Gli aiuti vincolati, per definizione, riducono la libertà di scelta e la titolarità del Paese beneficiario e rischiano di estromettere le imprese ucraine dal mercato, cosa contraria ai principi di un aiuto economico efficace”, afferma Matile a Swissinfo.

Nella sua dichiarazioneCollegamento esterno, il Governo svizzero ha sottolineato che settori come energia, trasporti e mobilità, macchinari, edilizia, acqua e controllo e prevenzione delle catastrofi sono fondamentali per la ricostruzione dell’Ucraina e che molte aziende svizzere hanno una lunga esperienza in materia.

Secondo i dati dell’OCSECollegamento esterno, il 97,3% degli aiuti allo sviluppo svizzeri è attualmente svincolato, una cifra ben superiore alla media del Comitato di aiuto allo sviluppo dell’OCSE, pari al 79,9%.

Tuttavia, in una revisione paritaria sulla cooperazione svizzera allo sviluppoCollegamento esterno pubblicata a giugno, il Comitato di aiuto allo sviluppo dell’OCSE ha criticato esplicitamente la Svizzera per le clausole di aiuto vincolato contenute nei suoi piani di sostegno alla ricostruzione in Ucraina.

Il rapporto afferma che “il programma di aiuti parzialmente vincolati previsto per l’Ucraina rischia di compromettere la posizione della Svizzera”. Il Comitato ha sottolineato che “la Svizzera dovrebbe fare in modo di svincolare le sue future iniziative a favore del Paese”.

Alla domanda sul perché il Governo svizzero abbia scelto di adottare questo approccio per assistere Kiev, Markus Spörndli, consigliere per la comunicazione del delegato del Consiglio federale per l’Ucraina, afferma a Swissinfo che si tratta di “un caso particolare”, facendo un parallelo con il Piano Marshall, un’iniziativa statunitense lanciata nel 1948 per fornire aiuti economici all’Europa occidentale dopo la Seconda guerra mondiale.

Gli aiuti allo sviluppo non vincolati, aggiunge Spörndli, rimarranno lo standard per la cooperazione svizzera.

La Svizzera dovrebbe fare di più?

La conferenza fa seguito alla decisione degli Stati Uniti di tagliare gli aiuti umanitari all’Ucraina a partire dallo scorso marzo, spostando così l’onere dei finanziamenti sui Paesi europei.

Secondo l’ultimo aggiornamentoCollegamento esterno dello Ukraine Support Tracker del Kiel Institute for the World Economy tedesco, i Paesi scandinavi e il Regno Unito hanno aumentato significativamente il loro sostegno a Kiev.

Al 31 maggio 2025, la Svizzera ha stanziato circa 5,16 miliardi di franchi per sostenere la popolazione ucraina, compresi i rifugiati e rifugiate nel Paese alpino.

In termini di aiuti bilaterali totali, si colloca al 18° posto su 41 PaesiCollegamento esterno nel Kiel Ukraine Support Tracker, con stanziamenti governativi pari a 935 milioni di euro (870 milioni di franchi). Tuttavia, se si considerano gli aiuti bilaterali in proporzione al PIL dei Paesi donatori, la Svizzera scivola al 27° posto.

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“La Svizzera potrebbe e dovrebbe fare di più per sostenere l’Ucraina”, afferma Lanz.

A marzo, il Consiglio nazionale ha respinto la proposta di legare gli aiuti all’Ucraina ai risultati economici misurati in termini di PIL.

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Articolo a cura di Virginie Mangin/ds

Traduzione di Camilla Pieretti

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