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Le donne alla ricerca di un ruolo per la pace

Molte donne, come quelle irachene, sono direttamente confrontate alle conseguenze dei conflitti armati Keystone

La Svizzera è coorganizzatrice di una conferenza internazionale, per cercare un ruolo alle donne per il conseguimento della pace nei paesi in guerra.

L’incontro è promosso, tra gli altri, dalla Fondazione Suzanne Mubarak, la prima istituzione con simili traguardi nel mondo arabo.

Le tre giornate di studio, ospitate dall’Organizzazione internazionale del lavoro, si tengono a Ginevra sotto il motto: «Le donne difendono la pace».

Vi partecipano 350 delegate; molte arrivano da paesi dilaniati da conflitti, altrettante sono in prima fila nel processo di riconciliazione che segue l’armistizio.

Introducento di lavori, Aleya Hammad, la segretaria generale della conferenza, ha rilevato che le donne sono spesso fra le prime vittime nei conflitti, ma poi si ritrovano escluse dall’elaborazione del trattato di pace e dalla responsabilità della ricostruzione.

Per la relatrice sono tre le sfide principali: «La prima sfida è fermare le tratte illegali; il secondo è fermare violenze e sevizie durante i conflitti; la terza è la denuncia, uno strumento da utilizzare quando anche grazie ai media internazionali», afferma a swissinfo Hammad.

Per lei inoltre va inoltre attribuita più importanza ai piani d’azione per rafforzare la pace.

Non c’è pace senza le donne

I lavori sono presieduti da Micheline Calmy-Rey, ministra degli esteri svizzera, e da Suzanne Mubarak, moglie del presidente egiziano e promotrice della fondazione a lei intitolata.

«Sono convinta che le donne, grazie alle esperienze e ai compiti che sono loro propri, apportino delle prospettive sociali e politiche diverse nei processi di pace», ha sostenuto Micheline Calmy-Rey.

«Senza la voce delle donne, non possiamo garantire il successo in maniera duratura», ha aggiunto.

Presenza significativa

Fra le delegate presenti a Ginevra, si trovano delle rappresentanti di organizzazioni femminili, ma anche donne che fanno confluire nei dibattiti la loro esperienza con la guerra. Le delegate sono arrivate dai paesi occidentali, ma anche da paesi come l’Afghanistan e l’Iraq.

Le giornate di riflessione hanno visto inoltre il concorso di personalità di primo piano. Fra queste anche Jody Williams, Premio Nobel per la pace nel 1997 per la sua campagna contro le mine antiuomo; la sua iniziativa a influenzato il Trattato internazionale di Ottawa sul tema.

Inoltre sono presenti Naomi Chazan, ex-deputata alla Knesset israeliana, e Zahira Kamal, ministro per le questioni femminili nell’autorità palestinese.

Tre temi forti


I lavori della conferenza di Ginevra si concentrano su tre tematiche: «Il primo è il commercio illegale, il secondo la violenza inflitta alle donne nei conflitti e il terzo i processi decisionali da cui le donne sono escluse», riassume Aleya Hammad.

Si cerca di definire delle misure per limitare le violenze sulle donne nei conflitti armati. Inoltre si cercano le vie per rafforzare le reti per la promozione della pace.

Sostegno svizzero

Questo incontro ginevrino è il secondo appuntamento promosso dalla fondazione Mubarak. La prima risale a due anni fa e si era svolto a Sharm el Sheik, in Egitto. Già in quell’occasione la diplomazia svizzera aveva assicurato un contributo finanziario.

«Il carattere centrale della conferenza è il suo approccio – spiega Blaise Godet, ambasciatore svizzero presso la sede di Ginevra dell’ONU – le donne posso introdurre delle nuove prospettive nei processi di negoziazione e contribuire in maniera importante ai processi di pace e di riconciliazione».

swissinfo, Isobel Leybold-Johnson
(traduzione: Daniele Papacella)

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