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Oltre l’handicap, il diritto alla sessualità

Per una carezza in più... Westend61

Se il diritto alla sessualità degli handicappati esiste, i loro desideri restano avvolti da molti tabù e pregiudizi. La formazione di dieci assistenti sessuali in Romandia ha riportato sotto i riflettori un mondo nascosto di bisogni negati e ricerca d'affetto.

Sono infermieri, massaggiatori, terapisti o artisti. Hanno tra i 35 e i 55 anni e sono formati per rispondere ai bisogni sessuali delle persone con handicap. Un compito non facile perché la sessualità degli invalidi è spesso nascosta, tenuta tra le pieghe della società e bersaglio di pregiudizi duri a morire.

Parlare del proprio rapporto al corpo, all’intimità, al sesso, non è sempre facile. E lo è ancor meno se si è considerati in qualche modo “diversi”. Eppure «la sessualità degli handicappati è un diritto che va rispettato e salvaguardato con estrema tenerezza». Ne è convinta Aiha Zemp, psicoterapeuta e responsabile della Fachstelle Behinderung & Sexualität (FABS) di Basilea, la prima associazione svizzera ad aver introdotto una formazione per assistenti erotici.

«Il rapporto alla sessualità è qualcosa di estremamente soggettivo. È una pulsione naturale, come mangiare o bere, e non tocca soltanto le persone normodotate», spiega Aiha Zemp. «Gli handicappati vengono spesso considerati come degli esseri asessuati, mentre in realtà hanno gli stessi bisogni degli altri e gli stessi diritti di realizzare i propri sogni e le proprie fantasie».

Un doppio tabù, sessualità e handicap

Per rispondere alle richieste dei suoi pazienti, a giugno l’associazione Sexualité et Handicaps Pluriels (SEHP) ha distribuito in Romandia i primi dieci diplomi di assistente sessuale. Questi sei uomini e quattro donne andranno ad affiancare la ventina di operatori già attivi nella Svizzera tedesca, rompendo così un doppio tabù, quello della sessualità e dell’handicap.

Il progetto risale al 2002, quando la sezione zurighese di Pro Infirmis elaborò un programma educativo in questo campo. La notizia ebbe però un impatto mediatico inatteso e portò numerosi donatori a ritirare il proprio sostegno all’organizzazione perché contrari a quella che definivano una “forma latente di prostituzione”.

In pochi mesi, Pro Infirmis perse fino a 400’000 franchi e decise così di fare un passo indietro. Fu allora che entrò in gioco la FABS che nel 2004 diede inizio alla prima formazione per assistenti sessuali, su iniziativa della sua presidente Aiha Zemp, anch’essa affetta da handicap. A cinque anni dall’inizio di questa esperienza, il bilancio tracciato da Aiha Zemp è più che positivo anche se le voci critiche non hanno smesso di farsi sentire.

Combattuto nei paesi a forte matrice cattolica come l’Italia, questo tipo di sostegno non è certo una prerogativa svizzera, ma si ritrova anche in Olanda, Germania e Danimarca. Già a partire dagli anni ’80, negli Stati Uniti e nel Nord Europa vennero formate persone per assistere sessualmente gli handicappati. Prestazioni che, in alcuni paesi scandinavi, sono perfino pagate dalla cassa malati.

Dal risveglio sessuale al piacere infinito

La Svizzera non si è però spinta così lontano, anzi sembra ancora faticare ad accettare questa pratica come una necessità. Ma in cosa consiste esattamente l’accompagnamento sessuale? «Non esiste un catalogo di prestazioni», spiega Catherine Agthe Diserens, presidente della SEHP, «ogni situazione è valutata singolarmente in modo da capire cosa cercano le persone che si rivolgono alla nostra associazione e in che modo possiamo aiutarle a star meglio». E quando la comunicazione col mondo esterno si limita a qualche gesto o parola, l’aiuto della famiglia o degli educatori diventa fondamentale.

Dai massaggi erotici, alle carezze, fino allo spogliarello o alla masturbazione, il ventaglio di proposte è ampio e risponde al semplice bisogno di un’intimità spesso negata e stigmatizzata. Ogni assistente “offre” con empatia e rispetto un po’ di tenerezza, dietro il pagamento di una tariffa che va dai 150 ai 200 franchi l’ora», continua Catherine Agthe Diserens. A volte si tratta semplicemente di scoprire il piacere o di ritrovare una funzionalità perduta a causa di un incidente, mentre altre volte la relazione si spinge fino ai rapporti orali o alla penetrazione.

«Chiedere aiuto a degli assistenti sessuali non è la soluzione a ogni problema, precisa Aiha Zemp, ma è una possibilità per colmare un vuoto di cui – fino a poco tempo fa – si continuava a negare l’esistenza».

Tra prostituzione e dono di sé

Diversamente dalla prostituzione, l’accompagnamento sessuale dei disabili è la fine di un percorso educativo complesso centrato sul rispetto dell’altro, l’etica, l’ascolto. «Gli assistenti sessuali devono essere persone equilibrate, in chiaro sulla propria sessualità e a proprio agio di fronte all’handicap. Inoltre sono obbligati a mantenere un’altra professione almeno al 50% e ad informare il loro parentado della propria scelta», precisa Catherine Agthe Diserens.

«È stato davvero sconvolgente – racconta Jacques, neodiplomato assistente sessuale, ai microfoni della RSR – siamo stati spinti a rimettere tutto in questione, le idee, il nostro rapporto al corpo e agli altri». Sposato e padre di tre bambini, Jacques racconta come la moglie abbia accolto molto naturalmente la sua scelta grazie anche ai limiti che si è posto fin dall’inizio: «Mi dedico al corpo, alla pelle, agli organi di queste persone. Posso far masssaggi o carezze intime, ma non mi spingo fino alla penetrazione. Il bacio – poi – è qualcosa che riservo soltanto a una persone precisa nella mia vita».

La durata della formazione – 18 giorni sull’arco di un anno e una decina di ore di lavoro personale – e i relativi costi (4’200 franchi) sono un ulteriore indice della motivazione che spinge le persone a intraprendere questo cammino.

Una motivazione che non è comunque facile da spiegare ad amici e parenti e a volte nemmeno a sé stessi. E a rendere tutto più difficile è sicuramente il fatto che – legalmente – il lavoro degli assistenti sessuali è tuttora paragonato alla prostituzione e porta con sé una connotazione estremamente negativa.

Ma in fondo, per Aiha Zemp queste persone non fanno altro che alzare un velo su un mondo nascosto, fatto di bisogni negati e di una grande ricerca di affetto. Un mondo che va guardato con occhi diversi, perché diverse sono le persone handicappate. Quella diversità che è un valore per chi, come Jacques, riesce guardare oltre l’handicap e la paura per ascoltare l’intimo appello alla tenerezza.

Stefania Summermatter, swissinfo.ch

Nel mese di giugno, 10 romandi hanno ricevuto il certificato di “assistenti sessuali” dopo aver seguito una formazione di 18 giorni (ateliers, corsi, diritto, ecc.) sull’arco di un anno.

Questa formazione è coordinata dall’Association Sexualité et handicaps pluriels (SEHP).

Pagata dai 150 ai 200 franchi l’ora, questa forma di accompagnamento alla sessualità viene legalmente associata alla prostituzione.

La Svizzera tedesca e alcuni paesi del nord formano assistenti sessuali già da diversi anni. Nel 2002, Pro Infirmis aveva rinunciato a lanciare una formazione in questo campo in seguito alle minacce dei donatori.

Il progetto era stato poi ripreso dalla Fachstelle Behindeung & Sexualität (FABS) di Basilea, che ha portato a termine due cicli di formazione, nel 2004 e nel 2007.

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