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Svizzera e UE firmano gli accordi bilaterali 2

La ministra degli esteri Micheline Calmy-Rey ed il presidente della Confederazione Joseph Deiss al momento della storica firma Keystone

Rappresentanti della Svizzera e dell'Unione europea hanno firmato martedì a Lussemburgo il secondo pacchetto di accordi bilaterali.

Mentre comincia il processo di ratifica, minacciato in Svizzera da un referendum, ci si interroga su un possibile terzo round di trattative.

Alla cerimonia ufficiale della firma dei trattati hanno partecipato per la Svizzera il presidente della Confederazione Joseph Deiss e la ministra svizzera degli esteri Micheline Calmy-Rey.

Da parte europea erano presenti invece il ministro olandese della giustizia Piet Hein Donner, in rappresentanza della Presidenza dell’Unione Europea (UE), e il direttore generale per la giustizia e gli affari interni Jonathan Faull, in rappresentanza della Commissione europea.

Quasi chiuso questo capitolo, dopo lunghe trattative, sorgono ora nuovi interrogativi: quale forma avranno in futuro le relazioni tra la Svizzera e l’UE?

E ancora, gli accordi bilaterali 2 saranno gli ultimi? Oppure possiamo già attendere un terzo round di negoziati?

Da parte svizzera, non si esclude una nuova serie di trattative con i Venticinque. “Tra vicini non si smette semplicemente mai di negoziare”, ha dichiarato recentemente, un po’ per scherzo, il ministro dell’interno Pascal Couchepin.

Opzione adesione dimenticata

Anche per René Schwok, docente di scienze politiche all’Università di Ginevra, la conclusione del secondo pacchetto di accordi rafforza la via delle trattative bilaterali: “Gli accordi permettono a Berna di evitare l’emarginazione dal resto dell’Europa e di rinviare l’opzione dell’adesione”.

“Da queste trattative emerge una lobby potente, quella dei banchieri, che è riuscita a preservare il segreto bancario nell’accordo sulla fiscalità dei risparmi. Questa lobby è contraria ad un processo di adesione all’UE, poiché rischia di rimettere in discussione il segreto bancario”, afferma Schwok.

A suo avviso, è quindi evidente che la Svizzera continuerà a seguire la via dei negoziati bilaterali: “Possiamo ormai dimenticare l’opzione dell’adesione, anche se il governo svizzero continua a ripetere che l’adesione rimane il suo obbiettivo strategico”.

Temi ancora in sospeso

“Questi accordi hanno una loro dinamica: sono in continua evoluzione, vengono corretti, modificati”, fa notare Jean Russotto, avvocato svizzero a Bruxelles e presidente del Comitato Svizzera-UE.

D’altronde, rimangono dei temi che non sono stati ancora trattati, a cominciare da quello sui servizi, ritirato dai bilaterali 2, o l’apertura del mercato dell’elettricità.

La Svizzera sarà inoltre sicuramente chiamata, primo o poi, a partecipare alla lotta contro il terrorismo e ad adottare il mandato di arresto internazionale.

Opposizioni più forti

Il governo svizzero sembra ormai apprezzare la formula dei “pacchetti”, che permette di condurre parallelamente diversi negoziati: se mi dai questo, ti do quest’altro. Una sorta di baratto che non piace invece ai partner europei.

“La via dei bilaterali dipenderà quindi soprattutto da Bruxelles”, ritiene Russotto.

In effetti, la Commissione europea ha sempre manifestato la sua preferenza per gli accordi di associazione, piuttosto che per quelli bilaterali. E anche dopo l’allargamento, Bruxelles non cambierà probabilmente la sua posizione.

Al contrario, il caso particolare della Svizzera, che continua a chiedere un trattamento speciale, rischia di sollevare sempre più grandi opposizioni.

Altre priorità per l’UE

“Attualmente”, confida un alto funzionario, “non abbiamo altre richieste. Pertanto, non vedo bene su quali nuovi dossier potremmo negoziare nuovi accordi”.

A Bruxelles si preferisce rimanere piuttosto evasivi, limitandosi a dire che le relazioni bilaterali stanno entrando in una “fase di consolidamento”.

In ogni caso, almeno per i prossimi mesi, le relazioni bilaterali con la Svizzera non costituiscono una priorità per l’UE, confrontata a dossier ben più urgenti.

Effetto perverso degli accordi

Intanto, con la firma di martedì, si chiude forse un secondo ciclo di negoziati bilaterali, iniziato il 17 giugno 2002.

Tre gli accordi più importanti di questo secondo pacchetto: la fiscalità dei risparmi, le frodi doganali e i trattati di Schengen e Dublino.

Gli altri 6 accordi permetteranno alla Svizzera di partecipare a diversi programmi europei.

Comincia ora il processo di ratifica, da cui si può facilmente intravedere la prospettiva di un referendum in Svizzera.

Un processo che solleva un certo scetticismo da parte di Jean Russotto: “La via dei bilaterali ci obbliga a riprendere continuamente il diritto comunitario, senza avere alcuna voce in capitolo”.

“Tra due o tre anni constateremo l’effetto perverso degli accordi bilaterali”, aggiunge il presidente del Comitato Svizzera UE.

swissinfo, Barbara Speziali, Lussemburgo

Dopo la firma in Lussemburgo, gli accordi potranno entrare in vigore soltanto se saranno ratificati da tutti gli Stati interessati.
In Svizzera, le Camere federali si chineranno sugli accordi durante la sessione invernale.
Un eventuale referendum dovrà essere inoltrato entro 100 giorni dopo l’approvazione del Parlamento.
Tenendo conto dell’opposizione della destra, il popolo svizzero sarà probabilmente chiamato ad esprimersi in giugno o in settembre dell’anno prossimo sui trattati di Schengen e Dublino.

Gli accordi si suddividono in nove capitoli:

la fiscalità del risparmio che prevede una trattenuta sugli interessi dei capitali depositati in Svizzera dai cittadini europei,

la lotta alla frode doganale che riguarda in particolare il contrabbando di sigarette,

i trattati di Schengen e Dublino destinati a rafforzare la collaborazione in materia di giustizia, polizia e asilo,

e 6 dossier considerati minori che concernono i prodotti agricoli trasformati, l’ambiente, i media, l’educazione, la formazione professionale, le statistiche e le pensioni.

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