È morto Gino Strada, fondatore Emergency

(Keystone-ATS) È morto Gino Strada, il fondatore dell’associazione umanitaria italiana Emergency. Lo si apprende da fonti vicine alla famiglia. Strada aveva 73 anni.
Strada si è sempre schierato fino all’ultimo, firmando dalla Normandia dove era per una breve vacanza un editoriale su ‘La Stampa’ per commentare la situazione in Afghanistan, 24 ore prima di morire: “Dicevamo 20 anni fa che questa guerra sarebbe stato un disastro per tutti. Oggi l’esito di quell’aggressione è sotto gli occhi di tutti: un fallimento”.
E non ha mai fatto nulla per nasconderlo, in una società in cui il politicamente corretto è l’unica via per entrare nelle stanze del potere. Scegliendo sempre la strada, meglio se polverosa e in una qualche periferia del mondo, dove la felicità è una protesi per un ragazzino al quale una mina antiuomo prodotta in Occidente ha fatto saltare una gamba e vederlo tornare a camminare.
“È morto felice” racconta la presidente di Emergency Rossella Miglio sottolineando che aveva qualche piccolo problema di cuore ma nulla che potesse far pensare ad una scomparsa così improvvisa. “Nessuno se l’aspettava. È una perdita enorme per il mondo intero, ha fatto di tutto per renderlo migliore”. Ed in effetti la sua creatura, fondata 25 anni fa assieme alla moglie Teresa Sarti, scomparsa nel 2009, da allora è cresciuta fino ad arrivare in 18 Paesi e diventare l’unica speranza di vita per milioni di persone. Era il 18 luglio del 1994, come budget c’erano 12 milioni di lire e il posto era il Ruanda devastato dalla guerra civile. Poi è arrivato l’Afghanistan e il Sudan, l’Iraq e la Sierra Leone.
Cure mediche e chirurgiche gratuite per tutti. Buoni, presunti buoni, cattivi e presunti cattivi. Senza distinzione. Quasi 11 milioni di persone assistite. Un’enormità. “Curare i feriti non è né generoso né misericordioso, è semplicemente giusto. Lo si deve fare”. A nome di tutto il governo italiano, il presidente del Consiglio Mario Draghi gli ha reso omaggio. “Ha trascorso la sua vita sempre dalla parte degli ultimi, operando con professionalità, coraggio e umanità nelle zone più difficili del mondo”.
Ruvido, spigoloso, diretto, divisivo, Gino Strada era però un uomo capace e con una rara determinazione. Nato a Sesto San Giovanni, la Stalingrado d’Italia, è sempre stato ostacolato dai governi, di destra e di sinistra, e inviso a decine di politici compresi molti di quelli che oggi fanno a gara per celebrarlo assieme ad artisti, personaggi famosi e non. Amato come un padre e un maestro dai volontari.
La figlia Cecilia, che per anni dopo la scomparsa della madre ha diretto l’associazione, è in mezzo al Mediterraneo a bordo di una nave della Ong ‘ResQ People’ per soccorrere i disperati che attraversano il Mediterraneo. E anche questo dice molto di quali valori abbia trasmesso Gino Strada. “Il mio papà non c’è più, ma non posso rispondere ai vostri tanti messaggi perché sono qui, dove abbiamo appena fatto un soccorso e salvato vite. È quello che mi ha insegnato lui e la mia mamma”.
Nel 2015 ricevette il Premio Nobel alternativo. E anche davanti ai membri del Parlamento svedese fu diretto: “Ho visto i feriti e i morti, ho operato migliaia di persone, ferite da frammenti di bombe o missili. A Kabul, ho esaminato le cartelle cliniche di 1200 pazienti per scoprire che meno del 10% erano presumibilmente dei militari. Il 90% delle vittime erano civili, un terzo dei quali bambini. Quindi è questo “il nemico”?”.