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BNS: Una «decisione ineluttabile» che suscita inquietudine

Il crollo del 15% del corso dell'euro rispetto al franco svizzero ha seminato il panico alla Borsa Svizzera. Keystone

All'indomani dall’annuncio della Banca nazionale svizzera di abolire il tetto di 1,20 franchi per un euro, la stampa elvetica oscilla tra un sentimento di comprensione per una scelta «inevitabile» e il timore di un pesante contraccolpo per l’economia e gli impieghi. Secondo alcuni editorialisti, la credibilità dell'istituto è messa a dura prova. 

«È un pugno nello stomaco! Decidendo di lasciare le redini al franco svizzero, la Banca nazionale svizzera ha colto il paese di sorpresa», rileva il quotidiano romando Le Matin. «In un’ora, tre anni di certezza sono volati via (…) e questa mattina, l’economia svizzera si è risvegliata disorientata. In un settore in cui si fa della stabilità il proprio motto, questo ritorno a un franco forte ci ricorda in modo brusco che tutto ciò che è forte non è forzatamente buono».

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La Banca nazionale svizzera scuote i mercati

Questo contenuto è stato pubblicato al In vigore dal 6 settembre 2011, la soglia minima di cambio era stata introdotta “a titolo eccezionale e temporaneo” per contrastare gli effetti negativi del franco forte. Nell’agosto di quell’anno, infatti, euro e franco si scambiavano praticamente alla pari. «Il franco resta certo a un livello elevato, ma dall’introduzione della soglia minima di cambio, la…

Di più La Banca nazionale svizzera scuote i mercati

L’annuncio della Banca nazionale svizzera di abbandonare la soglia minima di cambio di 1,20 franchi per un euro, in vigore dal 2011, suscita reazioni di stupore e costernazione nel mondo politico ed economico. Rimbalzata su tutti i principali quotidiani internazionali, ha fatto scendere in pochi minuti il corso dell’euro per raggiungere la quasi parità e ha disorientato i mercati, in particolare la Borsa svizzera.

La Banca nazionale ha forse dimenticato il suo ruolo di stabilizzatrice del mercato e dell’economia, si chiede Le Temps, sottolineando come ieri alcuni distributori non davano più euro, poiché le banche non sapevano a quale corso applicarlo. «Ci si può chiedere se non sia stata un po’ naif, se non si sia resa conto che metteva in pericolo la sua credibilità». Anche perché, non più tardi di dieci giorni fa, il presidente della BNS Thomas Jordan aveva dichiarato in un’intervista televisiva che la soglia minima era «assolutamente centrale» e «indispensabile».

In qualche secondo la BNS ha cambiato modello, sottolinea ancora Le Temps. «Da un’economia protetta da una soglia minima di cambio, è tornata a un’economia liberale. A lungo termine, è una scelta auspicabile. (…). Ma la brutalità dell’annuncio rischia di far danni». Una comunicazione improvvida, gli fa eco La Regione Ticino,  che ha annientato in pochi minuti la credibilità della Banca nazionale costruita in 108 anni di storia.

Una decisione inevitabile

Financial Times

«Una cattiva pubblicità per l’affidabilità svizzera»: così titola il “Financial Times”, che sottolinea come le difficoltà della BNS di cambiare rotta senza scuotere i mercati. «Qualsiasi altra scelta meno energica avrebbe offerto fatto un regalo agli speculatori». Ciononostante, il quotidiano economico constata che la banca centrale svizzera non vive certo le sue ore migliori: «La fiducia nella politica monetaria elvetica è intaccata».

The Guardian

Il quotidiano di Londra si concentra invece sulla figura di Thomas Jordan, presidente della BNS. «L’uomo più odiato sui mercati di cambio», è diventato improvvisamente anche l’uomo più impopolare tra gli esportatori svizzeri.  

Der Spiegel

«La Svizzera capitola di fronte alla debolezza dell’euro» e si trova di fronte al rischio di una recessione economica, scrive l’edizione online della testata tedesca.

Il Sole 24 Ore

«La decisione della Bns ha ripercussioni che andranno ben al di là delle seppur violente turbolenze di mercato di ieri». La prima è la credibilità della stessa Bns, scrive il quotidiano economico italiano. «Ora, qualsiasi cosa la Bns annunci di voler fare (…) difficilmente i mercati le daranno credito, e quindi le sue mosse diventeranno a loro volta più costose». La seconda vittima è l’economia svizzera, con un rischio deflazione e gravi difficoltà per le industrie esportatrici.

Wall Street Journal

Il “Wall Street Journal” sottolinea dal canto suo le difficoltà future per l’economia svizzera. «Gli orologi e le vacanze di sci sulle Alpi sono diventate d’un tratto molto più care». Ciô non dovrebbe comunque scoraggiare i milionari che si sono dati appuntamenti al WEF di Davos la prossima settimana, nota il giornale americano in tono ironico. 

Per tener fede ai suoi impegni, negli ultimi tre anni la BNS ha acquistato centinaia di migliaia di euro. Una misura che sul lungo termine si è avverata senza via d’uscita e insostenibile a causa dei rischi inflazionistici, afferma il giornale economico l’Agefi.

Confrontata già con il pericolo di una nuova crisi in Europa, con il crollo dell’euro sul dollaro e l’impossibilità di aumentare nuovamente le riserve valutarie, la BNS ha dunque voluto giocare d’anticipo, secondo diversi quotidiani. La Banca centrale europea dovrebbe infatti annunciare, la prossima settimana, l’acquisto di titoli di Stato (quantitative easing) che potrebbe favorire la ripresa economica, ma anche accentuare la discesa dell’euro e provocare nuove pressioni sul franco, rileva il Corriere del Ticino.

Intervistato dalla Radiotelevisione svizzera (RSI), il professore di economia monetaria all’Università di Friburgo, Sergio Rossi, ritiene che «alla base di questa mossa vi sia anche la questione del mercato immobiliare in Svizzera, che la politica della BNS ha contribuito a surriscaldare in maniera esagerata negli ultimi due anni: continuando con il cambio minimo si sarebbero esacerbati i problemi sul mercato immobiliare con il rischio di esporre troppo gli istituti sul mercato ipotecario nel caso della scoppio di una bolla o del marcato calo dei prezzi nel futuro prossimo».

L’abbandono di questa politica costosa traduce anche un’esasperazione nei confronti delle autorità europee, incapaci di far fronte alla crisi della moneta unica, scrive La Liberté di Friburgo.  Nel settembre 2011, la BNS pensava che l’euro si stabilizzasse, ma non è accaduto. «L’istituto centrale si è reso conto del suo errore di giudizio. Ne andava della sua indipendenza».

Anche la Neue Zürcher Zeitung si rallegra del fatto che la BNS non abbia lasciato il franco trasformarsi in un quasi-euro. La banca nazionale dovrà sforzarsi ora di garantire la stabilità dei prezzi e un ambiente il più stabile possibile. «La sua missione non può esser quella di favorire l’industria d’esportazione. Una fine che fa paura è sempre meglio di una paura senza fine».

Posti di lavoro a rischio

L’economia svizzera è però tutt’altro che al sicuro, sottolineano diverse testate. Da ieri, i beni e i servizi svizzeri sono aumentati del 15% circa e non solo nei confronti dell’eurozona, ma anche nei confronti del dollaro, commenta La Regione Ticino. Il turismo e il settore dell’esportazione rischiano di subire un duro contraccolpo.

«Si tratta della colonna vertebrale della Svizzera che è colpita. Sono tutte queste imprese, piccole o grandi, che fanno la sua ricchezza vendendo il loro savoir-faire all’estero. Orologeria, chimica, farmaceutica, macchine: la lista è lunga», scrive ancora Le Matin.

L’Express e L’Impartial, quotidiani di Neuchâtel, così come il Journal du Jura, ritengono che la Banca nazionale abbia abbandonato a sé stessa l’industria d’esportazione e l’arco Giurassiano, culla dell’orologeria svizzera che esporta il 95% della sua produzione.

Ma non ci sono soltanto perdenti, avverte 20 Minuti. «Ogni giorno, circa 280mila frontalieri attraversano la frontiera per venire a lavorare in Svizzera. Questi francesi, italiani o tedeschi hanno di che rallegrarsi: in un batter d’occhio, il loro reddito mensile è progredito di quasi il 15%». In Ticino si teme un nuovo aumento dei frontalieri nei prossimi mesi e una maggiore pressione sui salari.

Credibilità a rischio

Oltre all’abolizione della soglia minima di cambio, giovedì la Banca nazionale svizzera ha anche abbassato nuovamente il tasso d’interesse negativo. A partire dal 22 gennaio, i conti giro – ossia i patrimoni – delle banche commerciali presso la BNS verranno quindi gravati con un tasso negativo di -0,75% e non più -0,25%, come annunciato in dicembre. 

Una decisione che, per l’editorialista di Tages Anzeiger e Bund, solleva qualche dubbio. La BNS ha fatto leva sulla «speranza» che l’economia nazionale riesca a far fronte allo shock, scrivono i due quotidiani. Perché se dovesse intervenire nuovamente contro una sopravvalutazione del franco, il successo dell’operazione non sarebbe di certo garantito e potrebbe costar caro. 

Dal canto suo, il Corriere del Ticino fa notare che anche questa misura intende evitare un rafforzamento eccessivo del franco. «Ma l’impatto della soglia di cambio sin qui, dal punto di vista dei mercati, è stato evidentemente superiore. Vedremo cosa accadrà con i tassi negativi. Per ora il franco è tornato ai livelli molto alti che si volevano non avere. La Banca nazionale resta sotto i riflettori, anche se in modo diverso che in passato». 


UBS: niente recessione, ma una marcata decelerazione

Dopo la decisione della Banca nazionale di abbandonare la soglia minima di cambio con l’euro, l’UBS ha ridotto le prospettive di crescita per il 2015 allo 0,5% rispetto all’iniziale +1,8%. Nel 2016 la progressione del prodotto interno lordo dovrebbe attestarsi all’1,1%, a fronte dell’1,7% pronosticato in precedenza.

Principale motore della crescita dovrebbero rimanere i consumi privati, alimentati da una riduzione dei prezzi, mentre a soffrire sarà l’industria di esportazione, con un calo di 5 miliardi di franchi, secondo il responsabile degli investimenti di UBS Mark Haefele.

L’agenzia di notazione Standard & Poor’s ha confermato dal canto suo l’affidabilità creditizia della Svizzera, che mantiene la sua “tripla A”, la miglior nota possibile.  

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