Per una “giustizia climatica”
Almeno 50 milioni di persone saranno costrette emigrare entro il 2050 a causa dei cambiamenti climatici. Per affrontare queste emergenze è necessario un nuovo approccio nell'ambito della cooperazione allo sviluppo, ha sottolineato Micheline Calmy-Rey.
Intervenuta lunedì al 7° raduno sui diritti umani, organizzato dal canton Ginevra, la ministra svizzera degli affari esteri ha ricordato che “i mutamenti climatici minacciano concretamente il diritto al cibo, all’alloggio e all’acqua potabile di milioni di individui”.
Perciò occorre un nuovo approccio nell’ambito della cooperazione allo sviluppo: la Svizzera deve tener conto della lotta alla povertà, delle emissioni di gas nocivi, della gestione economica e sociale derivante dai cambiamenti climatici, ha affermato Micheline Calmy-Rey. A suo parere occorre una nuova forma di “giustizia climatica”: la suddivisione delle responsabilità nella riduzione dei gas a effetto serra “deve tendere a un ideale di giustizia”.
“Il rispetto dei diritti individuali richiede che venga fatto di tutto per evitare grandi catastrofi naturali, fronteggiare le sofferenze umane e compensare le perdite economiche che inevitabilmente risulteranno dall’eccesso di questi gas nocivi”, ha sottolineato la responsabile della diplomazia elvetica.
In questa prospettiva, un accordo alla conferenza di Copenaghen di dicembre dovrà non soltanto assicurare la riduzione delle emissioni, ma anche una partecipazione adeguata nella formulazione dell’applicazione dell’accordo che verrà concluso.
swissinfo.ch e agenzie

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