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La Novartis mira all’apice dell’oncologia

Il CEO di Novartis Joe Jimenez vuole mettere in ombra il suo rivale Roche Keystone

Perché la Novartis pagherebbe fino a 16 miliardi dollari (14 miliardi di franchi) alla GSK per un portafoglio di farmaci contro il cancro che in passato hanno incontrato difficoltà nelle vendite? Degli analisti spiegano che il gigante farmaceutico svizzero non sta gettando i soldi dalla finestra.

Diversamente da quel che si potrebbe presumere, i medicamenti salvavita contro il cancro non si vendono automaticamente. Per avere successo, i fabbricanti di farmaci devono avere un marketing focalizzato su una malattia specifica.

Un esempio tipico è il medicinale per la terapia del cancro al seno Tyverb in concorrenza con il trattamento combinato della Roche composto dell’Herceptin e del Perjeta. Anche se è sui mercati da sette anni e ha dimostrato l’efficacia, il Tyverb (che fuori dall’Europa viene venduto con il nome Tykerb) non ha mai raggiunto il suo potenziale di blockbuster e le sue vendite sono in calo.

Il 22 aprile 2014, la Novartis annuncia l’acquisizione delle attività oncologiche della GlaxoSmithKline (GSK) per 14,5 miliardi di dollari (13 miliardi di franchi). Al contempo il gruppo svizzero vende a quello britannico – per 7,1 miliardi di dollari – la divisione vaccini, ad eccezione di quelli per l’influenza. Inoltre Novartis cede all’americana Eli Lilly & Company – per 5,4 miliardi di dollari – il settore dei prodotti veterinari.

Con l’acquisizione della divisione oncologica della GSK, il primo gruppo farmaceutico al mondo si assicura potenziali medicinali “blockbuster” che vanno ad aggiungersi a quelli attuali e a quelli ancora in fase di sviluppo.

Gli esperti ritengono che il mercato mondiale per i medicinali contro i tumori dovrebbe crescere da attualmente 80 a 130 miliardi di dollari nel 2018.

La Novartis prevede di concludere lo scambio di attività con la GSK nella prima metà del 2015. Gli azionisti della società britannica devono ancora dare il loro consenso, così come le autorità preposte alla concorrenza. Dal canto suo il consiglio d’amministrazione del gruppo basilese sostiene le due operazioni all’unanimità.

La Novartis e la GSK creano inoltre una joint venture che riunisce la divisione dei farmaci da banco (anche noti come OTC dall’inglese “Over The Counter”), ossia senza ricetta medica, dei due gruppi. Della nuova società la Novartis deterrà il 36,5%.

(Fonte: Ats)

La GlaxoSmithKline (GSK) non è riuscita a sfruttare il potenziale del Tyverb e degli altri farmaci antitumorali che ha venduto alla Novartis perché il suo obiettivo principale erano le terapie per malattie respiratorie. Gli antitumorali costituivano solo il 5,4% del suo giro d’affari. Le mancavano prodotti di base più venduti che avrebbero potuto servire da impulso per nuovi farmaci, dice Michael Nawrath, analista della Banca cantonale di Zurigo.

Questo tipo di scenario probabilmente sarebbe stato inconcepibile nelle mani della Roche e della Novartis, le due prime società mondiali nel campo degli antitumorali, entrambe focalizzate sulla ricerca e lo sviluppo di questi prodotti ad alto margine e che si vantano di avere l’oncologia tra le forze di vendita.

Negli ultimi anni, la Novartis ha costruito la sua infrastruttura e si è collocata al secondo posto nell’oncologia. Questo le permetterà di utilizzare canali di vendita esistenti e di realizzare gli studi di promozione necessari per sfruttare il potenziale del portafoglio, spiega Nawrath.

Si accendono nuove speranze

“Partiamo dal presupposto che lo stesso portafoglio nelle mani di un sviluppatore professionista e venditore di prodotti oncologici avrebbe generato un fatturato di circa 2,9 miliardi dollari nel 2013”, dice Nawrath. Un importo nettamente superiore agli 1,6 miliardi dollari generati alla GSK lo scorso anno.

E l’analista della banca zurighese ritiene che il portafoglio potrebbe raggiungere anche un picco di 12 miliardi di dollari.

Nel campo dell’oncologia la Novartis non è mai stata considerata alla pari del rivale Roche. Il suo trattamento per la leucemia Glivec – che con i 4,7 miliardi dollari di vendite nel 2013 era al quarto posto mondiale nelle vendite, dietro alla Roche che occupava i primi tre posti in classifica – era considerato una meteora.

Ora l’accordo con la GSK ha alimentato nuove speranze. Il Ceo Joseph Jimenez ha detto apertamente al quotidiano svizzero tedesco Blick che ora mira a superare la Roche. Dei prodotti con brevetti con scadenze tra il 2023 e il 2030 dovrebbero consentire alla Novartis di crescere.

La Novartis vede almeno tre prodotti quali potenziali blockbuster, vale a dire che generano un fatturato superiore al miliardo di dollari: il farmaco per il trattamento del cancro renale Votrient e i due nuovi farmaci contro il melanoma Tafinlar e Mekinist. Questi ultimi farebbero diventare la Novartis leader per le terapie del cancro della pelle, secondo il portavoce Satoshi Sugimoto.

L’IMS Health, un fornitore di informazioni sanitarie, prevede che entro il 2016 le scadenze dei brevetti faranno perdere 106 miliardi di dollari di vendite di farmaci rispetto a cinque anni prima.

Per più di un decennio il medicinale per l’ipertensione Diovan è stato il prodotto più venduto della Novartis. Quando, dal 2011, il brevetto ha cominciato a scadere nei vari paesi, la concorrenza ha invaso il mercato di copie che costano una frazione del prodotto originale.

Il brevetto del Glivec, l’esclusività della Novartis per il trattamento della leucemia, ha iniziato a scadere in vari paesi e subirà la stessa sorte. La Novartis ha già annunciato che il vero impatto si verificherà nel 2015 e nel 2016, quando il brevetto negli Stati Uniti e in Europa, anche se il calo delle vendite dovrebbe essere in parte compensato dalle entrate provenienti dal successore Tasigna.

Il segreto per vendere?

La Novartis potrà sfruttare i canali di vendita del suo farmaco antitumorale Afinitor per i prodotti di nuova acquisizione, come il Tyverb o il Votrient, perché sono usati per indicazioni simili. Lo stesso vale per i farmaci anti-melanoma. Grazie alla sua competenza e alle forze di vendita specializzate di cui dispone sul posto non ci sarebbe molto costo aggiuntivo, osservano gli analisti.

La chiave del marketing della farmaceutica sono i medici. Analizzando il potenziale di affari attraverso le popolazioni di pazienti e le ricette mediche, le società farmaceutiche sono in grado di identificare e di focalizzarsi sui medici che presentano più probabilità di prescrivere un farmaco.

L’approccio tradizionale era quello di inviare in continuazione, a scadenze di poche settimane, rappresentanti di vendita verso i medici per richiamare la loro attenzione tramite informazioni cliniche, articoli di giornali e campioni di farmaci gratuiti.

La società di consulenza Burson-Marsteller stima che la Novartis fino alla fine degli anni 2000 nei soli Stati Uniti impiegasse circa 6’000 agenti di vendita, con un budget di marketing di oltre 100 milioni di franchi, per il farmaco leader nel trattamento dell’ipertensione Diovan.

I tempi cambiano

Ma i tempi stanno cambiando. Secondo Burson-Marsteller, il numero dei rappresentanti di vendita è in calo, poiché i medici non si rivolgono più a loro per ottenere informazioni, ma le cercano su internet. Invece di sommergerli di regali e campioni, i rappresentanti ora si presentano dai medici armati di tablet carichi di dati clinici per convincerli.

Le aziende stanno conducendo costosi test di confronto di prodotti per la stessa patologia per produrre prove di un’efficacia maggiore o di un miglior rapporto costi-benefici di un medicamento rispetto a un concorrente. La Novartis è disposta a farlo. Ha speso 9,6 miliardi dollari in ricerca e sviluppo l’anno scorso.

Due farmaci della GSK recentemente omologati, il Tafinlar e il Mekinist, sono direttamente in competizione con il prodotto per il trattamento del cancro della pelle della Roche, Zelboraf. La Novartis potrebbe per esempio cercare di mostrare che il Tafinlar e il Mekinist, i primi ad essere approvati come trattamento combinato per tale indicazione, sono superiori allo Zelboraf, per quanto riguarda la resistenza ai farmaci.

Le società farmaceutiche sono chiamate a compiere sforzi di marketing costosi in un momento in cui sono sotto pressione per le rivelazioni su regali che hanno elargito in passato.

Questo potrebbe essere uno dei motivi che spiega perché il numero dei rappresentanti farmaceutici negli Stati Uniti è sceso da un picco di 107mila nel 2006 a 60mila  nel 2013, secondo il fornitore di servizi di marketing ZS Associates. I suoi analisti rilevano che l’accesso ai medici è diventato restrittivo e che i farmaci antitumorali complessi richiedono rappresentanti appositamente formati per convincere gli oncologi, soprattutto se i prodotti sono simili in termini di qualità.

“Negli anni ’90 orde di agenti di vendita cercavano di promuovere i prodotti a suon di omaggi”, aggiunge Michael Nawrath. Secondo l’analista della Banca cantonale di Zurigo, “oggi, più che una forza di vendita, è necessario fornire la prova di un beneficio, non solo per i pazienti, ma anche un vantaggio economico che giustifichi il prezzo di 50mila franchi [per trattamento] all’anno”.

Per ragioni di concorrenza, la Novartis rifiuta di fornire dettagli sul numero di rappresentanti di vendita e la loro ripartizione. Ma Peter Deane, responsabile della Global Sales Force Effectiveness, ha dichiarato nel 2013 sul sito dell’industria farmaceutica eyeforpharma, che la Novartis aveva circa 18mila rappresentanti e dirigenti di vendita.

(Traduzione dall’inglese: Sonia Fenazzi)

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