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Empa: verso mascherine che “uccidono” i virus

L'immagine al microscopio elettronico mostra una fibra tessile con cristalli di sale (colorati in azzurro) e dei virus di circa 100 nanometri di diametro (in verde). Empa sda-ats

(Keystone-ATS) Utilizzando un nuovo metodo di analisi, ricercatori dell’Empa sono riusciti a tracciare i virus nel loro percorso attraverso gli strati filtranti delle mascherine facciali.

Ciò dovrebbe accelerare lo sviluppo di superfici in grado di uccidere i virus, secondo uno studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports.

Il nuovo metodo si basa sul colorante “rodamina R18” che emette luce colorata, scrive oggi in una nota il Laboratorio federale di prova dei materiali e di ricerca (Empa).

I virus utilizzati – innocui e resi inattivi – sono accoppiati al colorante e producono una fluorescenza non appena vengono danneggiati. “La fluorescenza indica in modo affidabile, rapido ed economico se i virus sono stati uccisi”, afferma, citato nella nota, Peter Wick, del laboratorio “Particles-Biology Interactions” della sede dell’Empa a San Gallo.

In base a questo principio, il team di ricercatori ha scoperto che nel caso delle mascherine in tessuto e in quelle igieniche, la maggior parte dei virus viene uccisa nello strato intermedio, tra quello interno e quello esterno. Nel caso delle mascherine FFP2, è il terzo dei sei strati a “brillare” di più. Anche in questo caso è lo strato intermedio ad intercettare molti virus.

Uccidere i virus

Il nuovo procedimento dovrebbe accelerare lo sviluppo di superfici che uccidono i virus. “Le superfici con proprietà antivirali devono soddisfare determinati standard ISO, il che comporta complessi test standard”, spiega Peter Wick.

Il metodo dell’Empa basato sulla fluorescenza dovrebbe invece renderebbe più facile, veloce ed economico determinare se un nuovo rivestimento è in grado di uccidere i virus in modo affidabile.

Ciò è interessante sia per le superfici lisce, come i piani di lavoro o le maniglie, sia per i rivestimenti tessili con superfici porose, come maschere o sistemi filtranti. Queste conoscenze potrebbero inoltre essere integrate già in una fase iniziale nel processo di sviluppo di applicazioni tecniche e mediche, scrive ancora l’Empa.

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