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Generazione Compost

Fantasia e materiali di scarto, un binomio che crea tendenze. zsge 2001

Scopriamo il design contemporaneo che sfrutta materie prime rigorosamente usate.

Alla mostra “Alles Abfall? Recycling im Design”, del Museo Bellerive di Zurigo.

Non si butta niente: telefoni e bottiglie di pet. Biciclette rotte, vestiti, buste della spesa. E ancora: circuiti elettronici, lattine e persino.. capelli! Materiali destinati alla spazzatura vengono riutilizzati da designer d’avanguardia per nuove produzioni, spesso all’ultimo grido.

La chiamano “generazione compost”, perchè cresciuta al tempo della raccolta differenziata dei rifiuti: giovani talenti, che con l’arte del riciclaggio si stanno facendo un nome nel mondo dell’arredamento e della moda.

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I veterani sono i fratelli Freitag, che grazie alle borse ricavate da teloni di tir usati hanno costruito un piccolo impero finanziario. Una storia di successo, che probabilmente ha ispirato i creatori della linea Fastenseatbelts, accessori per tenere su i pantaloni con le cinture di sicurezza originali degli aerei Swissair.

La “generazione compost” sceglie materiali poco attraenti e li trasforma, letteralmente, in gioielli: come il collier di Regula Wyss, ricavato tagliuzzando una camera d’aria da bicicletta (prezzo di vendita: 300 franchi).

Il label Patagonia produce “Synchilla”, una felpa sportiva ricavata da 25 bottiglie di pet: in dieci anni di produzione, l’azienda vanta di avere riutilizzato ben 60 milioni di bottiglie.

Sono tutti riciclati anche gli orologi Crash della Mondaine, scelti dalle Ferrovie svizzere per il loro personale; mentre Recycling@rt propone gioielli fatti di fili elettrici e giocattoli ricavati da telefoni cellulari e senza filo: prodotti confezionati da detenuti e in vendita nella libreria del museo Bellerive o nell’atelier di Kanonengasse, a Zurigo.

Made in Switzerland


All’origine del design riciclato ci sono anche storie curiose. Come quella del vallesano Walter Maurer: nella selleria di famiglia giacevano centinaia di coperte dell’esercito svizzero. Che farne? Una linea di successo di gilet ed accessori di ruvida tela militare, dominati da una grande croce rossa e profilati con cinghie di cuoio usate. Difficile definirli “chic” , ma si sa che sui gusti non si discute: il label Army Recycling Collection vende bene ed il rampollo di casa si ritrova in mostra al Bellerive come “designer”.

La storia dei Maurer si incrocia con quella di Zumbühl und Birsfelder, che espongono nella stessa sala del museo dei tappeti che si chiamano Oscuro, Incubo e Contrasto e sono realizzati con coperte dell’esercito svizzero e camere d’aria di bicicletta.

Delle coperte, i due scartano proprio le croci rosse e i Maurer hanno dunque pensato di fare un’offerta per acquisirle in blocco, visto che lo stock della selleria di casa, grazie al successo della collezione, si avvia ad esaurimento. Ma non c’é stato niente da fare, si racconta nei corridoi del design svizzero: va bene l’arte e magari un pizzico di patriottismo, ma gli affari sono affari. E ognuno si tenga le sue croci svizzere.

Borse per una clientela giovane e urbana

Sono le borse, la vera ossessione dei designer che giocano al riciclaggio. Si chiamano Tse Tse quelle di Claudia Caviezel, ricavate da buste di plastica e decorate con pezzi di scotch: moda stracciona, ma creativa.

Strada analoga ha seguito la tedesca Ulrike Petri, che ricava da imballaggi alimentari pochette colorate e di gran moda, mentre D-Bag ha lanciato “Original Hood”, uno zaino ricavato dai cappucci di protezione dei vecchi parchimetri zurighesi: prodotti che strizzano l’occhio ad una clientela giovane e per lo più urbana.

E ci sono piccoli, sfiziosi pezzi d’arredamento, come l’appendiabiti “Junge, junge” di Sybille Homann: una lastra di plexiglas farcita di colli di bottiglie di vetro.

Jakob Zumbühl invece produce stampelle per abiti fatte con i raggi delle ruote di bicicletta e le bottiglie di pet da mezzo litro: lui fornisce la struttura, la plastica ce la dovete mettere voi.

In esposizione c’è anche qualche grande marca, ma: “l’abbiamo dovuti pregare”, sospira Jacqueline Greenspan del Museum Bellerive. E continua: “Non ostentano le loro produzioni ecologiche, anzi sembra quasi che se ne vergognino. Forse perché non lo fanno per l’ambiente, ma alla ricerca di produzioni più economiche, che facciano aumentare i loro affari”. Ecco il televisore “Green Flagship” della Philips, con vetro e plastica di riciclo, e le scarpe da ginnastica: Puma a base di vestiti usati, e Reebok con segatura e pet. Belle e solide, davvero un peccato non siano sul mercato.

Ci vuole uno stomaco di ferro


In mostra al Bellerive ci sono anche prototipi difficili da portare: sono forse un po’ scomode le ciabattine dell’italiana Enrica Borghi, sagomate da una bottiglia di pet, i profili ricamati con fili di plastica.

E ci vuole uno stomaco di ferro per indossare i vestiti sexy a base di pelle di serpente di Gabriela Rudin o il “Collier dell’amicizia” di Anna Kunz, fatto di argento, capelli e ossa di animali. Degne di una regina, invece, le scarpine di Doris Trummer: solo petali di rosa.

swissinfo, Serena Tinari

Una generazione di artisti che ha interiorizzato la raccolta differenziata dei rifiuti e ricicla i materiali più disparati.

Esperimenti che talvota sboccano nel successo commerciale, come nel caso della borse Freitag, vendute in tutto il mondo.

“Alles Abfall? Recycling im Design” è al Museum Bellerive di Zurigo (Höschgasse 3) fino all’11 maggio 2003.
Aperta tutti i giorni dalle 10 alle 20, venerdi sabato e domenica dalle 11 alle 17.

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