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La debole crescita economica è la grande sfida

Peter Wuffli swissinfo.ch

Secondo il direttore dell'UBS financial services group, Peter Wuffli, una delle più grandi sfide cui la Svizzera è confrontata è quella della debole crescita economica.

Le strategie, le speranze per il mercato e per la grande banca nella nostra intervista.

Wuffli, 45 anni, è una figura chiave nel panorama del martoriato settore finanziario. Da quasi un anno è alla testa dei servizi finanziari della prima banca elvetica. Nell’intervista si sofferma sui problemi del suo lavoro, sulla piazza finanziaria e sul segreto bancario. Per lui la crescita economica deve essere raggiunta in termini di produttività, innovazione e maggior competitività.

Ritiene inoltre che la Svizzera continuerà ad essere “sulla cresta dell’onda” in quanto centro finanziario. L’adesione della Svizzera all’Unione europea invece “non è un dossier” previsto per un futuro prossimo. Inoltre potrebbe passare “molto tempo” prima che l’economia svizzera si riprenda.

swissinfo: In qualità di dirigente economico svizzero, come vede il futuro del nostro paese?

Sono convinto che il nostro Paese continuerà a riscontrare successo come ha fatto per molti anni e decenni e a trarre vantaggio dalla propria forza che deriva dalla sua posizione leader in segmenti molto competitivi. Vi sono inoltre alcuni fattori ben precisi che riguardano il nostro modo di operare in quanto società, con un’ottima integrazione tra forze politiche ed economiche.

Disponiamo di buoni metodi per equilibrare gli interessi di vari elementi della società e ovviamente dobbiamo proteggere le qualità – e qui parlo soprattutto per la nostra banca – della Svizzera come centro finanziario. Indubbiamente il segreto bancario è uno dei termini chiave.

Secondo Lei la Svizzera dovrebbe entrare a far parte dell’Unione Europea?

Non necessariamente. Penso che la Svizzera sia e debba rimanere competitiva in un contesto globale. L’Unione europea è sicuramente uno dei nostri partner importanti, ma anche gli Stati Uniti lo sono, come del resto la regione dell’Asia del Pacifico.

Geograficamente ci troviamo al centro dell’Europa, ma disponiamo di legami internazionali molto sviluppati. Non credo che l’adesione all’Unione europea sia un tema per un futuro prossimo.

Ritiene che la qualità di vita in Svizzera sia migliore oggi rispetto al passato, penso in particolare alla forza lavoro, ai dirigenti, alle scuole e all’istruzione?

Ho trascorso due anni all’estero, negli Stati Uniti. In genere quando si trascorre un certo periodo all’estero si apprezza di più il proprio Paese. Devo dire che quando sono rientrato in Svizzera circa un anno fa mi è sembrato che il nostro Paese avesse fatto enormi progressi.

Credo sia diventato più moderno, vi sono state diverse ristrutturazioni e molti temi sono stati affrontati. Penso si stia facendo parecchio per migliorare il sistema scolastico, per esempio, e stiamo trovando nuove vie per risolvere le questioni politiche in modo diverso. Sono dunque contento.

Ritengo che abbiamo fatto enormi progressi e abbiamo cercato di risolvere molte questioni, anche economiche, che alcuni degli altri Paesi europei non hanno forse affrontato nello stesso modo. Per esempio, in Svizzera le piccole e medie imprese hanno tratto una lezione importante dalla crisi immobiliare all’inizio degli anni novanta, e molte sono diventate davvero competitive a livello mondiale.

Ma sicuramente se consideriamo alcune di queste questioni economiche – mi riferisco alla liberalizzazione e ai cartelli in Svizzera – occorre veramente fare progressi, non crede?

Certo. Vi sono settori nell’economia con troppe protezioni, dove i livelli dei prezzi sono troppo elevati, dove la produttività non è sufficiente e, diciamolo pure, vi è una mancanza di crescita ovunque.

La più grande sfida per il nostro Paese in futuro sarà di ottenere una crescita in termini di produttività, di metodi innovativi e scientifici, di consolidamento della nostra competitività anche dove siamo meno forti, e in termini di liberalizzazione. Questa costituisce la principale sfida e credo sia un campo in cui, come molti altri Paesi, dobbiamo ancora fare molto.

Parliamo ora degli affari interni dell’UBS. Qual è la sua strategia? Quale direzione sta prendendo?

Da molti anni l’UBS vanta una strategia molto coerente. È molto semplice. Vogliamo essere riconosciuti come la migliore società di servizi finanziari a livello mondiale e siamo attivi in tre campi principali: la gestione di fortuna e l’asset management a livello globale, area in cui siamo leader mondiali; la banca d’investimento, dove facciamo parte di una cerchia ristretta; infine siamo la banca leader in Svizzera. Questi sono i nostri tre capisaldi.

Molte banche hanno annunciato migliaia di tagli di posti di lavoro. La crisi che ha colpito l’industria obbligherà anche voi a ridurre il personale?

Abbiamo dovuto sopprimere posti di lavoro, ma in misura più ridotta. Nell’attuale clima agitato, cerchiamo di trovare un equilibrio tra atteggiamento difensivo e apertura necessaria per cogliere il momento in cui l’economia ripartirà.

Attualmente le notizie non sono buone, ma siamo convinti che in un futuro prossimo vedremo tempi migliori.

Alcuni sostengono che i vantaggi della Svizzera in quanto centro finanziario siano diminuiti perché altre parti del mondo offrono altrettanta stabilità, credibilità e affidabilità. Per quale motivo gli investitori dovrebbero depositare il proprio denaro i

Per essere precisi, la qualità della Svizzera non è stata intaccata, ma è vero che altri Paesi hanno fatto progressi. Nel clima del dopoguerra, molti Paesi europei non avevano conosciuto la liberalizzazione dei flussi di capitale e disponevano di una gamma di prodotti molto ristretta.

Sono convinto che stiamo continuando a beneficiare di importanti vantaggi dovuti alla nostra tradizione, alla nostra posizione di mercato molto solida per quanto riguarda il private banking internazionale, come pure al fatto che abbiamo tradizionalmente molte relazioni con l’estero e, in quanto piccolo Paese, siamo orientati verso il resto del mondo. Il global investing è una delle sfide importanti per qualsiasi società di gestione particolarmente prospera.

Può ora guardare nella sua sfera di cristallo e farci qualche previsione dell’economia svizzera per il breve periodo?

Purtroppo negli ultimi mesi il flusso di notizie è stato costantemente negativo. Vi sono relativamente poche buone notizie; per questo motivo la maggior parte degli economisti sta rivedendo al ribasso le proprie prospettive di crescita.

Riteniamo che la recessione non sia ancora troppo grave, ma non siamo neppure ottimisti circa una rapida ripresa. Per un certo periodo saremo confrontati alla stagnazione.

Cosa la soddisfa maggiormente in banca?

È il sentimento che, in quest’ultimo decennio, i nostri impegni per sviluppare la Società di Banca Svizzera e l’Unione di Banche Svizzere in una delle più potenti e migliori istituzioni finanziarie del nostro pianeta siano finalmente ricompensati.

In passato abbiamo avuto i nostri alti e bassi. Siamo talvolta stati criticati per le nostre tendenze troppo conservatrici al momento della bolla speculativa e ovviamente ora contano le qualità di difesa.

Cosa ne pensa di una possibile fusione tra l’UBS e il Credit Suisse?

Non sarebbe una buon’idea. In quanto centro finanziario abbiamo interessi fondati a mantenere due ampie e sane istituzioni finanziarie.

Acquisterà azioni al Credit Suisse?

Penso di essere già abbastanza occupato nel settore finanziario con le mie azioni dell’UBS.

Intervista di Robert Brookes, swissinfo

Peter Wuffli ha assunto la carica di presidente del Direttorio del Gruppo UBS nel dicembre del 2001.
Il suo predecessore era Luqman Arnold, rimasto in carica solo sette mesi.

Prima della sua nomina, Wuffli era chairman e CEO di UBS Asset Management. Dal 1994 al 1998, è stato Chief Financial Officer presso SBS e membro del Comitato esecutivo del Gruppo SBS.

Nel 1984 era entrato da McKinsey & Co come consulente di gestione e nel 1990 era diventato partner della direzione di McKinsey Svizzera.

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