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Scene da una cittadina fra le Alpi

World Economic Forum/swiss-image.ch/Günter Schiffmann

Indigeni, VIP, guardie del corpo, esperti dell'anti-terrorismo, sciatori, giornalisti, new global.

Durante il Forum economico mondiale, Davos si trasforma in una cittadina dalle tante contraddizioni.

Nei giorni del Forum economico mondiale la cittadina grigionese di Davos – immersa in una coltre bianca che sembrerebbe invitare a esplorare le piste da sci, più che a discutere dei problemi del pianeta – assume un aspetto del tutto surreale. Da sorriderne, se non ci fosse di che preoccuparsi.

Lungo la via principale, che da Davos Dorf, passando accanto al centro dei congressi in cui si svolge il Forum economico mondiale, conduce fino a Davos Platz, giovani new global camminano accanto global leaders poco noti, osservati con curiosità da giornalisti in cerca di un tema per un articolo originale e da sciatori in attesa del prossimo bus.

Tra presidenti e agenti dei servizi

Può allora capitare di cenare in un qualsiasi ristorante, tra sedie e tavoli che imitano lo stile rustico dei salotti della borghesia rurale grigionese e pareti di legno chiaro che emanano l’odore del pino cembro, e di essere sorpresi da un folto gruppo di bodyguards dall’aria andina, che controllano il locale prima dell’ingresso, invero poco trionfale, del presidente del Perù e consorte.

O ci si può accorgere – il giorno successivo, ben inteso – che nello stesso ristorante si è appena svolta una riunione di esperti dell’antiterrorismo internazionale e che il personaggio circondato da un nugolo di guardie del corpo, incontrato all’uscita, altri non era che un alto funzionario del governo afgano.

Il vicino misterioso

O ancora si può passare la notte in un albergo assolutamente non a quattro stelle, tormentati dalle domande sull’identità della persona che occupa la camera accanto alla propria e che si permette il lusso di farsi sorvegliare da tre o quattro marcantoni in giacca, cravatta e auricolare che si danno il cambio davanti alla sua porta.

Inutile chiedere troppe informazioni al gerente dell’albergo: la polizia è già passata, ha raccomandato discrezione e ha imposto alla reception un controllo sistematico dei passaporti e delle carte d’identità. Gerente e personale non sembrano entusiasti, ma si adeguano.

La bottiglia scomparsa

Chi è nuovo da queste parti può sentirsi un poco spaesato. Gli abitanti di Davos, loro, sembrano averci fatto il callo, forti del disincanto montanaro e di più di cent’anni di frequentazione con i turisti i più bizzarri.

“Se tutti stessero più tranquilli, non ci sarebbe nessun problema”, osserva un uomo sui cinquant’anni davanti ad una birra mattutina. “Ho lavorato come tecnico per il WEF. Una volta ho nascosto una bottiglia di grappa dentro il centro dei congressi. Gli uomini della sicurezza hanno controllato tutto. Quando hanno finito ho chiesto loro: ‘Avete trovato la mia bottiglia?'”

Forse la bottiglia di grappa giace ancora da qualche parte nascosta fra le sedie del centro dei congressi di Davos, luogo d’incontro dei grandi del mondo e in questi giorni fra gli edifici più protetti del pianeta Terra.

swissinfo, Andrea Tognina inviato speciale a Davos

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