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Scudo fiscale: il Ticino batte cassa

Il Partito popolare democratico ticinese (PPD) ha chiesto alla Confederazione un contributo straordinario di 50 milioni di franchi per attenuare le ripercussioni negative dello scudo fiscale italiano.

Riunita sabato a congresso a Cadempino, la sezione ticinese del PPD ha fatto il punto della difficile situazione economica del paese e ha formulato la sua ricetta per uscire dalla crisi. Fra le varie proposte spicca specialmente quella rivolta a Berna.

«Il cantone si trova attualmente in una situazione straordinaria», ha spiegato il presidente del PPD cantonale Giovanni Jelmini e ha ricordato che «le cifre parlano da sole: a luglio 2007 aziende hanno introdotto il lavoro ridotto. Inoltre ai 7mila disoccupati di oggi occorre aggiungere le persone che hanno esaurito il diritto di indennità».


Dal canto suo il ministro del governo ticinese Luigi Pedrazzini ha ricordato che in Ticino «occorre ritrovare il bandolo della matassa» e che «il tempo della vacche grasse è finito, soprattutto in campo bancario e finanziario». Ha anche accennato al contenzioso con l’Italia affermando che «non servono dichiarazioni di guerra».

Il presidente nazionale Cristoph Darbellay si è fatto paladino delle difficoltà che i ticinesi stanno vivendo e ha chiesto al presidente della Confederazione Hans Rudolf Merz più fermezza in materia di scudo fiscale con l’Italia.

Secondo il banchiere Luca Soncini i mancati introiti fiscali per il cantone raggiungeranno i 100 milioni di franchi a causa dello scudo fiscale italiano. Egli ritiene inoltre che fino al 15 dicembre rientreranno in Italia circa 50 miliardi di franchi.

swissinfo.ch e agenzie

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